il diritto commerciale d’oggi
    II.9 – ottobre 2003

 

Giurisprudenza

TRIBUNALE ROMA, 16 luglio 2003 – Giud. Zannella – Elifani c. F.lli. Elifani s.a.s.
     Il diritto del socio di una società di persone di recedere dalla società, quando questa sia contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di un socio, è applicabile anche nel caso in cui sia stabilita una durata che scada ben oltre il termine della durata media di uno dei soci.
      In caso di recesso di un socio di una società di persone, il socio recedente non ha diritto alla liquidazione della sua quota, qualora intervenga – a causa del successivo recesso di tutti gli altri soci – lo scioglimento della società.

 

 

     SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con la citazione, notificata ritualmente a tutti i convenuti, Andrea Elifani convenne in giudizio dinnanzi a questo Tribunale la “s.a.s. F.lli Elifani di Mario Elifani”, nonché Marco, Mario, Patrizia ed Agnese Elifani e, premesso che:
- il 20 dicembre 1984 era stata costituita la “F.lli Elifani s.n.c. di Elifani Mario & C.”, trasformata in società in accomandita semplice il 7.3.1990, i cui soci attuali erano l’attore, nella misura del 25%, Mario Elifani, nella misura del 50% (già socio per il 25% e titolare dell’ulteriore 25% in seguito alla successione testamentaria della socia deceduta Luigina Elifani), nonché Marco, Patrizia ed Agnese Elifani, nella restante misura del 25%, quali eredi del socio deceduto Felice Elifani;
- l’attore aveva comunicato il 28.5.1999 la sua volontà di recedere dalla società ed aveva richiesto la liquidazione della propria quota sociale il successivo 4.212.1999, essendo trascorsi sei mesi, come disposto dall’art. 2289 cod. civ.;
- nonostante trattative intavolate con gli altri soci, volte alla liquidazione della società ed alla ripartizione delle quote, queste non avevano avuto esito;
- l’attore riteneva legittimo il proprio recesso, in quanto la società aveva durata sino all’anno 2050 e, pertanto, superiore alla durata della vita umana, con la conseguenza che la norma di cui all’art. 2285 cod. civ. doveva ritenersi applicabile nel caso di specie; diversamente, il socio sarebbe rimasto legato indefinitamente alla società;
questo premesso, chiese che fosse dichiarato legittimo il recesso esercitato e che la società convenuta e tutti i suoi soci fossero condannati alla liquidazione della propria quota, quantificata in L. 1.130.0000.000, oltre alla rivalutazione monetaria poiché egli era imprenditore commerciale ed aveva per tale ragione potuto convenientemente investire il danaro provenuto dalla liquidazione della propria quota in modo tale da porlo al riparo dalla svalutazione monetaria.
     Si sono costituiti tutti i convenuti, ad eccezione di Agnese Elifani, la quale è stata dichiarata contumace.
     La società convenuta e Mario Elifani, costituiti con distinte comparse, si sono rimessi al Tribunale in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’esercizio del recesso dell’attore dalla società, mentre hanno contestato il criterio di determinazione della sua quota, che andava quantificata in base all’attivo sociale, con conseguente vantaggio (o svantaggio) in relazione ai profitti (o alle perdite) delle operazioni in corso al momento del suo recesso.
     Marco e Patrizia Elifani hanno eccepito la loro carenza di legittimazione passiva, in quanto legittimata passiva doveva ritenersi la sola società convenuta.
     Nel merito, hanno contestato la sussistenza delle condizioni per l’esercizio del recesso in quanto la durata della società stabilita dai soci era di 66 anni (dal 1984 al 2050) e, quindi, non eccedente la durata della vita di un uomo; non poteva viceversa farsi riferimento alla durata della vita del singolo socio.
     In subordine, hanno chiesto in via riconvenzionale anch’essi di recedere dalla società, domanda proposta con l’espresso scopo di «provocare, in ragione della mancanza dei soci accomandanti, lo scioglimento della società».
     La causa è stata istruita con la c.t.u. volta all’accertamento dell’ammontare della quota sociale dell’attore.
     Con la comparsa depositata il 13.12.2002 si è costituito in giudizio il Liquidatore della società convenuta, il quale ha dedotto che con l’atto del 29.3.2002 la società era stata pota in liquidazione per mancata ricostituzione della pluralità di soci. Nel merito, si è riportato alle precedenti difese della società.
     Successivamente, la causa è stata riservata in decisione.

