1. Premessa
A seguito dell’introduzione della riforma del diritto societario in materia di società di capitali, introdotta ex d. lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003, la società a responsabilità limitata ottiene un’autonoma e compiuta disciplina. A tal proposito, infatti, la relazione di accompagnamento al predetto decreto sottolinea come, in conformità a quanto indicato nell’art. 3 della legge delega n. 366/2001, la disciplina delle s.r.l. abbia subito un’integrale revisione che, tenendo conto delle simili realtà giuridico-economiche degli ordinamenti stranieri, in primo luogo europei, è tesa, in particolar modo, ad offrire agli operatori economici uno strumento caratterizzato da una significativa ed accentuata elasticità e che, imperniato fondamentalmente su una considerazione (centrale) delle persone dei soci e dei loro rapporti (inter-)personali, si volge a soddisfare esigenze particolarmente presenti nell'ambito del settore delle piccole e medie imprese.
Il principio generale affermato dalla relazione trova, poi, effettivo riscontro in tutta una serie di (non) previsioni normative, le quali in concreto svincolano definitivamente dal modello di riferimento delle S.p.A. le società a responsabilità limitata. Prima fra tutte la possibilità di prevedere all’interno dell’atto costitutivo una clausola di chiusura con la quale operare un rinvio di carattere generale alla disciplina della società per azioni, ovvero a quella della società in nome collettivo, così da permettere una più agevole definizione – rispettivamente, in senso capitalistico o personalistico – del regime residuale applicabile alla società per quanto non espressamente disposto dalla legge e dall’atto costitutivo.
Da ciò, quindi, si evince chiaramente come la società a responsabilità limitata andrà a perdere sempre di più le caratteristiche dell’organizzazione di tipo corporativo, potendo strutturarsi secondo schemi propri delle società di persone, pur continuando ad offrire il beneficio della responsabilità limitata.
Va sottolineato, comunque, come l’accentuata elasticità del modello societario a responsabilità limitata sia possibile grazie ad una disciplina che nella sua interezza risulta lasciare aperti ampi spazi – per taluno si può, forse, parlare di organizzazione debole, destrutturata o destrutturabile, addirittura incoerentemente strutturabile dall’autonomia statutaria – all’autonomia statutaria e quindi dei soci. Inoltre, appare necessario rilevare in questa sede che un atto costitutivo di s.r.l. il quale si limiti a richiamare norme di legge rappresenterebbe per certo uno strumento del tutto inadeguato a determinare un corretto andamento di gestione della società, in quanto incompleto e privo di rimandi alla disciplina di altri modelli societari.
In ultima istanza, va chiarito che il legislatore delegato, mentre nella disciplina della società per azioni distingue tra atto costitutivo e statuto, nella disciplina della società a responsabilità si limitata a citare esclusivamente l’atto costitutivo. Avendo con ciò inteso rafforzare l’aspetto contrattuale delle regole volute dai soci. Ad oggi, comunque sia la dottrina che i notai sono ragionevolmente concordi nel ritenere che lo statuto di s.r.l. continui a vivere come allegato dell’atto costitutivo.
2. I cambiamenti della disciplina della società a responsabilità e gli adeguamenti statutari obbligatori
Nella categoria degli adeguamenti obbligatori rientrano le modificazioni dell’originario assetto statutario imposte dalla necessità di armonizzare le regole statutarie riproduttive di regole contenute nel codice civile divenute incompatibili con le norme inderogabili introdotte dalla riforma, ovvero novità normative introdotte a carattere inderogabile. Innanzitutto, va detto che in tema di oggetto sociale, in recepimento della consolidata giurisprudenza onoraria che considerava illegittimo l’oggetto eccessivamente vasto o comunque indeterminato, occorre indicare l’attività dell’oggetto sociale indicando in modo assai preciso le specifiche attività che andrà a svolgere la società.
