SOMMARIO: 1. Titolarità della funzione di controllo contabile: il revisore. – 2. Tipi di società e “tipi” di revisori. – 3. Responsabilità della società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob. – 4. Dalla diligenza del mandatario a quella richiesta dalla natura dell’incarico. – 5. Principio di gradualità e sue conseguenze. – 6. Principi di revisione. – 7. L’organo di controllo interno e il controllo contabile.
1. Titolarità della funzione di controllo contabile: il revisore
È più difficile di quanto prima facie possa apparire ma, per esaminare correttamente la funzione di controllo contabile, è necessario sbarazzarsi del “complesso del collegio sindacale”.
Lo sforzo è notevole perché la circostanza che fino all’emanazione del d.lgs. n.58 del 24 febbraio 1998 (di seguito anche solo t.u.f.) e, con riferimento alle società c.d. “non quotate” fino allo scorso 1 gennaio 2004, il collegio sindacale sia stato titolare anche della funzione di controllo contabile ha ingenerato, spesso anche fra gli addetti ai lavori, la convinzione che sindaco e revisore siano nella sostanza due facce della stessa medaglia. Con la conseguenza di un’applicazione promiscua delle regole distintamente previste per il membro del collegio sindacale e per il revisore contabile.
Del resto, la segnalata promiscuità trovava prima della novella un fortissimo avallo nell’art. 2397 cod. civ., comma 2, che, come è noto, per effetto della modifica introdotta dall’art. 21 del d. lgs. 27 gennaio 1992, n.88, chiedeva che i sindaci fossero “scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia” (1).
A seguito del d. lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003 i sindaci non devono essere più necessariamente tutti revisori e al controllo contabile viene dedicata addirittura una nuova sezione nel codice civile.
L’identificazione sindaco-revisore, identificazione scorretta già nel vigore della pregressa disciplina, allo stato attuale è dunque insostenibile. Le disposizioni di fonte primaria e secondaria, i principi di comportamento, le raccomandazioni e le comunicazioni Consob, le raccomandazioni UE, in buona sostanza tutto (o quasi tutto) il materiale normativo e paranormativo in tema di collegio sindacale non riguardano il soggetto che svolge la funzione di controllo contabile (il revisore, appunto) neanche quando questo soggetto è membro di un collegio sindacale. Il corpus normativo in tema di collegio sindacale inerisce il sindaco in quanto tale; non lo riguarda invece nella sua veste di revisore.
Il controllo contabile “sulla società” è affidato al revisore iscritto negli appositi registri: quello istituito presso la Consob e quello istituito presso il ministero della giustizia (art. 2409 bis, commi 1 e 2, cod. civ.).
Anche quando si consente – alle sole società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato (è comunque necessario prevedere nello statuto un’apposita clausola) – l’attribuzione al collegio sindacale del controllo contabile, tutti i membri devono essere revisori contabili iscritti nel registro istituito presso il ministero della giustizia (arg. raffrontando le disposizioni contenute negli artt. 2397, comma 2 e 2409 bis, ult. comma cod. civ.).
2.Tipi di società e “tipi” di revisori
Il profilo soggettivo del controllore della contabilità, dunque il “tipo” di revisore, varia in ragione del “tipo” di società da controllare (2):
a) per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, ossia per le società con azioni quotate in mercati regolamentati (di seguito anche solo “società quotate”) o diffuse fra il pubblico in misura rilevante (art. 2325 bis), la funzione di controllo contabile è affidata, stando all’espressa previsione normativa, al revisore-società o, se si preferisce, alla “società di revisori” (3) iscritto(a) “nel registro dei revisori contabili” e soggetto(a) “limitatamente a tali incarichi, alla disciplina dell’attività di revisione prevista per le società con azioni quotate in mercati regolamentati ed alla vigilanza della” Consob. L’art. 111 bis disp.att.cod.civ. specifica poi quali norme del t.u.f si applicano a tale revisore.
