il diritto commerciale d’oggi
    II.6 – giugno 2003

Giurisprudenza

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE, 20 maggio 2003 – proced. C-469/00– Rodríguez Iglesias Presidente – Gulmann Estensore; Ravil SARL c. Biraghi s.p.a.
   L’uso di una denominazione di origine protetta (nella specie DOP «Grana Padano») può essere subordinato a una condizione di realizzazione, nella zona di produzione, di operazioni, quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto, qualora tale condizione sia prevista nel disciplinare.

 

    (Omissis)
     1.
     Con ordinanza 19 dicembre 2000, pervenuta alla Corte il 27 dicembre successivo, la Cour de cassation ha posto, ai sensi dell’art. 234 CE, una questione pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 29 CE.

     2.
     Tale questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Ravil SARL (in prosieguo: la «Ravil»), con sede in Francia e, dall’altro, la Biraghi SpA (in prosieguo: la «Biraghi»), con sede in Italia, produttore di formaggio «Grana Padano», nonché la Bellon import SARL (in prosieguo: la «Bellon»), con sede in Francia, importatore e distributore esclusivo dei prodotti della Biraghi per la Francia, relativamente alla commercializzazione da parte della Ravil, in Francia, con la denominazione «Grana Padano râpé frais», di formaggio «Grana Padano» grattugiato e confezionato in questo Stato membro.

Ambito normativo
Il diritto internazionale e la normativa nazionale

     3.
     Gli artt. 1 e 3 della convenzione tra l’Italia e la Francia per la protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni di provenienza e delle denominazioni di alcuni prodotti, sottoscritta a Roma il 28 aprile 1964 (in prosieguo: la «convenzione franco-italiana») stabiliscono:
     «Article premier
     Chacun des États contractants s’engage à prendre toutes mesures nécessaires pour assurer efficacement la protection des produits naturels et fabriqués, originaires du territoire de l’autre État, contre la concurrence déloyale dans l’exercice du commerce et pour assurer une protection efficace aux dénominations figurant aux annexes A [produits originaires de France] et B [produits originaires d’Italie] à la présente convention, conformément aux dispositions des articles 2 à 6 ci-après.
     (…)
     Article 3
     Les dénominations figurant à l’annexe B à la présente convention sont réservées exclusivement, sur le territoire de la République française, aux produits ou marchandises italiens et elles ne peuvent y être utilisées que dans les conditions prévues par la législation de la République italienne.
     [Articolo 1
     Ciascuno degli Stati contraenti s’impegna ad adottare tutti i provvedimenti necessari per assicurare efficacemente la protezione dei prodotti naturali e fabbricati, originari del territorio dell’altro Stato, contro la concorrenza sleale nell’esercizio del commercio e ad assicurare una protezione efficace alle denominazioni che figurano agli allegati A (prodotti originari di Francia) e B (prodotti originari d’Italia) alla presente convenzione, conformemente alle disposizioni degli articoli 2-6 qui di seguito.
     (…)
     Articolo 3
     Le denominazioni che figurano all’allegato B della presente convenzione sono riservate esclusivamente, nel territorio della Repubblica francese, ai prodotti o merci italiani e possono essere ivi utilizzate solo alle condizioni previste dalla normativa della Repubblica italiana]».

     4.
     L’allegato B della convenzione franco-italiana riguarda, in particolare, relativamente ai prodotti caseari, il formaggio italiano «Grana Padano».

     5.
     In Italia, le regole di tutela delle denominazioni di origine di formaggi prodotti in questo Stato membro, tra cui il «Grana Padano», nonché le loro zone di produzione, sono state definite dalla legge 10 aprile 1954, n. 125, tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi, e dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 1955, n. 1269, riconoscimento delle denominazioni circa i metodi di lavorazione, caratteristiche merceologiche e zone di produzione dei formaggi.

     6.
     La denominazione di origine «Grana Padano» è stata estesa alla forma grattugiata del prodotto con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 novembre 1991, estensione della denominazione di origine del formaggio «Grana Padano» alla tipologia «grattugiato» (in prosieguo: il «decreto 4 novembre 1991»), allorché il prodotto grattugiato è ottenuto esclusivamente a partire da un formaggio intero che ha diritto alla denominazione di origine di cui trattasi, e a condizione che le operazioni di grattugiatura siano effettuate nella zona di produzione e che il formaggio venga confezionato immediatamente senza alcun trattamento né aggiunta di sostanze tali da modificare la conservabilità e le caratteristiche organolettiche originarie.