In secondo luogo, va adeguata la clausola dei termini per l’approvazione del bilancio d’esercizio corrispondenti a quelli indicati dall’originario art. 2364, comma 2 cod. civ. (richiamato dal capoverso dell’art. 2487 cod. civ. in tema di s.r.l.), ma difformi da quelli ora fissati come massimi dall’art. 2478-bis, primo comma cod. civ..
Tale norma risulta in contrasto con la nuova disciplina sotto un duplice aspetto, il primo c.d. cronologico, in quanto quattro mesi è termine superiore a 120 giorni negli anni bisestili (e comunque per le società che non chiudono l’esercizio il 31 dicembre o il 31 ottobre), mentre sei mesi eccede sempre i centottanta giorni. Il secondo concerne, invece, i presupposti del rinvio, che, in base alla nuova disciplina lo statuto può prevedere soltanto nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato e quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all’oggetto della società.
Da un punto di vista sostanziale, bisogna sottolineare che i commentatori della legge di nuovo conio affermano che tra gli eventi esterni che possono incidere sulla struttura amministrativa della società possono ricomprendersi il cambiamento del sistema o dei programmi di rilevazione contabile e di chiusura dei conti e la recente introduzione di rilevanti modifiche legislative con effetto retroattivo, normalmente attinenti il diritto tributario che rendono inattendibili le normali tecniche di rappresentazione contabile, fondate sull’accantonamento di costi e di imposte, nonché la costante stipulazione di contratti aleatori la cui esecuzione avrà luogo nei primi mesi dell’anno successivo. Ancora, va rilevato come la dottrina più recente formatasi sul punto sia unanime nell’affermare che i nuovi statuti dovranno contenere la previsione generale enunciata dall’articolo in commento, ma non sarà, invece, necessario indicare una mera elencazione di materie o di eventi per cui sia legittimata l’approvazione del bilancio a maggior termine.
Da ultimo, va esaminato il problema afferente una clausola indicante il differimento a maggior termine contenuta in uno statuto non aggiornato e la sua relativa efficacia. Tale questione ha suscitato non pochi dubbi interpretativi da parte della stampa specializzata, contrariamente a quanto generalmente riconosciuto in dottrina ed affermato in modo assai chiaro dal decreto di riforma. Infatti, l’art 223-bis, quinto comma, delle disposizioni di attuazione del decreto di riforma sancisce che “Fino alla data indicata al primo comma (30 settembre 2004), le previgenti disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto conservano la loro efficacia anche se non sono conformi alle disposizioni inderogabili del presente decreto”. Da tale prescrizione pare agevolmente desumibile il corollario che le disposizioni statutarie contrastanti con norme inderogabili introdotte dalla riforma sono semplicemente destinate a perdere la loro efficacia dal 1° ottobre del 2004.
Altra categoria di adeguamenti obbligatori riguarda eventuali disposizioni statutarie contrastanti con la nuova disciplina del diritto di recesso. In questo ambito rientrano le clausole che, in quanto modellate sull’originario art. 2437 cod. civ., richiamato, per le s.r.l. dall’art. 2494 cod. civ., le quali prevedono il diritto di recesso alle sole ipotesi di cambiamento dell’oggetto o del tipo della società e di trasferimento della sede sociale all’estero, rispetto alle fattispecie legali obbligatorie e quelle per le quali, se non disposto diversamente diventano obbligatorie per legge, nonché quelle introdotte dalla riforma nei nuovi artt. 2473 cod. civ., 2469, comma 2, 2481-bis, primo comma e 2497-quater cod. civ. Sono, altresì incompatibili quelle norme che (i) fissano criteri di determinazione del valore della quota da liquidare al socio receduto o un procedimento di liquidazione difformi rispetto a quelli previsti dall’art. 2473, comma 3 cod. civ., e (ii) consentano il diritto di recesso ai soli soci dissenzienti in quanto il diritto di recesso compete ai soci che non hanno comunque consentito alla modificazione statutaria, e dunque anche agli assenti e agli astenuti.
