il diritto commerciale d’oggi
    III.4 – aprile 2004
GIURISPRUDENZA

TRIBUNALE ROMA, … 2004, sent. n. 2175; … – Rotulo c. Full Rest Italia
     Si applica la disciplina della cessione d’azienda, ai fini della tutela dei rapporti di lavoro, qualora un servizio, prestato da un’impresa in appalto per conto di un ente committente, sia svolto da un’altra impresa mediante cessione della relativa struttura da parte del predetto ente, dopo la risoluzione del contratto di appalto con la prima impresa.


     Svolgimento del processo – Con ricorso del 9.6.2003 Rotulo Carmela ed altri convenivano in giudizio La Full Rest Italia srl, la Onama spa, la Azione Cattolica Romana e la srl Holiday Investiment Worlwide per ottenere in via principale la dichiarazione di illegittimità/inefficacia/nullità del licenziamento del 13.12.2002 e di inesistenza del licenziamento del 14.1.2003, per l’accertamento della esistenza di una cessazione del ramo di azienda tra la Full Rest Italia srl e la Holiday W.I. srl alla data del 1.1.2003. (Omissis)
     Esponevano che l’Azione Cattolica Italiana (d’ora in poi ACI) da molti decenni proprietaria di due strutture in Roma – la Domus Pacis e la Domus Mariae – adiacenti e congiuntamente gestite come “case famiglia” (cioè strutture per il turismo religioso, alloggio dei dirigenti dell’associazione, meeting etc.) nel lontano 1977, decideva di esternalizzare la ristorazione alla società Gemeaz che assumeva tutto il personale addetto sino ad allora a tali mansioni, prendeva possesso dei locali cucina, lavaggio e dei saloni nonché di ogni attrezzatura per la cottura e per il lavaggio, oltre alle tovaglie, tavoli sedie etc., e l’ACI si impegnava – con accordo del 16.9.1977 – a «pretendere dall’eventuale successiva subentrante l’assorbimento del personale ex dipendente della ACI in quel momento in servizio alle dipendenze della gestione uscente»; che nel servizio si erano poi succedute varie gestioni (Resthotel, Sofile-Agape) ma l’ACI aveva sempre provveduto per tutti gli addetti (anche per il numero crescente e via via maggioritario per quelli assunti successivamente alla esternalizzazione); che quindi il 23.12.1993 subentrava la Full Rest Italia provvedendo anch’essa ad assorbire integralmente il personale in servizio e prendendo possesso dei beni strumentali «nell’ambito di una continuità voluta e concordata con l’ACI»; che detto appalto veniva rinegoziato alla naturale scadenza con accordo del 7.12.2000 prevedendosi che lo stesso non solo sarebbe stato prorogato ma avrebbe avuto una durata indeterminata, salva la facoltà di recesso con preavviso di 60 giorni; che tuttavia l’ACI, il successivo 20 settembre 2001, pretendeva di rinegoziare l’accordo apponendovi la scadenza del 31.12.2001 ed avviava immediate trattative per concedere in affitto la struttura con la multinazionale Holiday Investment Worlwide (d’ora in poi solo Holiday) e dava comunicazione in data 21.1.2002, ex art. 47 della legge 428/90, alle OO.SS. presenti in azienda. (omissis)
     Dopo aver precisato di aver impugnato gli atti di recesso, i ricorrenti hanno lamentato – con riferimento con un volantino dalla O.S. – che nella fattispecie si era rivelata una «azione (poco) cattolica», per cui due multinazionali entravano e 60 lavoratori uscivano, rilevando anche come, a fronte della implementazione di capacità produttiva sia del proprio diretto datore di lavoro che dell’azienda committente e a fronte del rafforzamento del servizio, erano stati tutti licenziati in blocco. (omissis)

     Motivi della decisione – Il ricorso è fondato e va accolto nella domanda principale nei sensi che seguono, mentre le ulteriori domande non possono trovare accoglimento. (omissis)
     Nel merito.
     Come accennato, la domanda principale dei ricorrenti deve essere accolta ed allora vanno esaminate al riguardo le prospettazioni delle parti (e specificamente della società Holiday) in relazione alla inapplicabilità delle disposizioni invocate dai ricorrenti.
