Effettivamente,
considerato che la riforma del diritto societario intende ampliare
la sfera di autonomia privata, non è agevole individuare
nuove norme inderogabili;
semmai, succede il contrario, ossia che norme ora inderogabili,
cessano di esserlo nella riforma.
Invero, nuove norme inderogabili
possono essere ravvisate nel caso in cui la riforma contenga precisazioni
circa disposizioni inderogabili già vigenti. Ad esempio,
il nuovo art. 2328, n. 4, cod. civ. impone di indicare, non già
l’oggetto sociale, bensì «l’attività
che costituisce l’oggetto sociale»: sembrerebbe perciò
che le società esistenti con statuti che prevedano come
oggetto sociale una pluralità disparata di attività,
debbano precisare il loro oggetto sociale.
Inoltre, poiché gli statuti
sociali frequentemente riproducono disposizioni normative, qualora
la riforma ne innovi il testo, si rende necessario un adeguamento
statutario. Per fare un esempio banale, il vigente art. 2364,
2° comma, cod. civ. fissa, per la convocazione dell’assemblea
di approvazione del bilancio, un termine di quattro mesi dalla
chiusura dell’esercizio, mentre la novella fissa un termine
di 120 giorni (ossia un termine che, negli anni bisestili, è
più breve di quello attuale). Ugualmente, qualora lo statuto
di una società esistente riproduca la norma vigente in
tema di conflitto di interesse dell’amministratore, disponendone
l’esclusione dal voto, tale disposizione statutaria si trova
in contrasto con il nuovo art. 2391 cod. civ., che consente all’amministratore
di votare. In tutti questi casi, nuove norme inderogabili impongono
la modificazioni di disposizioni statutarie.
Infine, poiché la riforma
del diritto societario comprende anche il decreto in materia processuale,
le nuove norme inderogabili vanno ricercate anche in quest'ultimo.
Così, se lo statuto di una società esistente preveda
una clausola compromissoria, conferendo il potere di nomina degli
arbitri alle parti, tale disposizione è in contrasto con
l’art. 34 del d. lgs. n. 5/2003 e va modificata. |