Sono, altresì, soggette ad adeguamento obbligatorio le clausole statutarie che istituiscano categorie di quote, riconoscendo peculiari diritti o doveri che prescindono dalla concreta identificazione personale dei relativi titolari e destinati a trasferirsi in capo ai successivi acquirenti delle stesse.
In ultima analisi, le ulteriori clausole che risultano non più compatibili con la nuova disciplina delle società a responsabilità limitata e che, pertanto, dovranno essere adeguate sono (i) le clausole che affidano all’organo amministrativo la competenza in ordine al compimento di ogni atto di gestione o comunque tutti quegli atti che ora la legge attribuisce ai soci, (ii) quelle che riconoscono la legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari annullabili all’organo amministrativo nella sua collegialità anziché a ciascun amministratore individualmente, come ora previsto dall’art. 2479-ter cod. civ. per le decisioni dei soci, (iii) quelle che impongono regole sullo scioglimento e sul procedimento di liquidazione della società non conformi alla disciplina di cui ai nuovi artt. 2448 ss. cod. civ. e (iv) quelle clausole compromissorie la cui previsione va uniformata – tra l’altro in tutte le società, anche di persone – all’art. 34, comma 2 del d. lgs. n. 5/2003, per cui tali clausole devono conferire in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società.
3. I cambiamenti della disciplina della società a responsabilità e gli adeguamenti statutari volontari
Gli adeguamenti statutari c.d. volontari operano su diversi livelli a seconda dei diversi obbiettivi che si prefiggono rispetto agli spazi offerti dalle norme di nuovo conio, più in dettaglio si tratta di modificazioni statutarie non obbligatorie, ma rimesse esclusivamente alla volontà dei soci per cogliere alcune delle opportunità offerte dalla riforma, di integrare alcuni profili della nuova disciplina, o, ancora, di limitare l’applicazione dei nuovi istituti utilizzando le facoltà di deroga accordate all’autonomia statutaria dalle norme novellate. La fase di costituzione della società ha subito un processo di semplificazione e di eliminazione degli adempimenti, ove tra l’altro è stata confermata la soppressione del giudizio di omologa, trasferendosi in capo al notaio la responsabilità del giudizio di legittimità.
In particolare, in tema di costituzione, per le s.r.l. si applicano le medesime norme che disciplinano le s.p.a., quali gli art. 2329 del cod. civ.: condizioni per la costituzione; art. 2330 del cod. civ.: deposito dell’atto costitutivo e iscrizione della società; art. 2331 del cod. civ.: effetto dell’iscrizione; art. 2332 del cod. civ.: nullità della società; art. 2341 del cod. civ.: soci fondatori. Inoltre è possibile costituire una s.r.l. per contratto o per atto unilaterale ed è venuta meno la previsione di responsabilità illimitata nel caso di socio persona giuridica. Nell’atto costitutivo non sono più richiesti: (i) l’indicazione dell’indirizzo della sede sociale, ma solo il comune in cui essa è posta. Pertanto, lo spostamento della stessa nell’ambito dello stesso comune non comporta una modifica dell’atto costitutivo. Comunque, l’articolo 111-ter delle disposizione del decreto di riforma prevede che l’indicazione della via e del numero civico in cui è posta la sede sociale debba essere contenuta nella domanda di iscrizione al registro delle imprese e che, in caso di successiva variazione, gli amministratori debbano depositare apposita dichiarazione.
La durata può essere a tempo indeterminato, fermo il diritto di recesso del socio in qualsiasi momento.
I conferimenti dei soci possono essere costituiti da denaro, da beni in natura, da crediti o da prestazione d’opera o di servizi. Per la stima dei conferimenti in natura è richiesta la relazione giurata di un esperto (o una società di revisione) scelto dalla parte e che non deve più essere designato dall’autorità giudiziaria. In particolare, non dovendosi applicare in materia di società a responsabilità la seconda direttiva comunitaria sulle società, è prevista dall’art. 2464 del codice civile la possibilità di conferire tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica. Pertanto, potranno essere conferiti liberamente marchi, brevetti, diritti contrattuali. A tali conferimenti verranno assoggettati al regime previsto per i conferimenti in natura.