     La Holiday ha, infatti, dedotto oltre che la inapplicabilità della normativa collettiva invocata in relazione ad una precedente – in sede di urgenza – che aveva escluso ogni responsabilità della società poiché non subentrata nell’appalto ma affittuaria dell’azienda alberghiera, anche l’inconferenza della norma di cui all’art. 2112 cod. civ. in quanto carente il presupposto indefettibile della preesistenza ed identità dell’attività, essendo radicalmente mutata l’attività esercitata.
     Ritiene questo giudice tuttavia, che risulti assorbente l’argomento relativo alla applicazione della norma di legge.
     Richiamiamo il contenuto dell’art. 2112 cod. civ., comma 5, secondo cui: «Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento di azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di una attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistenti al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato, ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di una attività economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità.»
     Tale essendo il dato testuale, al fine di identificare quando in concreto tale trasferimento si realizza, occorre riferirsi alla nozione che il legislatore ha voluto espressamente richiamare («Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo») relativa all’oggetto del trasferimento e verificare il mutamento nella titolarità di una attività economica organizzata o di una articolazione economica organizzata, tenendo nel debito conto che il legislatore nazionale ha modificato l’art. 2112 cod. civ. in fase di recepimento della direttiva n. 98/50/CE (Ora senza sostanziali innovazioni, 2001/23/CE) nell’ambito del principio secondo cui il giudice nazionale ha l’obbligo di interpretare, per quanto possibile, il diritto interno alla luce della lettera e della ratio della disciplina europea (C.Cost.18.4.91 n. 168, nonché da ultimo C. Cass. n.13949/03 che ha affermato una doverosa interpretazione adeguatrice alla luce delle sentenze del giudice europeo) nonché tenendo in debito conto che la precedente direttiva (la 187/77/CE) nella sua sfera di applicazione viene espressamente tenuta ferma, sì come interpretata dalla Corte (IV considerato della direttiva 98/50/CE, direttiva adottata con espressa finalità di chiarire la nozione di trasferimento, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia).
     Per inciso deve anche ricordarsi che la disciplina nazionale risulta ancora una volta modificata in ragione dell’intervento sul V comma cit., ad opera del decreto legislativo n. 276/03, art. 32, il quale, in ogni caso, ratione temporis - in vigore in data 24.10.03 – non può trovare applicazione nella fattispecie che ci occupa, anche se il legislatore delegato ha voluto precisare che restano «Fermi … i diritti dei prestatori di lavoro in caso di trasferimento di azienda di cui alla normativa di recepimento della direttive europee in materia … » (V. art. 32 D.Lgs. 10.9.2003, n. 276).
     Decisiva quindi, si diceva, la individuazione dell’oggetto del trasferimento, l’individuazione di quella “entità economica” che indubbiamente implica un complesso organizzato di persone ed elementi che consenta l’esercizio di un’attività finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo, valutando complessivamente nella concreta vicenda tutti gli elementi rilevanti allo scopo: il tipo di impresa o stabilimento, la cessione o meno di elementi materiali, quali l’edificio, i beni mobili, il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione del personale, il trasferimento della clientela, il grado di analogia fra la attività svolta prima e dopo la cessione tenendo altresì presente che è necessaria la contrattualità del trasferimento (come si evince anche dal tenore della norma inserita dal decreto lgv.18/2001) ma non che i rapporti contrattuali siano diretti, in quanto da tempo è stabilita la possibilità di ravvisare il trasferimento anche in caso di rapporti triangolari o mediati, quando cioè entrambi gli imprenditori abbiano avuto una relazione contrattuale con un terzo che abbia rappresentato un tramite nella cessione (v. sent. Likenne 172/99 del 25.1.01 nonché C.d.G. del 24.1.2002 C 51/00, Cass. 27 febbr.1998 n. 2200, sent. Merks del 7.3.1996, n. 171/94, in Foro It., Rep. 1996, in cui la Corte di Giustizia ha precisato che non è necessaria l’esistenza di rapporti contrattuali diretti fra il cedente ed il cessionario, poiché la cessione può essere realizzata anche in due fasi, per effetto della intermediazione di un terzo quale il proprietario o il locatore; la S. Corte di Cassazione ha, peraltro, da tempo, affermato il principio secondo cui il trasferimento dell’azienda da un soggetto all’altro, inteso in senso ampio e qualunque ne sia la genesi, importa la sostituzione del nuovo titolare al precedente non solo in caso di alienazione o costituzione di un diritto reale o personale di godimento, ma anche nell’ipotesi di restituzione dal concessionario al concedente, purchè quest’ultimo utilizzi il bene aziendale in funzione dell’esercizio dell’attività di cui lo stesso è strumento, vale adire mediante la prosecuzione della attività già esercitata in precedenza (v. Cass. n. 10960/99, n. 2521/98, n. 1887/97 e nn. 2644/85, 8252/92).
