il diritto commerciale d’oggi
    III.4 – aprile 2004

STUDÎ E COMMENTI

 

PAOLO FERRO-LUZZI

Indicazione negli atti e nella corrispondenza circa la soggezione della società
a direzione e coordinamento di altra società

 

    

1-.    La Società AA, fatto riferimento alla riforma delle società di capitali entrata in vigore all’inizio del corrente anno, richiama la mia attenzione:
a) sull’art. 2497-bis, c.c., là ove prevede: “La società deve indicare la propria soggezione alla altrui attività di direzione e coordinamento negli atti e nella corrispondenza …”
b) sull’art. 2497-sexies, c.c., là ove prevede: “Ai fini di quanto previsto nel presente capo, si presume salvo prova contraria che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalle società o enti tenuti al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controllano ai sensi dell’art. 2359”.

2-.    I quesiti postimi possono essere sintetizzati nei seguenti termini.
2.1-. Con riferimento all’art. 2497-sexies, c.c., sottolineato, come del resto è esplicito nel testo, che nei casi indicati è stabilita una presunzione semplice di attività di direzione e coordinamento, innanzi tutto si chiede se in ipotesi di un gruppo societario articolato in holding e sub holdings una società nell’indicare la soggezione ad attività di direzione e coordinamento debba far capo alla sub holding da cui dipende, o direttamente alla holding di vertice, precisando la circostanza che nel caso concreto molte sub holdings sono quotate.
2.2-. Ancora con riferimento all’art. 2497-sexies, c.c., ma esponendomi in dettaglio la situazione partecipativa esistente tra YY s.p.a. e AA, di cui YY s.p.a. detiene circa il 17% del capitale ordinario, mi si chiede se in tale specifica situazione possa applicarsi la presunzione prevista dal medesimo articolo.
     Inoltre, ove venisse esclusa la presunzione di legge, mi si domanda se comunque YY s.p.a. possa ritenersi esercitante in facto attività di direzione e coordinamento rilevante ai sensi della disposizione in esame, tenendo presente che YY s.p.a.:
“a) non definisce né concorre a definire (e neppure in passato ha definito o concorso a definire) i piani strategici ovvero il budget di AA e delle sue controllate;
b) non decide né fornisce indicazioni circa le iniziative di finanziamento così come sul ricorso al capitale di rischio e/o al capitale di credito di AA e delle sue controllate;
c) non autorizza né delinea i piani o le iniziative di investimento di AA e delle sue controllate”.
2.3-.  Ancora e sempre con riferimento all’art. 2497-sexies, c.c., mi si chiede se il fatto dello: «svolgimento da parte di AA s.p.a. della attività di direzione e coordinamento nei confronti delle proprie società controllate sia dirette che indirette, quotate e non, nei campi della politica del credito, della politica di bilancio (scelta dei principi contabili), della nomina dei revisori, della scelta dei principi generali di Corporale Governance (procedura relativa alle operazioni con parti correlate, insider dealing, ecc.), dei modelli organizzativi”, integri gli estremi dell’esercizio “dell’attività di direzione e coordinamento” di cui all’articolo in questione.
     Sul tema mi viene successivamente precisato che AA:
“a) definisce i piani strategici pluriennali e il budget annuale del Gruppo nelle sue diverse componenti;
b) decide le iniziative di finanziamento, così come le opzioni di ricorso al capitale di rischio ovvero a quello di debito delle società del Gruppo. Analogamente assume le determinazioni relative alla quotazione degli strumenti finanziari emessi dalle società controllate;
c) autorizza le iniziative di investimento superiori a predeterminate soglie di rilevanza (con l’effetto di determinare l’ingresso/uscita di singole realtà del Gruppo in/da specifici settori di business);
d) definisce la policy di gruppo (anche mediante la predisposizione di contratti quadro) per l’acquisto di beni e servizi sul mercato;
e) coordina le iniziative e le azioni di business nei diversi settori in cui il Gruppo opera;
f) gestisce, a livello centralizzato, i rapporti con le istituzioni pubbliche e private”.
     Mi viene infine precisato che: “A livello organizzativo, ciò si traduce nella esistenza di un sistema di Comitati di Gruppo che rappresentano nel loro complesso uno dei principali strumenti per il governo e l’integrazione operativa delle Business Unit/Funzioni Centrali”.
2.4-.  Infine, con riferimento all’art. 2497-bis, c.c., si chiede la più corretta terminologia da indicare negli atti e nella corrispondenza, e in particolare se sia possibile indicare “società del gruppo AA”, così non seguendo pedissequamente la formula codicistica, posto che quest’ultima non sarebbe ottimale nel campo della comunicazione.

