il diritto commerciale d’oggi
    II.9– ottobre 2003

STUDÎ E COMMENTI

 

GABRIELE RACUGNO

Sulle privatizzazioni in Belgio *

 

 

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Le origini. – 3. L’approccio legislativo. – 4. La legge “Belgacom”. – 5. Valutazioni critiche. – 6. Conclusioni.

 

 

1. Introduzione
     In un saggio (1) di alcuni anni or sono dedicato all’ esame dei fondamenti logici ed alle conseguenze economiche dei parametri (2) di Maastricht necessari per la partecipazione all’Unione Economica e Monetaria Europea (UEM) (3), veniva ascritto al Belgio il primato del peggior rapporto debito pubblico/PIL – pari a 136,2 – considerato il più elevato in Europa, più che doppio rispetto ai valori previsti (4).
     Di qui la communis opinio che le privatizzazioni in Belgio traggono origine «dans un contexte essentiellement budgétaire d’assainissement des finances publiques» (5): una strategia dunque finalizzata alla riduzione del debito pubblico piuttosto che alla ricerca di una efficienza delle imprese ed al rafforzamento della competitività del sistema-paese con positive ricadute sul benessere dei consumatori (quale invece ha caratterizzato, ad esempio, le privatizzazioni nel Regno Unito) (6).

2. Le origini.
     Il Belgio, non diversamente dagli altri paesi dell’Europa occidentale (7), ha conosciuto, con la fine della seconda guerra mondiale, uno sviluppo delle imprese pubbliche con interventi diretti dei poteri pubblici (8), anche quale rimedio alle carenze dell’iniziativa privata, nelle diverse attività economiche in seguito all’aggravarsi della crisi strutturale dell’economia. Il c.d. capitalisme public ha svolto, fra l’altro, un ruolo fondamentale nella regione Vallone (9) proteggendo, in particolare, l’occupazione (10) e, in generale, il welfare dei dipendenti, ancorchè le interferenze politiche in decisioni di tipo commerciale difficilmente possano spingere il mercato verso la competitività.
     Questi interventi di tipo agevolativo hanno peraltro subito in tutta Europa un drastico contenimento in seguito all’evolversi della giurisprudenza comunitaria in materia di Aiuti di Stato (11). Il principio che emerge in materia esclude dagli aiuti pubblici vietati quei soli «interventi accettabili per un investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato».
     Sotto questo profilo il Belgio non si è attardato (12), pur in mancanza di una legislazione organica, a procedere a vaste dismissioni delle partecipazioni pubbliche, avvalendosi di una struttura centralizzata costituita dalla Société féderale de partecipation, holding finanziaria pubblica preposta alla negoziazione delle partecipazioni destinate alla privatizzazione.