a1) Tuttavia, la circostanza che l’art. 2325 bis cod. civ. fa salve le leggi speciali per le società con azioni quotate in mercati regolamentati, nonché il rilievo che la bozza di decreto correttivo (4) (art.86) lascia inalterato l’obbligo d’incaricare, per la revisione del bilancio delle “quotate”, una società di revisione iscritta nello speciale albo tenuto dalla consob (159 t.u.f.), induce a ritenere che la revisione contabile delle società quotate può essere affidata esclusivamente ad una società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob (5).
a2) Al contrario, revisore delle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante (116 tuf), è la società di revisori di cui discorre il ricordato art. 2409 bis, comma 2 , come confermato dalla bozza di decreto correttivo che sul punto modifica il comma 2 dell’art. 116 tuf (art. 66).
Per la verità, stando al tenore letterale dell’ emananda correzione, sembrerebbe che solo la società di revisori, non anche le società di revisione iscritte nell’albo tenuto dalla Consob, possano revisionare i bilanci delle società quotate. Peraltro, si tratta di soluzione difficile da sostenere per il principio che il “più” – la società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob – contiene necessariamente anche il “meno”, cioè la società di revisori.
b) Società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio: il revisore può essere una persona fisica o una società di revisori, entrambi iscritti nel registro istituito presso il Ministero di giustizia.
c) Per le società che:
– non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e
– non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato e
– hanno il sistema tradizionale di governance (6),
qualora siano soddisfatti i seguenti oneri
– la presenza nello statuto di una specifica clausola statutaria e
– un collegio sindacale i cui membri siano tutti revisori iscritti nel registro istituito presso il Ministero della giustizia,
oltre ai soggetti previsti nel caso precedente il controllo contabile può essere affidato al collegio sindacale.
Sul punto occorre tuttavia fare attenzione. Il controllo contabile, infatti, mentre può essere affidato al revisore esterno persona fisica, non può invece essere esercitato dai singoli membri del collegio sindacale, ma solo invece dall’organo collegiale (dal collegio sindacale, appunto). Con la conseguenza che i poteri che la legge attribuisce al revisore esterno persona fisica affinché egli sia in grado di svolgere la funzione di controllo contabile, spettano esclusivamente al collegio sindacale e non anche individualmente ai sindaci i quali non sono titolari della funzione di controllo contabile.3.Responsabilità della società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob
La responsabilità del revisore (società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob) (7) istituzionalmente deputato al controllo contabile delle società quotate è tema di scottante attualità (8), il cui rilievo trascende le brevi osservazioni che all’argomento s’intendono qui dedicare. D’altra parte, il tema è stato diffusamente trattato dalla dottrina (9) e una rimeditazione dell’inquadramento sistematico della responsabilità del revisore esula dal perimetro del presente lavoro.
Venendo allora alle ben più modeste riflessioni esegetiche, occorre anzitutto osservare che l’art. 164 del t.u.f., dettato come noto a proposito della responsabilità della società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob, richiama soltanto il comma 1 dell’art.2407 cod. civ.( recante le disposizioni sulla responsabilità dei membri del collegio sindacale).
Tale ultima disposizione, nella formulazione vigente prima della riforma, prevedeva la responsabilità dei sindaci per la verità delle loro attestazioni e per l’osservanza del segreto d’ufficio. Inoltre, i membri del collegio sindacale dovevano svolgere le loro funzioni con la diligenza del mandatario.
La struttura dell’art.2407 cod. civ., pur dopo la novella, rimane in massima parte inalterata. Gli è, tuttavia, che il parametro alla stregua del quale valutare l’esatto adempimento dei doveri che fanno capo ai sindaci non è più quello della diligenza del mandatario, ma è quello della “ natura dell’incarico”.
Qui si ferma, o meglio si dovrebbe fermare stando all’art. 164 t.u.f., la responsabilità della società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob.
Tuttavia, come pure è ben noto, l’art. 2407 cod. civ. reca altre due disposizioni. In particolare qui interessa fermare l’attenzione sul comma che prevede a carico dei membri del collegio sindacale anche la responsabilità solidale con gli amministratori “per i fatti o omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica” (10).
In virtù del mancato rinvio, dunque, tale responsabilità sembrerebbe non gravare sulla società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob.