3-.  Dato che i quesiti che mi sono sottoposti sono in buona parte fra di loro interferenti (v. 2.1-.; 2.2-.; 2.3-.) ritengo necessario premettere, in maniera estremamente sintetica atteso anche che sulla nuovissima disciplina non sussistono ancora adeguati approfondimenti sistematici, e tanto meno prese di posizione giurisprudenziali, alcune osservazioni su quelli che mi appaiono fondamentali dati di base sui quali la nuova disciplina sembra fondarsi.
     In quest’ordine di idee, provvisorio evidentemente, credo che sia necessario richiamare e sottolineare due aspetti.
3.1-.  Formalmente allontanandosi da quanto previsto nella legge di delega che parlava di “gruppo”, la riforma sembra aver posto al centro della nuova disciplina il “fatto” dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento come in realtà concretamente svolgentesi, e non come mera potenzialità, come potere derivante da fattispecie di controllo societario comunque identificate. Si tratta di una scelta di base del legislatore, che evidentemente: non ha voluto dettare una ulteriore fattispecie di gruppo o di controllo; ha voluto chiarire che agli effetti della disciplina in esame non rileva il controllo come mera potenzialità, e infine (evitando si osservi l’uso non soltanto del termine “gruppo”, ma altresì del termine “controllo”), ha voluto far capo ad una specifica attività effettivamente esercitata.
     Non credo sia necessario, né in questa sede possibile, motivare in maniera completa la correttezza della interpretazione in questi termini di quella che ritengo una fondamentale presa di posizione di base della riforma; mi limito allora a richiamare:
- l’art. 2497, comma 1, là ove si parla di società o di enti “che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono,..”;
- l’art- 2497-bis, comma 2, là ove si parla di “soggetti che esercitano attività di direzione e coordinamento”;
- l’art. 2497-ter, là ove si parla di società le cui decisioni siano “influenzate” d’altrui attività di direzione e coordinamento;
- l’art. 2497-quater, comma 1, let. a, là ove si parla di società o ente: “che esercita attività di direzione e coordinamento”;
- l’art. 2497-quater, comma 1, let. c, là ove si parla di “inizio e cessazione dell’attività di direzione e coordinamento”;
- l’art. 2497-sexies; là ove si parla di “attività di direzione e coordinamento … esercitata”.
     Mi pare così chiaro che sia il fatto, realmente esistente, di una attività di direzione e coordinamento in concreto esercizio che costituisce il perno dell’intera disciplina, indipendentemente dal titolo, dalla ragione, dal perché questa attività in fatto possa esercitarsi e sia esercitata.
3.2-.  La scelta di base appena indicata del legislatore implica una seconda, altrettanto importante, novità nel panorama assai complesso delle problematiche del gruppo e del controllo. In effetti il legislatore non solo pone a base della disciplina l’effettivo, concreto, esercizio del controllo, ma dà rilievo ad una specifica attività, appunto la direzione ed il coordinamento, attività che è un aspetto, se pur rilevante, ma soltanto un aspetto, del generico agire che la posizione, meglio il potere, di controllo può consentire.
     In quest’ordine di idee a me sembra che per aversi “attività di direzione e coordinamento” rilevante agli effetti delle disposizioni in esame occorre che si tratti di attività che incida, direttamente condizionandolo, sull’esercizio dell’impresa della società “sottoposta”. Tra altri, forse meno evidenti, dati normativi che inducono nella direzione indicata, reputo centrale la nuova disciplina del recesso, in particolare là ove è previsto (art. 2497-quater, let. c, c.c.) che il socio può recedere: “all’inizio ed alla cessazione dell’attività di direzione e coordinamento...”, quando: “ne deriva un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento”. Ciò vuol dire, innanzi tutto, che si ammette la liceità di base dell’”attività di direzione e coordinamento”, onde deve abbandonarsi l’impostazione di principio, diffusa in dottrina e giurisprudenza, che impone di considerare la società, ogni società, ed il relativo interesse, isolatamente ed indipendentemente. Di tale attività vengono poi dettate le condizioni di lecito esercizio (v. art. 2497, comma 1, c.c.), prevedendosi inoltre che un, del tutto lecito, mutamento in tale attività (inizio o cessazione, ma anche evidentemente passaggio di titolarità) possa costituire giusta causa di recesso dato che ne può, lecitamente ripeto, derivare: “un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento” (v. appunto art. 2497-quater, comma 1, let.c c.c.). Mi sembra così chiaro che tale disciplina (ma anche il fondamentale art. 2497, comma 1, c.c., e in realtà tutta la nuova disciplina in argomento) abbia per oggetto diretto la tutela dell’interesse patrimoniale del socio all’investimento, piuttosto che non l’interesse alla gestione.
     Consegue, appunto, che per dare concretezza, per individuare l’attività di direzione e coordinamento rilevante agli effetti della disciplina in esame occorre, almeno in via principale, se non assorbente, far capo all’impresa piuttosto che alla società.