3. L’approccio legislativo.
     Il legislatore belga si muove così – al pari di alcuni dei principali paesi occidentali caratterizzati dalla tendenza (13) ad affidarsi allo Stato più che al mercato per la soluzione dei problemi economici e sociali – in un contesto contrassegnato da un empirico pragmatismo nella ricerca di una collaborazione tra imprese pubbliche e settore privato, che consenta allo Stato la riduzione del deficit pubblico mediante il recupero di liquidità attraverso la vendita di assets pubblici, i c.d. «bijoux de famille», in un ottica di miglioramento delle prospettive reddituali delle imprese pubbliche (14) e di maggiore operatività dei meccanismi della concorrenza e del mercato.
     L’evoluzione legislativa può essere così sintetizzata.
Un primo tentativo di privatizzazioni, peraltro sostanzialmente abortito, risale al biennio 1985-1987. Si è trattato, più che altro, della concessione di servizi pubblici (15) ad imprese private. È di quegli anni (16) la decisone del governo di non partecipare alla ricostituzione ed agli aumenti del capitale delle imprese pubbliche e delle istituzioni pubbliche di credito. Venivano presi in esame, in particolare, i settori dei servizi pubblici dei trasporti e delle comunicazioni, e degli istituti pubblici di credito, con una partecipazione in ogni caso dei poteri pubblici superiore al 50% del capitale sociale e l’individuazione specifica della residua compagine sociale (tra cui lavoratori e piccoli azionisti).
     Segue, quindi, un revirement negli anni 1988-1991, che enfatizza, con la promulgazione della articolata legge 21 marzo 1991 (17), la missione sociale dei servizi pubblici delle imprese e relega il capitalismo privato quale ultima risorsa per l’economia: «les pouvoirs publics devaient rester majoritaires tant en termes d’actionnariat que de controle» (18), in un’ottica di supporto delle attività meno organizzate e di perseguimento di scopi di interesse generale (19), ma sgomberando il settore pubblico da strutture troppo rigide (20) per migliorare la performance delle imprese pubbliche. Il fenomeno è stato definito in termini di «débureaucratisation», «managérialisme» e di «déministérialisation»: un tentativo, cioè, di equiparazione dell’impresa pubblica a quella privata a fine di ridurre il perverso rapporto tra il governo (maggiore azionista) e il management, che è all’origine dei molti mali dell’impresa pubblica (21).
     Di debutto delle privatizzazioni può formalmente parlarsi con la legislatura 1991-1995 ed in particolare con la legge 22 luglio 1993 (22) e, quindi, con l’articolo unico della legge 30 marzo 1992 che sottopone la Sabena (23) alle lois coordonnés sur les sociétés commerciales. Segue, fra l’altro, la legge 20 dicembre 1995 (24) che autorizza il Re a cedere le partecipazioni di diverse società, conferendogli, almeno in fatto, i pieni poteri in materia di privatizzazioni. Una variante alla cessione è costituita dagli aumenti di capitale sottoscritti da azionisti privati.
     Le imprese pubbliche divengono società miste, ma lo Stato si riserva generalmente una percentuale sufficiente del capitale che ne assicuri il controllo della gestione (25).
     È sempre di questi anni l’apertura di Belgacom al capitale privato con le connesse bolle speculative.
     Le privatizzazioni continuano, quindi, nella legislatura 1995-1999: siamo ormai alle soglie dell’ingresso nell’Unione economica e monetaria europea, con la necessità del rispetto dei relativi parametri, sì da realizzare «les conditions budgétaires de la partecipation de la Belgique à l’Union économique et monétaire européenne» (26). Vengono rafforzati i poteri del Re di abrogare, completare, modificare e sostituire le disposizioni legali in vigore, con l’unico limite di non pregiudicare la legislazione sulla sicurezza sociale e la tutela delle categorie più deboli, anche in un’ottica di promozione della public company (27).

4. La legge “Belgacom”.
     Si giunge così alla legge 10 agosto 2001 (28) relativa a Belgacom – l’operatore storico nel settore delle telecomunicazioni – nella quale, fra l’altro, in deroga alla legge 21 marzo 1991, viene stabilito che lo Stato può cedere la totalità o parte «des actions qu’il détient dans le capitale de la société anonyme de droit public Belgacom … à une ou plusieurs sociétés de droit public ou privé, belges ou étrangères, par voie de vente, d’échange ou apport en société» (art. 2).
     La legge riserva all’approvazione del Re, su decisione del Consiglio dei Ministri, le condizioni della cessione. Le privatizzazioni procedono così sistematicamente, sulla base di poteri speciali (29), senza adeguate riforme istituzionali necessarie per supportarle.