     La giurisprudenza della Corte nazionale ha, altresì, indubbiamente, adottato un’interpretazione del testo originario dell’art. 2112 cod. civ. estensiva della nozione di trasferimento di azienda facendo rientrare in esso non solo i casi di vendita, affitto e usufrutto dell’azienda, ma anche tutte le ipotesi in cui, ferma restando l’organizzazione del complesso dei beni destinati all’esercizio dell’impresa, si abbia la sostituzione della persona del titolare, quale che sia il mezzo tecnico-giuridico attraverso il quale tale sostituzione si attui e, in particolare, anche quando al nuovo soggetto passi non tutta l’attività svolta da quello precedente, ma soltanto quella imputata ad un’autonoma unità organizzativa o produttiva, o quando alcuni beni aziendali siano dissociati e non passino in proprietà del nuovo soggetto o, ancora, quando quest’ultimo integri il complesso aziendale con altri beni (cfr., Cass. 5 aprile 1995 n. 3974, 12 febbraio 1993 n. 17771; 19 agosto 1991 n. 8907, 15 gennaio 1990 n. 123, 10 marzo 1990 n.1963; 10 dicembre 1986 n. 7338).
     Elemento che accomuna, di poi, gli interventi giurisprudenziali, e che può quindi considerarsi unificante delle diverse decisioni, è il riconoscimento della funzione garantistica della norma che è destinata ad esaltarsi proprio nel contesto di una più accentuata flessibilità del mercato del lavoro (v. in tal senso Cass. n. 10701/02).
     Tale aspetto riflette anche l’intento, palesato dal legislatore nazionale (si noti che la stessa rubrica dell’art. 2112 cod. civ. oggi recita «Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda» e non più «Trasferimento dell’azienda») di rendere i rapporti di lavoro insensibili alle vicende circolatorie dell’impresa e che presuppone un ruolo di centralità della tutela dei lavoratori all’interno del fenomeno, tanto più se si considera che la nuova nozione fornita dall’art. 2112 cod. civ., sì come rivisitata nel d. lgs. 18/01, risulta in larga parte riproduttiva dei precedenti approdi giurisprudenziali e legittima una nozione di trasferimento con più attenuati caratteri di materializzazione.
     Sempre come criterio informatore, dovrà esaminarsi la concreta realizzazione della fattispecie, nelle sue peculiarità, privilegiando il dato reale e strutturale del fenomeno ed il dato teleologico.
     Veniamo quindi all’esame della fattispecie concreta essendo pacifici i fatti rilevanti per la decisione.
     L’ACI da molti decenni proprietaria delle due strutture in Roma – la Domus Pacis e la Domus Mariae – adiacenti e congiuntamente gestite come “case famiglia” (cioè strutture per il turismo religioso, alloggio dei dirigenti dell’associazione, meeting etc.) ha, a partire dal 1977, deciso di esternalizzare la ristorazione a varie gestioni succedutesi (Gemeaz, Resthotel, Sofile- Agape) che hanno assunto via via tutto il personale addetto sino ad allora a tali mansioni, prendendo possesso dei locali cucina, lavaggio e dei saloni e delle attrezzature per la cottura e per il lavaggio, oltre alle tovaglie, tavoli sedie etc..