Il novello art. 2409 sexies discorrendo di responsabilità del – non meglio qualificato – “revisore” rinvia invece a tutte le disposizioni contenute nell’art. 2407 cod. civ., non soltanto al comma 1.
Dal combinato disposto degli art. 164 t.u.f., 2407 cod. civ. e 2409 sexies sembrerebbe dunque emergere un sistema a dir poco “singolare”.
La responsabilità solidale con l’organo di gestione della quale discorre l’art. 2407 cod. civ., comma 2, graverebbe su qualunque “tipo” di revisore, ma non troverebbe applicazione con riguardo alle società di revisione iscritte nell’albo tenuto dalla Consob.
In contrario pare più ragionevole rilevare, anzitutto, che l’art. 2409 sexies discorre di responsabilità del “revisore” senza distinguere in ragione del tipo di “revisore” e del resto non sembra che nel caso di specie possa invocarsi l’art. 2325 bis per non applicare la norma de qua alle società di revisione iscritte nell’albo tenuto dalla Consob.
Di poi, sul piano sistematico, sarebbe difficile spiegare per quale ragione le società di revisione iscritte nell’albo tenuto dalla Consob che svolgono una funzione di protezione di interessi all’evidenza più rilevante rispetto alle altre tipologie di revisore, dovrebbero essere gravate di una responsabilità “minore” rispetto a chi, oltretutto, è anche “meno attrezzato” (perché non dispone delle medesime risorse umane e finanziarie) a fare revisione contabile.
Infine, la tesi che qui si sostiene trova ulteriore conferma nella più volta citata bozza di decreto correttivo, dal momento che l’art.87 prevede che dal comma 1 dell’art. 164 t.u.f. siano espunte le parole “primo comma”. Così corretto l’art.164 t.u.f. rinvierebbe allora a tutto l’art. 2407 cod. civ., con la conseguenza che anche la società di revisione iscritta nell’albo tenuto dalla Consob sarebbe gravata, come tutte le altre tipologie di revisori, dalla responsabilità solidale con l’organo di gestione.
4.Dalla diligenza del mandatario a quella richiesta dalla natura dell’incarico
Nelle pagine che precedono si è fatto cenno alla circostanza che il parametro alla stregua del quale valutare l’adempimento del revisore non è più quello della diligenza del mandatario, ma è quello della “natura dell’incarico” (11).
Un innovazione, quest’ultima, che nel vigore della pregressa disciplina era stata già anticipata dalla dottrina più attenta in ragione della duplice circostanza che il contratto di revisione è un contratto d’opera intellettuale e che il revisore è soggetto alla disciplina in tema di professioni intellettuali (12).
Ad ogni modo, il mutamento di rotta pone problemi sopratutto perché la novella non sembra voler distinguere la responsabilità in ragione dei “tipi” di revisore.
In altre parole, la legge sembra ora voler dire: il revisore deve adempiere alla propria funzione adottando una diligenza che non si valuta in ragione del canone dell’esigibilità – canone che come è noto impone un riferimento alle qualità soggettive– quanto piuttosto secondo un parametro di tipo oggettivo.
Così, ad esempio, quando il revisore deve esprimere il suo giudizio sul bilancio (art. 2409 ter, let.c), il grado di approfondimento della relazione dovrebbe valutarsi solo in funzione della complessità e della significatività delle operazioni svolte nel corso dell’esercizio.
È evidente che se si adotta questa prospettiva si deve concludere che al revisore in quanto tale, a prescindere dunque dalle diverse tipologie di revisori, si richiede il medesimo grado di diligenza quello, appunto, richiesto “dalla natura dell’incarico”.
Questa prospettiva, tuttavia, non convince affatto.5.Principio di gradualità e sue conseguenze
L’articolazione soggettiva della funzione di controllo contabile, così come è stata delineata dal legislatore del d.lgs. n.6 del 2003, è improntata ad una sorta di principio di gradualità: maggiore è la complessità dell’incarico – ed il legislatore presume che la complessità dell’incarico sia direttamente proporzionale all’apertura della società al mercato – più pregnanti sono i requisiti richiesti per poter assumere l’incarico stesso.