5. Valutazioni critiche.
     Pur concordando la dottrina su un’ormai irreversibile déregulation o déréglementation del settore pubblico economico, ben poco è possibile ricostruire sotto un profilo sistematico in mancanza di una legislazione organica, sia in materia di privatizzazioni, sia, prima ancora, sulle modalità di intervento dei poteri pubblici nella vita economica. Nonostante gli ambiziosi propositi della legge 21 marzo 1991 (30), che pur favorisce l’assimilazione dei metodi gestionali delle imprese pubbliche a quelle private con una marcata decentralizzazione dei processi decisionali, non è emerso un riferimento normativo quadro (31). Il diritto belga si è limitato così, da un lato, ad attuare le privatizzazioni, sempre in via episodica e disorganica, sotto la spinta di «préoccupations budgétaires», dall’altro, a dare esecuzione alle «decisions européennes de libéralisation au coup par coup» (32).
     La mancanza di principi direttivi si è di fatto tradotta, come la legge relativa a Belgacom ha dato conferma, in una generalizzazione di poteri speciali affidati al governo a scapito del parlamento.
L’assenza di un quadro normativo ha i suoi riflessi, in negativo, sui potenziali acquirenti privi di un punto di riferimento stabile che si traduce, operativamente, in possibili diseguaglianze di procedure, con conseguente carenza della credibilità necessaria per favorire gli investimenti privati.

6. Conclusioni.
     L’assenza di norme e regole generali definite dal parlamento in materia di privatizzazioni, e prima ancora di un progetto di politica pubblica con una struttura ben definita, ha lasciato ampia libertà alla Commission d’évaluation des actifs de l’État (33), malgrado le obiezioni da parte del Conseil d’État su una metodica delle privatizzazioni basata sulla delega delle competenze del potere legislativo in favore del solo governo che ha proceduto in forza di poteri speciali (34) e in assenza di un dibattito parlamentare e di precise norme definitorie dei metodi e degli obiettivi, il tutto favorito dalla mancanza (35) in Belgio di una «Constitution économique ». Le privatizzazioni hanno avuto il più delle volte la loro fonte in disposizioni particolari inserite in provvedimenti emanati per finalità fiscali e sociali (36).
     Ogni valutazione è rimessa di fatto alla discrezionalità del potere esecutivo (37), che trova comunque un limite nel principio generale del rispetto del giusto prezzo: «c’est -à - dire l’impératif de “juste équilibre” signifierait non seulement que les mesures de privatisations devraient être idoines à la réalisation de leur but, mais aussi qu’elles seraient assujetties au respect de la théorie de juste prix» (38), al fine di evitare che le privatizzazioni costituiscano veicolo di favori discrezionali con applicazione di meccanismi parcellaires.
     Il principio di proporzionalità trova, invero, come è stato rilevato (39), fonte nell’articolo 16 della Costituzione belga che, in materia di espropriazioni, introduce la regola del giusto prezzo, cioè della «indemnisation adéguate», intesa come proporzionalità che deve caratterizzare le espropriazioni per pubblica utilità. Questa proporzionalità è ugualmente richiesta «dans le schéma inverse, lorsque l’État se déleste de ses propriétés» (40).
     Principi sicuramente significativi, ma pur sempre privi di concreta coercitività (41) e, soprattutto, inidonei a consentire quel controllo pubblico e democratico raccomandato dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (42).

 

     * Lo studio sarà pubblicato in Diritto del commercio internazionale ed è destinato agli Studi in memoria del prof. Antonio Patroni Griffi.

 

Note

     (1) P. SAVONA - C. VIVIANI, L’Europa dai piedi di argilla, Milano, 1996, p. 15.

     (2) In particolare: disavanzo del bilancio statale, debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo, inflazione, tassi dell’interesse e rapporti di cambio.

     (3) Sul progetto di unificazione monetaria europea, che ha come unico obiettivo quello di assicurare la stabilità del livello dei prezzi per l’insieme dei paesi membri dell’Unione, v. i rilievi critici di M. PIVETTI, Economia politica, Roma-Bari, 2002, p. 154 ss.: «La tesi dell’unificazione monetaria come veicolo dell’integrazione politica può dunque non apparire illogica solo a chi aderisca strettamente alla visione monetarista: un’unica politica monetaria in Europa non può in alcun modo avere ripercussioni reali differenziate sulle singole economie semplicemente perché la politica monetaria non ha effetti reali ma solo effetti sul livello generale dei prezzi» (ivi, p. 155).