     MOTIVI DELLA DECISIONE – 1. La domanda proposta nei confronti dei singoli soci della società convenuta deve dichiararsi inammissibile poiché costoro, ad avviso del Giudice, sono carenti di legittimazione passiva.
     La Corte di Cassazione a sezioni unite, con la sentenza n. 291 del 26.4.2000, componendo invero il contrasto insorto tra le sezioni semplici (cfr., tra le tante conformi, Cass. 1998 n. 1403 e tra le difformi Cass. 1995 n. 12172), ha affermato: «La domanda di liquidazione della quota di una società di persone, da parte del socio receduto o escluso, ovvero degli eredi del socio defunto, fa valere un’obbligazione non degli altri soci, ma della società, e, pertanto, ai sensi dell’art. 2266 cod. civ., va proposta nei confronti della società medesima, quale soggetto passivamente legittimato, senza che vi sia necessità di evocare in giudizio anche detti altri soci».
     2. Alla luce di tale conclusione, è irrilevante l’esame della domanda subordinata proposta da Marco e Patrizia Elifani e riassunta in narrativa.
     3. Nel merito della domanda attrice, si osserva quanto segue.
     3.1 L’attore, nato nel 1929, com’è pacifico tra le parti, si trova sin dalla costituzione della società, nel 1984 (essa invero, in seguito, si è trasformata) legato al contratto per tutta la sua vita, posto che la vita media di un uomo non è certo pari a 120 anni, quanti ne avrebbe ipoteticamente l’attore nel 2050, termine di durata della società, come risulta dai “patti sociali” allegati all’atto di modifica dei patti sociali del 7.3.1990.
     L’art. 2285 cod. civ. (applicabile nella specie in virtù del rinvio operato dal combinato disposto degli artt. 2315 cod. civ. e 2293 cod. civ.) dispone che il socio possa recedere dalla società «quando questa è contratto a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci».
     Ritiene questo Giudice che la seconda ipotesi disciplinata dalla norma contempli il caso in cui contestualmente sia stipulato il contratto di società tra determinati soci e sia pertanto predeterminata la durata della società pari alla vita di uno di essi (e non contempli anche invece il diverso caso in cui, in una società già costituita, subentrino nuovi soci).
     Detta norma è quindi applicabile anche nella fattispecie concreta all’esame di questo Giudice, in quanto l’attore è socio della società convenuta sin dalla sua costituzione.
     La predetta norma tutela da un canto la ragione del contratto sociale, che non può essere sciolto limitatamente ad un socio a totale discrezione dello stesso; e d’altro canto, tutela la libertà del socio dalla “ perpetuità del vincolo contrattuale”, come ha osservato la dottrina.
     Per tale motivo, in base a tale norma non riceve tutela il socio che subentri nella società e che in seguito faccia valere la sua età per recedere dal contratto, in quanto, al momento in cui fu stabilita la durata della società, non la si poteva naturalmente ancorare alla vita di un socio futuro ed eventuale, onde questi non potrebbe definirsi vincolato “a priori” per tutta la vita al vincolo sociale.
     Ad avviso del Giudice, riceve viceversa tutela il socio che, sin dall’inizio della società si è trovato legato al vincolo sociale certamente per tutta la vita in base alle pattuizioni del contratto, qual è nella specie l’attore.
     Onde, deve dichiararsi legittimo il suo diritto al recesso.
     3.2 In ordine alla domanda di liquidazione della propria quota, si osserva quanto segue.
     3.2.1 Il diritto alla liquidazione di tale quota deve nella specie, essere ponderato congiuntamente alle vicende sociali, in quanto la società è attualmente in liquidazione ai sensi dell’art. 2323 cod. civ., in seguito allo scioglimento per non essere stata ricostituita la pluralità di soci.
     Ciò è avvenuto dopo che l’attore, i convenuti costituiti ed anche la convenuta contumace Agnese Elifani, hanno comunicato il loro recesso.
     Le contestazioni mosse dall’attore alla legittimità del recesso esercitato dagli altri soci e, conseguentemente, alla liquidazione, sono contenute nelle note di replica e, pertanto, devono ritenersi del tutto tardive.
     Ritiene questo Giudice che la disciplina dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, qual è tra l’altro quella sul recesso, non possa applicarsi allorquando si verifichi lo scioglimento della società.
     A quest’ultimo segue invero per legge la fase della liquidazione, che è preordinata dapprima a soddisfazione dei creditori sociali e solo alla fine, al rimborso ai soci dell’attivo residuo (art. 2289 ed art. 2282 cod. civ.), tanto che i liquidatori hanno il divieto di ripartire tra i soci i beni sociali se non siano stati pagati i creditori.
     Anche i creditori personali dei soci non possono ottenere la liquidazione della quota degli stessi (nei casi consentiti), ma devono attendere la liquidazione della società per rivalersi sulla quota di liquidazione.
     Non è pertanto giuridicamente ammissibile liquidare in questa fase la sola quota del socio che ha esercitato il recesso, perché, a prescindere dai criteri in concreto adottati a tal fine, una parte dei beni sociali, pur avendo la predetta destinazione, verrebbe destinata all’interesse particolare del socio.
     3.2.2 E’ ben vero, come sostiene l’attore, che la l’attore, che la liquidazione è successiva alla sua domanda di recesso, ma tale circostanza non è decisiva al fine di ricostruire diversamente la compatibilità dei due istituti.
Invero, alla luce delle considerazioni che precedono, gli interessi che il legislatore intende tutelare con la disciplina della liquidazione della società sono preminenti, ad avviso di questo Giudice, rispetto all’interesse posto a presidio dell’istituto del recesso del socio.
     Sul punto, è di conforto osservare che la giurisprudenza di legittimità (Cass. I, 11.12.1999 n. 13875), ha osservato: «la pendenza del procedimento di liquidazione di una società di persone non determina l’improcedibilità della domanda di liquidazione della quota del socio che abbia esercitato il recesso bensì l’improponibilità della medesima desumibile dagli articoli 2275 e segg. cod. civ.».
     Tale norma, ricavabile dalla suddetta disciplina codicistica, è di natura sostanziale, come ha osservato la S.C. nella stessa sentenza.
     La domanda volta alla liquidazione della quota sociale dell’attore deve pertanto dichiararsi improponibile.
     4. La natura delle questioni agitate tra le parti ed il vincolo parentale che lega le persone fisiche parti in causa costituiscono giustificati motivi ad avviso di questo Giudice per compensare tra le parti le spese processuali.
(Omissis)
    

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