Altra novità in molto rilevante in tema di conferimenti riguarda la possibilità per l’atto costitutivo di prevedere che i soci conferiscano prestazioni d’opera e servizi, ancorché garantite con polizza assicurativa o fideiussione bancaria. Nelle s.r.l. si è ritenuto, come nelle società di persone, che spesso sia più importante il contributo personale o professionale del socio che una somma di danaro o beni in natura.
Comunque, ancora non è stato affrontata la questione di come il socio-prestatore si obblighi verso la società, nel senso che, da un lato, alla obbligazione del socio di prestare la propria opera o servizi corrisponde una relativa disciplina sul piano civilistico formata da una parte inderogabile ed una derogabile dalla volontà delle parti, per cui sembra opportuno che vi sia un regolamento contrattuale che regoli la prestazione d’opra o servizi da parte del socio. In via analogica, si pensi alla complessità che alcuni contratti di associazione in partecipazione possono assumere in relazione al tipo di apporto. Tra l’altro, i termini e le modalità di esecuzione dell’opera e dei servizi potrebbero avere effetto discriminante in merito all’affidamento dei terzi verso la società. Inoltre, non è chiaro se, una volta formatosi il regolamento contrattuale ad hoc, questo dovrà divenire una clausola dello statuto, ovvero dovrà essere allegato all’atto costitutivo.
Sempre in tema di conferimenti e di partecipazione al capitale sociale, l’atto costitutivo può prevedere che ai singoli soci, in funzione della loro posizione personale, venga assegnato un ammontare di quote non proporzionale ai loro conferimenti, ovvero vengano assegnati diritti particolari concernenti sia la partecipazione agli utili che poteri all’interno della società. Inoltre, con riferimento alla circolazione delle quote l’atto costitutivo può prevedere l’intrasferibilità o l’assogettabilità senza condizioni o limiti al mero gradimento di organi sociali, salvo il diritto di recesso per il socio ai sensi dell’art. 2473, e salvo un limite temporale di due anni, che va dalla costituzione o dall’acquisto delle quote, posto a tutela della buona fede degli altri contraenti.
Il nuovo art. 2467 del codice civile prevede che se l’atto costitutivo lo prevede i soci possono effettuare finanziamenti alla società senza alcuna limitazione; nel caso in cui tali finanziamenti siano stati effettuati per sopperire a situazioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento o per evitare un conferimento, gli stessi saranno rimborsabili successivamente alla soddisfazione dei creditori.
L’atto costitutivo può prevedere, determinandone gli eventuali limiti, modalità e maggioranze necessarie per la decisione, la possibilità per la società di emettere titoli di debito e la relativa competenza può essere attribuita ai soci o agli amministratori. I titoli possono essere sottoscritti solo da investitori professionali soggetti a vigilanza i quali sono a loro volta responsabili in solido dell’insolvenza in caso di circolazione degli stessi.
In tema di recesso, oltre alle clausole tassative per legge ex art. 2473 cod. civ., lo statuto della s.r.l. può prevedere un numero indefinito di altre cause di recesso e liberamente stabilirne le relative modalità.
In tema di funzionamento di s.r.l. la riforma del diritto societario ha mutato radicalmente il ruolo dell’assemblea, che con la riforma può essere convocata in qualsiasi modo se previsto dall’atto costitutivo purché venga assicurata la tempestiva informazione di tutti i soci, e la terminologia delle deliberazioni. Infatti, la decisione dei soci oggi costituisce l’alternativa alla delibera assembleare, perché viene presa al di fuori dal contesto assembleare e avviene senza il metodo collegiale.
A tal fine però è necessaria una specifica clausola statutaria che preveda la possibilità che le decisioni siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. Le decisioni dei soci sono prese con il voto favorevole della maggioranza dei votanti che rappresentano almeno la metà del capitale sociale.