     (4) Che, come è noto, secondo la verifica fatta sei mesi prima dell’avvio definitivo dell’UEM (prevista per il 1° gennaio 1999), doveva convergere, secondo quelle che sono state definite le golden rules europee, verso i 60 punti. Il trio più virtuoso era allora (indici relativi al 1994, ultimo anno per il quale erano al tempo disponibili i dati definitivi comparabili a cura dell’OCSE) costituito dalla Germania (50,1), Francia (48,5) e Regno Unito (52,5); in coda stavano, oltre il Belgio, l’Italia (124,4) e la Grecia (113,6), con una forte crescita della spesa pubblica per interessi.

     (5) F. QUERTAINMONT, Droit administratif de l’économie. L’interventionnisme économique des pouvoirs publics, Diegem, 2000, p. 239.

     (6) Dal 1979, anno di arrivo al potere di M. Thatcher, al 1985 furono privatizzate nel Regno Unito dieci fra le più grandi imprese pubbliche, operazione che ha determinato un tasso di capitalizzazione del mercato azionario rispetto al PIL più alto della maggior parte dei paesi europei. Nel novembre del 1985 la privatizzazione dalla sola società di telecomunicazioni inglese, «British Telecom», ha dato luogo ad un’ampia partecipazione dell’azionariato con la vendita di tre miliardi di azioni pubbliche, che hanno chiuso il giorno dopo il collocamento con un rialzo del 33%. In argomento, cfr. M. FLORIO (a cura di), Privatizzazioni e benessere: il caso britannico, in Economia pubblica, 2003, ed ivi p. 187 ss.

     (7) In argomento si rinvia al recente ed ampio studio di N. THIRION, Les privatisations d’entreprises publiques dans une économie sociale de marché: aspects juridiques, Bruxelles, 2002. Del medesimo autore, cfr. Les privatisations d’entreprises publiques en économie de marché: quelques observations juridiques, in Chronique de droit public, 2002, p. 309 ss. (nel prosieguo verrà fatto riferimento al primo lavoro).

     (8) La paternità della sistemazione scientifica degli interventi dello Stato belga in questa materia è generalmente ascritta all’opera di A. BUTTGENBACH, Les modes de gestion des services publics en Belgique, Bruxelles, 1942, cui adde, in anni più recenti, Manuel de droit administratif, t. I, Bruxelles, 1966, p. 63 ss.

     (9) A. DANGOISSE e V. VAGMAN, La Société régionale d’investissement de Wallonie, in Courrier hebdomaidaire CRISP, 1997, n. 1571.

     (10) Legata spesso, e la patologia non è naturalmente solo del Belgio, al clientelismo elettorale.

     (11) Artt. 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità Europea del 2 ottobre 1997 (ex artt. 92 e 93). Peraltro, al di là delle operazioni vietate, il diritto comunitario appare del tutto neutrale rispetto alla proprietà pubblica o privata delle imprese: cfr. A. PERICU, Il diritto comunitario favorisce davvero le privatizzazioni dei servizi pubblici?, in Dir. comm. int., 2001, p. 353 ss.

     (12) Attualmente la produzione di beni e di servizi delle imprese pubbliche rappresenta il 12% del valore aggiunto lordo determinato secondo i prezzi di mercato: cfr. F. QUERTAINMONT, Droit administratif, cit., p. 226. I settori nei quali rimane significativo l’intervento pubblico è costituito dai trasporti, dal credito dalla distribuzione del gas e dell’elettricità, e, in generale, dai lavori pubblici. In argomento, v. P. FLAMEY e K. WAUTERS, Le parternariat public-privé et les marchés publics. La situation belge dans le contexte européen, in Chroniques de droit public, 1999, p. 62 ss.