     In data 23.12.1993 è quindi subentrata la Full Rest Italia provvedendo anch’essa ad assorbire integralmente il personale in servizio e prendendo possesso dei beni strumentali «nell’ambito di una continuità voluta e concordata con l’ACI», la quale ultima ha poi avviato trattative per concedere in affitto la struttura alla Holiday, contratto che è stato perfezionato in data 24.4.2002 e che ha permesso alla società di prendere la gestione diretta delle case, subentrando nei contratti; quest’ultima ha poi successivamente comunicato, in data 16.9.2002, la propria intenzione di non rinnovare l’appalto e che, dal 1.1.2003, il servizio sarebbe stato gestito in proprio, negando ogni obbligo di assunzione dei dipendenti.
     Orbene ritiene questo giudice che nella fattispecie si sia verificata proprio la situazione protetta dalla norma e che pertanto trovi applicazione la speciale tutela concernente il rapporto di lavoratori, dovendosi ravvisare la successione delle due società nella completa gestione delle due domus ( mediata dalla opera del committente/proprietario) con l’utilizzo degli stessi mezzi materiali, essendo indifferente il mezzo giuridico utilizzato ed il fatto, come accennato, che sia stato un altro soggetto nella fattispecie l’ACI) a fare da tramite fra le due gestioni ponendo comunque a disposizione di entrambe la sostanziale consistenza dei mezzi materiali utilizzati.
     A questo punto, essendo fuor di dubbio che la formula letterale del nuovo testo dell’art. 2112 cod. civ. («qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi» non incisa della più recente modifica) comporta la estensione delle ipotesi di trasferimento, l’attenzione va necessariamente spostata sull’oggetto del trasferimento per individuare cosa nella fattispecie sia stato ceduto per rientrare nell’ambito della norma.
     Il V comma dell’art. 2112, come accennato, è stato aggiunto in attuazione della direttiva 50/98, la quale all’art. 1 lettera b) considera «… trasferimento … quello di una entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere una attività economica, sia essenziale o accessoria» mentre il legislatore nazionale si è riferito alla “attività economica». Tale mancata coincidenza terminologica ha generato dubbi interpretativi, risultando sostenibile la volontà di escludere proprio l’elemento caratterizzante la nozione di entità e cioè la sussistenza di un “insieme di mezzi” ma, a prescindere da ciò, non potrà non considerarsi la individuazione del tipo di attività concreta e la possibilità che possano rilevare o meno elementi materiali (v. la sentenza Suzen, ad es., nella quale la Corte di Giustizia, in relazione alle attività c.d. labour intensive, che si fondano cioè essenzialmente sulla mano d’opera e senza significativi elementi patrimoniali materiali o immateriali, ha espresso il principio per cui la conservazione della identità, non può dipendere dalla cessione di siffatti elementi) con conseguente necessità di esaminare in concreto gli specifici elementi della “attività” e della “organizzazione”. (Omissis)
     Né può negarsi che nella fattispecie sia avvenuta una messa a disposizione dei locali e delle attrezzature indispensabili per la attività della preparazione e distribuzione dei pasti, atteso che la Holiday è entrata in possesso degli stessi beni utilizzati da Full Rest presso le Domus (di tutti i locali e macchinari, dei saloni ristorazione etc.), se non per identica attività, quantomeno per attività del tutto analoga, consistente nell’offerta di ristorazione ai clienti. (Omissis)
     In ragione di tali eventi, si diceva, quindi, non può revocarsi in dubbio che presso le Domus si sia realizzato un passaggio della persona giuridica responsabile dell’esercizio dell’impresa, la quale per ciò, deve assumere le obbligazioni del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti della stessa, senza che possa essere considerata circostanza ostativa il fatto che gli elementi materiali rilevati dal nuovo imprenditore siano stati messi a disposizione dal committente. Né può assumere rilievo la mancata riassunzione da parte del nuovo imprenditore dei dipendenti che il precedente destinava allo svolgimento della medesima attività dal momento che ciò non può escludere che si sia trasferita un’entità e che la stessa abbia mantenuto la sua identità.