Ad ogni modo, la deliberazione assembleare assunta secondo il metodo assembleare e con la necessaria convocazione dell’assemblea, è obbligatoria a) per decisioni aventi ad oggetto modifiche dell’atto costitutivo o operazioni che comportino una modifica dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci, e b) quando ne è fatta richiesta da uno o più amministratori o da un numero di soci che rappresenti un terzo del capitale sociale.
Per quanto riguarda la ripartizione delle competenze fra amministratori e soci, i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, che potenzialmente è amplissima, e sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentino almeno 1/3 del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione.
Sono in ogni caso riservate per legge alla competenza dei soci (i) l’approvazione del bilancio, (ii) la distribuzione degli utili, (iii) la nomina degli amministratori, (iv) la nomina dei sindaci o del revisore, (v) modifiche dell’atto costitutivo, e (vi) le decisioni che comportano rilevanti modifiche dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci.
Si ricorda, da ultimo, che quando viene richiesto il metodo di decisione non collegiale: le decisioni sono prese con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale, mentre quando sia previsto il metodo di decisione collegiale: le decisioni sono prese con il voto favorevole della maggioranza assoluta.
In tema di governance viene riconosciuta la più ampia autonomia statutaria in tema di amministrazione per quanto riguarda l’individuazione dei soggetti, il metodo, il bilanciamento dei poteri tra organo di gestione e organo deliberativo e la ripartizione delle competenze.
Le forme che l’organo amministrativo può assumere stando al dettato legislativo sono sostanzialmente:
– amministratore unico;
– consiglio di amministrazione che può deliberare collegialmente o non collegialmente, secondo la disciplina propria delle società di persone.
Inoltre, da un lato l’atto costitutivo può prevedere che le decisioni consiliari siano adottate mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto, e dall’altro può attribuire l’amministrazione della società in via congiuntiva o disgiuntiva ai componenti del consiglio di amministrazione.
Non può essere, invece, soggetta a deroga, in quanto prevista una riserva di competenza a favore del consiglio di amministrazione, la disciplina in materia di redazione del progetto di bilancio, di progetto di fusione o scissione e di decisioni di aumento del capitale delegate dall’assemblea.
Come in passato è facoltà della società nominare un collegio sindacale o un revisore, art. 2477 del cod. civ., mentre l’obbligo della nomina del collegio sindacale è obbligatoria soltanto quando la s.r.l. ha un capitale sociale superiore a 120.000 euro, e/o la società supera per due esercizi consecutivi due dei limiti dimensionali previsti dal primo comma dell’art. 2435-bis.
Con l’approvazione del d.lgs. n. 37 del 6 febbraio 2004, correttivo della riforma del diritto societario, si è stabilito, inserendo un ulteriore comma nell’art. 2477 cod. civ., che “se l’atto costitutivo non dispone diversamente il controllo contabile - vera innovazione all’interno della disciplina dei controlli - si intende comunque affidato al collegio sindacale”. In altre parole la modifica dello statuto della s.r.l. si rende necessaria esclusivamente qualora si decida di affidare il controllo contabile ad un revisore.
Ultimo rilievo che in questa sede si vuole compiere relativamente agli adeguamenti volontari della riforma riguarda la possibilità di prevedere all’interno dell’atto costitutivo una clausola con la quale si deferiscono ad uno o più terzi i contrasti tra coloro che hanno il potere dell’amministrazione in ordine alle decisioni da adottare nella gestione della società. Nella stessa potranno essere fissati, inoltre, criteri e modalità di esecuzione e decisione, nonché un collegio “d’appello”.
È opportuno ricordare che, l’introduzione e la soppressione nello statuto di una clausola compromissoria devono essere approvate da tanti soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti e dissenzienti, potranno, entro i novanta giorni successivi, esercitare il diritto di recesso. Pertanto, la maggioranza semplice che, ai sensi dell’art. 223-bis delle disposizioni di attuazione del decreto di riforma, può apportare le modifiche introdotte dalla riforma del diritto societario sarà applicabile alle modifiche di clausole compromissorie già presenti, e non già per le summenzionate introduzione e soppressione.
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