Letto in negativo, il principio di gradualità si traduce in una presunzione assoluta d’inadeguatezza del revisore persona fisica a svolgere la funzione di controllo contabile nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (cfr. art. 2409 bis, comma 2, cod. civ.).
Il principio di gradualità assume un ruolo importante nell’individuazione della responsabilità del revisore.
È vero, infatti, che la funzione del controllo contabile può essere svolta sia dal revisore-società che dal revisore persona fisica, però i “tipi” di revisori non hanno le medesime prerogative e dunque non giacciono sul medesimo piano.
Se l’articolazione soggettiva della funzione di controllo contabile è giuridicamente rilevante quando si tratta di decidere l’idoneità del revisore all’assunzione dell’incarico, non se ne può prescindere quando si tratta di valutare la diligenza nello svolgimento dell’incarico. Con la conseguenza che per valutare la diligenza nello svolgimento dell’incarico non si possono adottare per il revisore-società e per il revisore persona fisica parametri identici.
Ciò non significa, all’evidenza, che non vi possano essere parametri comuni.6.I principi di revisione: alcuni esempi
Si considerino, in via meramente esemplificativa, i principi di revisione elaborati dalla “Commissione paritetica per la statuizione dei principi di revisione” (13). Il documento n.200, quello relativo agli “obiettivi e principi generali della revisione contabile di bilancio”, pone come criteri generali a cui il revisore deve attenersi: indipendenza, integrità, obiettività, riservatezza. Si tratti di principi che non ammettono graduazione e che dunque devono essere osservati sia dal revisore persona fisica che dalla società di revisori.
Tutto il contrario per quanto riguarda altri due principi recati dallo stesso documento n.200: diligenza e rispetto dei principi tecnici. Non è esigibile nei confronti del revisore persona fisica lo stesso livello di adempimento nonché la medesima capacità di conformarsi al rispetto dei principi tecnici che invece è legittimo aspettarsi da una società di revisori (14).
Si pensi, ancora una volta in via esemplificativa, al campionamento (documento n.530 “campionamento di revisione ed altre procedure di verifica con selezione delle voci da esaminare), ossia all’applicazione di procedure di revisione su un numero di voci che risulta inferiore rispetto alla totalità di quelle che compongono un saldo. A parità di tempo a disposizione una società di revisori è in grado di vagliare un campione più significativo (per quantità e per accuratezza) di quello che può esaminare il singolo revisore persona fisica. Con la conseguenza che il c.d. rischio di campionamento – ossia la possibilità che le conclusioni raggiunte dal revisore, sulla base di un campione, possano essere diverse da quelle che si sarebbero raggiunte se la totalità delle voci ( “popolazione”) fosse stata revisionata – è ovviamente più forte se il revisore è una persona fisica. Se calano i livelli di affidabilità, pure deve calare il grado di diligenza richiesto al revisore persona fisica. Aumenta, per contro, la significatività del c.d. “errore accettabile”.
Gli esempi si possono moltiplicare.
Altro e diverso problema, ma il tema può essere qui solo accennato, è quello dell’individuazione concreta dei parametri con i quali misurare la responsabilità dei diversi tipi di revisore.7.L’organo interno di controllo e il controllo contabile
È l’organo interno di controllo – ovviamente solo nelle ipotesi che si sono ricordate nelle pagine che precedono (15) – che deve decidere se demandare il controllo contabile al revisore persona fisica ovvero alla società di revisori. Ed è sempre l’organo di controllo interno, non invece il revisore, ad assumere responsabilità nell’ipotesi che la scelta effettuata si riveli inadeguata rispetto alle dimensioni e al tipo d’impresa esercitata, vuoi per eccesso vuoi per difetto. Salvo che l’assemblea dei soci, diligentemente “consigliata” dall’organo di controllo interno (l’organo di controllo interno deve infatti essere “sentito” in occasione del conferimento dell’incarico del controllo contabile v. art. 2409 quater cod. civ.), abbia consapevolmente scelto di non seguire i “buoni consigli”.