Il diritto comunitario

     7.
     L’art. 29 CE stabilisce:
     «Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente».

     8.
     In forza dell’art. 30 CE, l’art. 29 CE lascia impregiudicati i divieti o restrizioni all’esportazione giustificati da motivi, in particolare, di tutela della proprietà industriale e commerciale.

     9.
     L’art. 2 del regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari, modificato dall’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l’Unione europea (in prosieguo: il «regolamento n. 2081/92») stabilisce:
     «1. La protezione comunitaria delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli ed alimentari è ottenuta conformemente al presente regolamento.
     2. Ai fini del presente regolamento si intende per:
     a) denominazione d’origine: il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare:
     – originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e
     – la cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali ed umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell’area geografica delimitata;
     (…)».

     10.
     L’art. 4 dello stesso regolamento precisa:
     «1. Per beneficiare di una denominazione d’origine protetta (DOP) (…) i prodotti devono essere conformi ad un disciplinare.
     2. Il disciplinare comprende almeno i seguenti elementi:
     a) il nome del prodotto agricolo o alimentare che comprende la denominazione d’origine (…);
     b) la descrizione del prodotto agricolo o alimentare mediante indicazione delle materie prime, se del caso, e delle principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche e/o organolettiche del prodotto agricolo o alimentare;
     c) la delimitazione della zona geografica (…);
     d) gli elementi che comprovano che il prodotto agricolo o alimentare è originario della zona geografica ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a) (…);
     e) la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto e, se del caso, i metodi locali, leali e costanti;
     f) gli elementi che comprovano il legame con l’ambiente geografico o con l’origine geografica ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a) (…);
     g) i riferimenti relativi alle strutture di controllo previste all’articolo 10;
     h) gli elementi specifici dell’etichettatura connessi alla dicitura DOP (…) o le diciture tradizionali nazionali equivalenti;
     i) le eventuali condizioni da rispettare in forza di disposizioni comunitarie e/o nazionali».

     11.
     Gli artt. 5-7 prevedono una procedura normale di registrazione delle DOP. Questa procedura comprende la presentazione di una domanda alla Commissione per il tramite di uno Stato membro (art. 5, nn. 4 e 5). Questa domanda include un disciplinare conforme all’art. 4 (art. 5, n. 3). La Commissione verifica che la domanda comprenda tutti gli elementi di cui all’art. 4 (art. 6, n. 1). Se essa perviene ad una conclusione positiva, pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, in particolare, la denominazione del prodotto, gli estremi della domanda e i riferimenti alle disposizioni nazionali che disciplinano l’elaborazione, la produzione o la fabbricazione del prodotto (art. 6, n. 2). Ogni Stato membro o qualsiasi persona fisica o giuridica legittimamente interessata può opporsi alla registrazione e l’opposizione in tal caso viene esaminata secondo una procedura determinata (art. 7). In assenza di opposizione, la Commissione registra la denominazione e la pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (art. 6, nn. 3 e 4).

     12.
     L’art. 8 stabilisce:
     «Le menzioni DOP (…) o le menzioni tradizionali equivalenti possono figurare solo su prodotti agricoli ed alimentari conformi al presente regolamento».

     13.
     L’art. 10, n. 1, prevede:
     «Gli Stati membri provvedono a che entro sei mesi dell’entrata in vigore del presente regolamento vi siano strutture di controllo aventi il compito di garantire che i prodotti agricoli e alimentari recanti una denominazione protetta rispondano ai requisiti del disciplinare (…)».

     14.
     L’art. 13, n. 1, lett. a), stabilisce che le denominazioni registrate sono tutelate contro qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di una denominazione registrata per prodotti che non sono oggetto di registrazione, nella misura in cui questi ultimi siano comparabili ai prodotti registrati con questa denominazione o nella misura in cui l’uso di tale denominazione consenta di sfruttare indebitamente la reputazione della denominazione protetta.

     15.
     L’art. 17 organizza una procedura semplificata di registrazione di denominazioni già giuridicamente protette:
     «1. Entro un termine di sei mesi a decorrere dalla data dell’entrata in vigore del presente regolamento, gli Stati membri comunicano alla Commissione quali denominazioni, tra quelle giuridicamente protette (…), essi desiderano far registrare a norma del presente regolamento.
     2. La Commissione registra, secondo la procedura prevista all’articolo 15 [assistenza di un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e, eventualmente, intervento del Consiglio], le denominazioni di cui al paragrafo 1 conformi agli articoli 2 e 4. L’articolo 7 [relativo al diritto di opposizione] non si applica (…).
     3. Gli Stati membri possono mantenere la protezione nazionale delle denominazioni comunicate in conformità del paragrafo 1 sino alla data in cui viene presa una decisione in merito alla registrazione».