     (13) Propria delle culture latino-cattoliche contrapposte a quelle anglosassoni-protestanti: queste tese «à faire prévaloir les libertés individuelles sur la sécurité du corps social et de ses composants», quelle «dominée par des obsessions collectives de solidarité et d’égalité qui conduisent les individus eux-mêmes à réclamer la tutelle d’un Etat qui prélève, redistribue, réglemente, interdit, incite, crée, etc., au nom de la protection des plus faibles»: così apre il dibattito sulle privatizzazioni il prof. Claude Champaud nella prefazione (p. XV) al citato saggio di N. Thirion.

     (14) Significative sono in proposito le operazioni di ristrutturazione e di cessione di attività pubbliche nel settore del credito, fra cui la fusione della C.G.E.R. (Caisse générale d’épargne et de retrait) con la Générale de Banque da cui è nato il colosso «Fortis Banque»: in argomento, cfr. C. LEJEUNE, La réforme des institutions publiques de crédit: le cheminement d’une privatisation, in Droit des affaires, 1996, p. 9 ss.

     (15) Di cui lo Stato aveva una riserva di legge: donde la necessità che la “privatizzazione” sia in questi casi preceduta dalla “liberalizzazione”: per un’analisi in proposito della situazione italiana, cfr. F. BONELLI, Le privatizzazioni delle imprese pubbliche, Milano, 1996, p. 49 ss.

     (16) F. DELPÉRÉE, Les privatisations en Belgique, in Annuaire européen d’administration pubblique, 1988, p. 22 ss. Una privatizzazione a sé, non inserita in un più ampio quadro di politica generale, è costituita dal passaggio dello Stato, nell’anno 1982, dal 95% al 54,4% del capitale della Sabena: cfr. G. SERVAIS, La restructuration de la Sabena, in Courrier hebdomadaire CRISP, 1993, n. 1387.

     (17) Loi portant réforme de certaines entreprises pubbliques économiques, in Moniteur belge, 27 marzo 1991, che ha indrodotto un nuovo regime giuridico per gli organismi pubblici operanti nel settore delle telecomunicazioni, delle poste, delle ferrovie e delle linee aeree. Secondo la relazione parlamentare (riferita in G. QUERTAINMONT, Droit administratif, cit., p. 232), lo sviluppo rapido del settore privato «constitue un défi essentiel pour les entreprises publiques; elles doivent s’adapter à la compétition croissante en provenance des sociétés nationales ou internationales ou, à défaut, s’accommoder d’une privatisation progressive de leur champ d’activité traditionnel».

     (18) D. YERNAULT, Constitution, privatisations et pouvoirs spéciaux: un débat oublié, in Courrier hebdomadaire CRISP, 2001, n. 1729-1730, p. 17.

     (19) Essendo necessario l’intervento delle istituzioni pubbliche a spese del contribuente ove si tratti di sottrarre dall’insolvenza imprese che forniscono servizi essenziali.

     (20) D’altronde «si può privatizzare mantenendo inalterati gli interessi pubblici nella produzione di un determinato bene o servizio, ma utilizzando al tempo stesso l’impresa privata come lo strumento più efficiente di azione sul mercato», così P.L. SCANDIZZO, Il mercato e l’impresa; le teorie e i fatti, in Trattato di diritto commerciale diretto da V. Buonocore, sez. I, t. 6, Torino, 2002, p. 129, sulla scorta del noto teorema di D.E.M. Sappington e J.E. Stiglitz, «che pone le premesse di una condizione di neutralità tra conduzione pubblica e privata delle imprese». Sulla situazione ideale in cui impresa pubblica o impresa privata possano considerarsi equivalenti, cfr. R.H. COASE, La natura dell’impresa, in AA. VV, Impresa, mercato e diritto, Bologna, 1995, p. 73 ss.

     (21) Nonostante la recente tendenza della cultura del settore pubblico a convergere con quello del settore privato, i due settori rimangono tuttora distinti e non soltanto in Belgio.