Anche dopo la riforma infatti, l’organo interno di controllo resta comunque deputato alla “vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto contabile adottato e sul suo concreto funzionamento” (collegio sindacale ex. art. 2403; consiglio di sorveglianza ex art. 2409-terdecies e comitato per il controllo sulla gestione ex art. 2409 octiesdecies) (16) .
* Il presente lavoro è destinato alla pubblicazione su Riv. dott. comm., 2004.
NOTE(1) In argomento vedi M. BUSSOLETTI e D. PETRUCCI BAZZONI, La disciplina della revisione dei conti, commento al d. l. 27.1.1992, n. 88, a cura di Bussoletti, Milano, 1993.
(2) Per una chiara sintesi delle diverse tipologie di revisori (nonché delle “diverse” abilitazioni) all’indomani dell’entrata in vigore del t.u.f. v. A. ROSSI, Spunti sulla nuova disciplina della revisione contabile, in Soc., 1999, p.1034 e ss. spec. p.1035.
(3) Il termine è stato coniato da M.BUSSOLETTI, La nuova disciplina dell’esercizio associato della revisione contabile, in La disciplina della revisione dei conti cit., p.18 per distinguere tale società, da un lato, dalle società fiduciarie e di revisione regolate dalla legge n.1966 del 1939 (su cui si veda, ex multis, A. ROSSI, Revisione contabile e certificazione obbligatoria, Milano, 1985, p.34; M.NUZZO, voce Società fiduciaria, in Enc.dir., XLII, Milano, 1990, p.1094 e ss.) e dall’altro lato, dalle società di revisione iscritte nell’ albo tenuto dalla Consob. In generale sulle società di revisione cfr. per tutti M. BUSSOLETTI, Le società di revisione, Milano, 1985.
(4) Già a pochi mesi dal varo della riforma delle società di capitali di cui al d.lgs. n.17 del 22 gennaio 2003, n.6 si erano rese necessarie alcune correzioni lessicali delle disposizioni in esso contenute.
A seguito dei numerosi rilievi mossi al citato d.lgs. n.6 del 2003 dalla dottrina (in proposito si vedano, ex multis, le critiche sollevate da R.WEIGMANN, Luci ed ombre nel nuovo diritto azionario, in Soc., 2003, pp.270 e ss.) e più in generale dai diversi operatori del settore, nonchè per la necessità di coordinare le nuove disposizioni con il t.u.f e con il d.lgs n.385 dell’ 1 settembre 1993, recante “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia” (di seguito anche solo t.u.b.), è stato elaborato un progetto di decreto correttivo. Si tratta di un testo ancora non approvato che nel corso del presente lavoro s’indicherà, appunto, con la locuzione “bozza di decreto correttivo”.
Si noti che la possibilità di emanare disposizioni correttive e integrative del più volte citato d.lgs n.6 del 2003 è recata dalla stesse legge di delega (l. n.366 del 2001) all’art.1, comma 5.(5) In senso difforme, commentando l’allora “progetto” di riforma, si esprimeva S.FORTUNATO, I controlli nella riforma della società, in Soc., 2002, p.1326. L’ opinione dell’ Autore, se ben s’intende, è rimasta inalterata pur dopo l’emanazione del d.lgs. n.6 del 2003, cfr. Id, I controlli nella riforma della società, in Soc., 2003, p.321.
(6) La circostanza si spiega agevolmente ove si rifletta che nel sistema dualistico l’approvazione del bilancio spetta al consiglio di sorveglianza: sarebbe allora incongruo affidare a tale organo la funzione di controllo contabile dal momento che il bilancio è appunto l’”epilogo” delle risultanze contabili. Cfr. C. ANGELICI, La riforma delle società di capitali, Padova, 2002, p.118.
(7) Cfr. supra par. 2.
(8) Il riferimento è ovviamente, oltre agli ormai celebri episodi d’oltreoceano (Enron), alle vicende nostrane del gruppo Parmalat balzate agli onori della cronaca proprio in questi giorni.