     Nondimeno, per come esposto dalla stessa Holiday, la stessa è subentrata nei contratti di lavoro, ex art. 2112 cod. civ., solo per coloro che erano dipendenti delle Domus alla data della firma del contratto di affitto (del 24.4.2002, v. punto 9 del contratto), dipendenti che risultano avere qualifiche del tutto compatibili con lo svolgimento dell’attività di che trattasi mentre il sintomo della identità della attività, ai nostri fini – sempre che ve ne fosse ancora bisogno – è confermato anche dal fatto che non può essersi avverato il mutamento radicale invocato dalla Holiday, sol che si consideri che alla data del 10 giugno 2002 le Domus erano state già classificate come alberghi “tre stelle” e che dagli elenchi relativi ai macchinari, molti dei preesistenti sono stati mantenuti (contrassegnati nei relativi elenchi come “esistenti”), mentre i contratti di locazione finanziaria sono del febbraio 2003 e molte delle fatture del materiale sono successive (aprile, maggio, giugno, luglio, sino al settembre 2003).
     Così ricostruita la fattispecie, non possono ritenersi rilevanti le censure della Holiday relative alla insussistenza dei requisiti della preesistenza ed identità anche perché il “mutamento” della attività da case per ferie ad alberghi (invero attività in astratto del tutto analoghe) è avvenuto progressivamente – ed anche prima del materiale passaggio – mentre, che l’imprenditore possa mutare l’articolazione della entità economica acquisita, a seguito di trasferimento, è provato anche dalla possibilità del lavoratore di rassegnare le dimissioni per giusta causa, nel caso in cui le condizioni di lavoro siano sostanzialmente modificate nei tre mesi successivi il trasferimento (comma IV, art. 2112 cod. civ.).
     Da notare che recentemente la Corte di Giustizia CE (sez. VI C-340/2001 del 20.11.2003), chiamata ad esprimersi su una domanda pregiudiziale relativa al campo di applicazione dell’art. 1 della direttiva n. 187/77 in relazione ad un caso di successione tra appaltatori nella gestione di un servizio di mensa aziendale, è intervenuta, precisando il concetto di “entità economica” ed ha concluso per la applicazione della direttiva: «… quando il secondo imprenditore utilizza rilevanti elementi patrimoniali materiali di cui si è servito precedentemente il primo imprenditore e messi a loro disposizione in successione dal committente, anche se il secondo imprenditore abbia manifestato l’intenzione di non riassumere i dipendenti del primo imprenditore» (nella fattispecie riguardante una gara di appalto in cui la prestazione appaltata, consistente nella gestione di un servizio, di ristorazione collettiva dei pazienti e dei dipendenti di un ospedale, doveva essere interamente svolta nei locali della struttura ospedaliera stessa, per mezzo di cucine attrezzate messe a disposizione dal committente).
     Da ultimo va ricordato anche che già il Giudice nazionale di legittimità ha esplicitamente affermato la possibilità che il trasferimento si realizzi anche tramite la restituzione dei beni aziendali dall’imprenditore affittuario al proprietario e che la cessione in affitto da questo ad altro datore fa sì che il rapporto prosegua con l’acquirente – anche non imprenditore – conservando il lavoratore tutti i diritti derivanti (Cass. nn. 7458/02, 2521/98 e 8252/92).
     Ne consegue che il licenziamento non fondato su giusti motivi diversi dal trasferimento è nullo e va disapplicato con sentenza di mero accertamento della prosecuzione del rapporto con condanna al risarcimento conseguente all’allontanamento dal posto di lavoro, secondo le norme codicistiche dell’illecito contrattuale (ancora in termini, Cass. Nn. 7458/02 e in senso conf. 2521/98). (Omissis)
     Alla stregua dei motivi che precedono pertanto, disattesa ogni altra istanza, la domanda dei ricorrenti va accolta nella declaratoria di inefficacia dei licenziamenti irrogati ai ricorrenti e, nella ritenuta applicabilità dell’art. 2112 cod. civ., della continuazione del rapporto con condanna della cessionaria Holiday al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni perse con interessi e rivalutazione ex art. 429 cod. proc. civ. (Omissis)

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