     (22) Caratterizzata, al pari di pressoché tutte le leggi di volta in volta adottate in materia di privatizzazioni, da ampie deleghe in favore dell’esecutivo.

     (23) Che successivamente verrà dichiarata fallita con sentenza del 7 novembre 2001.

     (24) In Moniteur belge, 23 dicembre 1995. La legge prevede, per la prima volta, l’obbligo di un rapporto finale al parlamento da parte del ministro delle finanze sulla cessione delle istituzioni finanziarie.

     (25) Sulle golden shares in Europa e, in particolare in Belgio, cfr. N. THIRION, Golden shares, droit des sociétés et marché intérieur (dedicato A la mémoire d’Anne Benoit-Moury), in corso di pubblicazione in Cahiers de droit européen, di cui ho potuto prendere visione grazie alla cortesia dell’Autore.

     (26) Legge 26 luglio 1996, in Moniteur belge, 1 agosto 1996, a cui segue una vasta produzione legislativa diretta a consentire l’ingresso in borsa di una serie di imprese (legge 9 luglio 1998, in Moniteur belge, 31 luglio 1998). La legge 26 luglio 1996, unitamente alla già richiamata legge 22 luglio 1993 ed alla legge 10 agosto 2001 di cui in appresso, possono considerarsi, in via del tutto semplificativa, seppure in embrione, il corpus juris della legislazione belga in materia di privatizzazioni.

     (27) Sulle soglie massimali di partecipazione al capitale v., in particolare, la disciplina dello statuto della società «Distrigaz» (detentrice sul territorio belga del monopolio della distribuzione del gas), su cui, ampiamente, N. THIRION, Les privatisations, cit., p. 573 ss., in un’ottica comparatistica con il diritto italiano.

     (28) In Moniteur belge, 25 agosto 2001. Con decisione n. 172 del 27 novembre 2002, la Cour d’Arbitrage, ha dichiarato la conformità della legge (a cui in vero non ha ancora fatto seguito un’effettiva privatizzazione) alla costituzione (artt. 10 e 11, in relazione all’art. 23) in merito alla possibilità di riconosciuta al Re di adottare le più opportune misure relativamente ai rapporti di lavoro in funzione del nuovo statuto reso necessario dalle operazioni di privatizzazione.

     (29) Con l’unico effettivo limite del rispetto della legislazione in materia lavoristica e di sicurezza sociale, su cui v. la richiamata decisione 27 novembre 2002 de la Cour d’arbitrage, in relazione al ricorso per l’annullamento dell’art. 3 della legge 10 agosto 2001 relativa a Belgacom, in Moniteur belge, 2002 (12), 395.

     (30) Supra par. 3, destinata a favorire lo sviluppo rapido della concorrenza del settore privato.

     (31) Senza alcuna pretesa comparatistica può ricordarsi come il legislatore italiano – dopo l’incipit del d.l. 5 dicembre 1991, n. 386, convertito con la legge 29 gennaio 1992, n. 35 («Trasformazione degli enti pubblici economici, dismissione delle partecipazioni statali ed alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione economica»), parzialmente abrogata dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, derivante dal d.l. 11 luglio 1992, n. 333, recante «Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica» – con la legge 30 luglio 1994, n. 474 («Norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazione dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni»), di conversione del d.l. 31 maggio 1994, n. 332 (cfr. Circolari Assonime, n. 83/1994 e n. 135/1994, in Riv. soc., p. 763 ss.), ha dettato modalità e regole cui le trasformazioni devono uniformarsi. Ha evidenziato in proposito un autorevole studioso: «È una legge importante proprio per la intensità di tali regole … e prevede: (i) l’introduzione di un duplice sistema di alienazione delle partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni, e cioè l’opa e la trattativa diretta con i potenziali acquirenti; (ii) la scelta della modalità di alienazione da effettuarsi con decreto del Presidente del Consiglio; (iii) la non applicazione a tali alienazioni delle norme sulla contabilità di Stato», V. BUONOCORE, Considerazioni conclusive, in Privatizzazioni e regioni (a cura di V. Buonocore e G. Racugno), Milano 2003, p. 215.