4-.   Le osservazioni svolte consentono di dare una prima risposta al quesito sub 2-.,c (là dove si elencano una serie di attività svolte da AA rispetto a tutte le sue controllate dirette ed indirette e, malgrado si qualifichino queste attività come attività di direzione e coordinamento, si chiede se tali attività integrino gli estremi per applicare la disciplina in discussione.
     In quest’ordine di idee, in tutte le ipotesi di attività di AA inizialmente precisate nel quesito, la sola che possa forse rientrare nel concetto normativo di “attività di direzione e coordinamento”, aggiungo d’impresa, è l’attività indicata in termini di “politica del credito”, mentre tutte le altre attività indicate mi sembrano attenere più al profilo societario che non al profilo imprenditoriale delle società del gruppo.
     L’espressione politica del credito, peraltro, non mi appare di per sé sempre e sicuramente espressiva dell’esistenza di un’attività di direzione e coordinamento nel senso voluto dalla normativa in esame.
In effetti anche un’ipotesi di “gestione accentrata” della tesoreria, frequentissima ove vi sia un gruppo, ove tale gestione non interferisca con la politica finanziaria delle varie società, non mi appare di per sé solo elemento sufficiente per affermare l’esistenza di “attività di direzione e coordinamento” in senso tecnico. Diversamente dovrebbe ritenersi ove la menzionata “politica del credito” coinvolgesse l’operatività delle varie società, il che può avvenire, ad esempio, ove, raggiunto l’indebitamento di gruppo un livello rilevante a qualche effetto (si pensi alla disciplina dei grandi rischi) la “politica del credito” potesse spingersi a contenere l’indebitamento di una qualche società del gruppo, impedendone così le possibilità espansive che in sé avrebbe.
     Devo allora ribadire che, avuta attenzione diretta ed immediata all’impresa piuttosto che alla società, l’esistenza dell’attività di direzione e coordinamento in fatto esercitata, come è necessario fare, non può che, ovviamente, accertarsi in fatto.
     E sono appunto i fatti come successivamente ulteriormente precisatimi che chiarificano l’esistenza di una attività di “direzione e coordinamento” di AA, posto che evidentemente le condizioni di esercizio delle imprese (a quanto mi si dice di tutto il gruppo) sono caratterizzate, influenzate nei loro aspetti economici, finanziari e operativi, dalla presenza e dalla attività di AA.
     In questa situazione i vari “Comitati di gruppo” di cui mi viene illustrata la composizione e le competenze, non fa altro che dimostrare quanto sia unitaria la gestione, imprenditoriale, dell’impresa “di gruppo” in molteplici aspetti essenziali.

5-.   Per quanto concerne il quesito sub 2-., b, dalla documentazione allegata non emerge quella situazione di controllo che all’art. 2497-sexies, comma 1, c.c., stabilisce come presunzione, semplice, dell’attività di direzione e coordinamento né, comunque, emerge che una tale attività sia in fatto esercitata, alla luce delle precisazioni, costantemente al negativo, relativamente cioè a ciò che YY s.p.a.

6-.   Per quanto concerne il quesito sub 2-., a, in via preliminare va osservato che quando la catena di un gruppo assume aspetti non solo verticali allungati, ma anche a stessa, tanto più è facile che la società al vertice coordini partecipazioni (ed eventualmente l’intera finanza) e non interferisca con l’esercizio delle imprese facenti capo alle singole società.
     Nel caso in esame, peraltro, emerge che la società al vertice in realtà faccia di più, e allora, per esempio, anche fare programmi, piani industriali e commerciali, budget e altro (v. 2.3-.), dà luogo, posto che non è ammissibile pensare che si tratti di meri studi o desideri, dà luogo, dicevo, ad attività di direzione e coordinamento. Può essere che da profili generali, stabiliti dal vertice, si passi poi a maggiori precisazioni, anche a più diretta incidenza vincolante sulle singole società da parte di sub holdings, ma ritengo, allo stato attuale delle riflessioni sul problema, e dei fatti come esposti, che anche in tal caso l’attività di direzione e coordinamento esista e vada imputata al vertice.

7-.   Per quanto riguarda, infine, la prescrizione dell’art. 2497-sexies, c.c., è un problema che ho a lungo discusso con vari gruppi; riassumo le conclusioni raggiunte, che ritengo di dover confermare nel caso di specie:
a) che non è sufficiente parlare di “Gruppo A” posto che, come ho già ampiamente precisato (v. 2-.), non è il gruppo l’oggetto diretto della disciplina;
b) che non credo necessario ripetere pedissequamente la formula legislativa dell’art. 2497-bis, comma 1: “soggezione all’altrui attività di direzione e coordinamento”, non bella sotto ogni profilo.
     Ritengo dunque, con attenzione al caso di specie, che si possano adottare le seguenti espressioni, ovviamente ricorrendone nei singoli casi i requisiti in fatto:
- XXX, gruppo e direzione e coordinamento A;
- XXX, gruppo A; direzione e coordinamento Società B;
- XXX, gruppo A;
- XXX, direzione e coordinamento A (ove sussista l’attività, ma non l’appartenenza al gruppo).

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