Il caso del gruppo Parmalat ha fornito l’occasione per varare un decreto legge recante “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato d’insolvenza” (d. l. 23 dicembre 2003, n. 347, in G.U., n.298 del 24.12.2003) volto a consentire uno svolgimento celere della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria prevista dall’art.27, comma 2, let. b del d.lgs. 8 luglio 1999, n.270 (recante la “Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza”) alle imprese in possesso di taluni requisiti. In particolare il menzionato decreto legge trova applicazione per le imprese che hanno: a)un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a mille da almeno un anno; b) debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a un miliardo di euro (cfr. art. 1, d. l. n. 347 del 2003).
Sull’ amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza cfr. da ultimo, anche per ulteriori riferimenti, G.ALESSI, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milano, 2000.(9) Cfr., oltre ai lavori monografici dedicati all’attività di revisione contabile (fra le quali v. soprattutto, anche per ogni ulteriore riferimento, M. BUSSOLETTI, Le società di revisione cit., passim, pp.231 e ss) F. BONELLI, Responsabilità delle società di revisione nella certificazione obbligatoria e volontaria del bilancio, in Riv. soc., 1979, pp.973 e ss.; P. MONTALENTI, Responsabilità extracontrattuale delle società di revisione per negligente certificazione, in Giur. it., 1993, I, 2, p.1 e ss.; P. VALENSISE, Sub art. 164, in Tuf. Commentario al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, a cura di Rabitti Bedogni, Milano, 1998.
(10) È appena il caso di osservare che i sindaci non possono essere chiamati a rispondere in via automatica dei danni cagionati dall’inadempimento dell’organo di gestione: non si tratta insomma di una responsabilità per fatto altrui. Per i membri del collegio sindacale la responsabilità solidale e concorrente con quella dell’organo di gestione è pur sempre una responsabilità per fatto proprio, discende cioè dall’inosservanza dei doveri di vigilanza e di controllo che la legge pone a carico degli stessi sindaci. Per una recente analisi di questi temi confronta, anche per ulteriori riferimenti bibliografici, G. CABRAS, La responsabilità per l’amministrazione delle società di capitali, Torino, 2002, pp. 40 e ss.
(11) Cfr. supra par. 3.
(12) Né tale conclusione muta per la circostanza che il revisore può non essere una persona fisica. Su questi temi cfr. ovviamente M. BUSSOLETTI, Le società di revisione cit., passim, in partic. pp.231 e ss. e spec. pp. 304-314.
(13) Per un aggiornamento dei principi di revisione v. Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Consiglio Nazionale dei Ragioneri Commercialisti, Principi di revisione, Milano, 2003.
(14) Del resto, la dottrina (cfr. M. BUSSOLETTI, Le società di revisione cit., p. 310 e ss.) ritiene inapplicabile al revisore l’art. 2236 cod. civ. quando le speciali difficoltà sono di ordine quantitativo (ad esempio il controllo di un ingente numero di documenti) sulla scorta del rilievo che siffatte difficoltà possono essere superate dall’organizzazione della società. È evidente che in punto di organizzazione il revisore persona fisica non può essere posto sul medesimo piano della società di revisione, con la conseguenza che forse non si può escludere che in questo caso l’art.2236 trovi invece applicazione anche per le “difficoltà di ordine quantitativo”.
(15) Cfr supra par. 2.
(16) Tali disposizioni sono enfatizzate da S. FORTUNATO, I controlli nella riforma cit., p.311 per sostenere, secondo una linea di pensiero già proposta in precedenza dallo stesso Autore con riferimento al t.u.f. (cfr. Id., Collegio sindacale e società di revisione nelle “società con azioni quotate” dopo il testo unico sull’intermediazione finanziaria”, in Riv. dott. comm., 1999, pp. 18-19 e 22) che “nonostante la cosiddetta sottrazione del sistematico controllo legale dei conti, i sindaci non solo non potrebbero assolvere compiutamente ai propri compiti di vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione se non spingessero la propria indagine anche alla affidabilità e a attendibilità del sistema di rilevazioni contabili, ma hanno precisi doveri che involgono necessariamente competenze e verifiche contabili”. Il corsivo è nostro.