     (32) In argomento, da ultimo, cfr. S.M. CARBONE, Brevi note in tema di privatizzazioni e diritto comunitario, in Dir. comm. int., 1999, p. 231 ss., e L. MARINI, Privatizzazioni e liberalizzazione delle condizioni concorrenziali nella comunità Europea, ivi, 1999, p. 169 ss.

     (33) Costituita nel 1992 dal Ministro delle finanze sulla base di un potere regolamentare riservato dalla Costituzione al Re, su cui v. N. THIRION, Les privatisations, cit., p. 483 ss., ove anche una comparazione con il Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia istituito in Italia dalla direttiva del Presidente del consiglio del 15 ottobre 1993 per l’accelerazione delle procedure di cessione delle partecipazioni dello stato delle società per azioni derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici.

     (34) Neppure, di regola, accompagnati da alcun obbligo di rendicontazione in ordine alle cessioni realizzate o alle procedure seguite.

     (35) Cfr. N. THIRION, Les privatisations, cit., p. 371, ove un raffronto con la Costituzione francese del 1958, che, all’art. 34, stabilisce «la loi fixe … les règles concernant les transferts de propriété d’enterprises du secteur pubblic au secteur privé». L’A. sottolinea (p. 373) come la delega in favore dell’esecutivo ha avuto la funzione di evitare «débats trop houleux» e «l’occasion de joutes parlementaires».

     (36) Che sovente accordano sussidi al settore privato durante la transizione verso la privatizzazione; sotto connesso ma differente profilo vanno ricordati gli incentivi addizionali riservati agli acquirenti sia nel prezzo di vendita come in termini di ulteriori bonus: il c.d. underpricing.

     (37) Cfr., per esempio, l’art. 100 della legge 22 luglio 1993 che affida al Re il compito di regolare le modalità delle privatizzazioni. Il mancato ricorso à l’expertise externe quale causa di «opacité générale des procédures belges des privatisations» è sottolineata con forte evidenza da N. THIRION, Les privatisation, cit., p. 491, ed ancora p. 557.

     (38) J.F. FLAUSS, Les mutations de propriété dans les pays d’Europe centrale et orientale à l’épreuve de l’article premier du Protocole additionnel, in La mise en oeuvre interne de la Convention européenne des droits de l’homme, Bruxelles, 1994, p. 229.

     (39) D. YERNAULT, Constitution, privatisation, cit., p. 49 ss.

     (40) D. YERNAULT, Constitution, privatisations, cit., p. 49.

     (41) Può rilevarsi come questo modus procedendi ha caratterizzato indifferentemente le varie coalizioni politiche che hanno governato in Belgio, siano queste fiamminghe o francofone, con connesse intromissioni delle parti politiche nel processo di privatizzazione: il contrario di quanto è avvenuto in Gran Bretagna, cfr. D. M. NEWBERY, Che cosa può imparare l’Europa dalle privatizzazioni britanniche, in Privatizzazioni e benessere, cit., p. 70 ss.

     (42) La Raccomandazione n. R (93)7 relativa alle privatizzazioni di imprese e attività pubbliche adottata il 18 ottobre 1993, dispone: «Lorsque l’entreprise à privatiser ou le programme de privatisation revêtent une certaine importance de par leur envergure ou de par le nombre d’entreprises concernées, ou encore en raison de la nature des activités faisant l’objet de la privatisation, les pouvoirs publics devraient veiller à ce que le public dispose des informations permettant l’exercice normal du contrôle démocratique. Ces informations devraient porter sur les motifs et sur les conditions dans lesquelles il sera procédé à cette privatisation. La divulgation de ces informations ne devrait être limitée que dans la mesure où l’intérêt général ou l’existence de secrets garantis par la loi le rendent nécessaire».

 

Top

Home Page