     16.
     Il 12 giugno 1996 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 1107, relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui all’articolo 17 del regolamento n. 2081/92.

     17.
     Questo regolamento, entrato in vigore il 21 giugno 1996, reca la registrazione, in particolare, della denominazione di origine protetta (in prosieguo: la «DOP») «Grana Padano» sotto la rubrica «Formaggi».

Causa principale

     18.
     La Ravil importa, grattugia, preconfeziona e distribuisce diverse varietà di formaggi in Francia. Al momento della presentazione del ricorso nella causa principale, essa seguiva questo procedimento, in particolare, relativamente al «Grana Padano», che commercializzava con la denominazione «Grana Padano râpé frais» e per il quale aveva messo a punto, nel 1989, le tecniche che ne consentivano il confezionamento.

     19.
     Nel 1996 la Bellon e la Biraghi hanno citato la Ravil dinanzi al Tribunal de commerce de Marseille (Francia) chiedendo che la stessa venisse condannata a sospendere la commercializzazione di formaggio grattugiato recante la denominazione «Grana Padano râpé frais» e a risarcire il danno che esse ritenevano di aver subito dal 1992.

     20.
     Esse hanno basato la loro azione sugli artt. 1 e 3 della convenzione franco-italiana e sul decreto 4 novembre 1991, entrato in vigore nel 1992, in quanto subordina l’uso della denominazione «Grana Padano» per formaggio grattugiato alla condizione che le operazioni di grattugiatura siano effettuate nella zona di produzione e che il confezionamento avvenga immediatamente a determinate condizioni.

     21.
Con sentenza 5 novembre 1997, il Tribunal de commerce de Marseille ha accolto la domanda condannando la Ravil al pagamento del risarcimento dei danni per gli atti di commercializzazione compiuti a decorrere dal 1992 e vietandole la distribuzione di formaggio recante la denominazione «Grana Padano râpé frais».

     22.
La Ravil ha interposto appello contro questa sentenza.

     23.
     Con sentenza 5 marzo 1998, la Cour d’appel d’Aix-en-Provence (Francia) ha confermato tale decisione ritenendo che gli atti di concorrenza sleale fossero sufficientemente caratterizzati dalla commercializzazione in Francia, dal 1992, del formaggio «Grana Padano» nella forma grattugiata, in quanto la Ravil avrebbe violato la normativa italiana per effettuare operazioni a costo inferiore ed accaparrarsi una quota di mercato a scapito dei concorrenti operanti nel rispetto della normativa.

     24.
     Adita con un ricorso per cassazione presentato dalla Ravil, la Cour de cassation, facendo riferimento alle sentenze 9 giugno 1992, causa C-47/90, Delhaize e Le Lion e 16 maggio 2000, causa C-388/95, Belgio/Spagna, ha ritenuto che la soluzione della controversia dipendesse dall’interpretazione dell’art. 29 CE.

     25.
     Essa ha quindi deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
     «Se l’art. 29 CE debba interpretarsi nel senso che esso si oppone ad una normativa nazionale che riserva la denominazione d’origine Grana Padano al solo formaggio grattugiato nella zona di produzione, ove un siffatto obbligo non sia indispensabile al mantenimento delle caratteristiche specifiche acquisite da tale prodotto».

Sulla questione pregiudiziale

     26.
     In via preliminare, occorre constatare che il disciplinare sulla base del quale la DOP «Grana Padano» è stata registrata con il regolamento n. 1107/96 riguarda esplicitamente il decreto 4 novembre 1991 relativamente alle condizioni da rispettare in forza di disposizioni nazionali, ai sensi dell’art. 4, n. 2, lett. i), del regolamento n. 2081/92.

     27.
     Nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’art. 234 CE spetta a quest’ultima fornire al giudice a quo una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia ad esso sottoposta. In tale prospettiva spetta alla Corte, se del caso, riformulare la questione ad essa deferita (v., in particolare, sentenza 28 novembre 2000, causa C-88/99, Roquette Frères). Essa può anche essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione (v., in particolare, sentenza 18 maggio 2000, causa C-230/98, Schiavon).

     28.
     Nella motivazione della sua ordinanza, il giudice del rinvio ritiene che il decreto 4 novembre 1991 costituisca una misura d’effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione. A suo parere, sorge quindi la questione se l’art. 29 CE si opponga a una tale normativa nazionale.

     29.
     La causa principale riguarda due periodi successivi. Il primo, assoggettato alla convenzione franco-italiana, è compreso tra il 1992, data di entrata in vigore del decreto 4 novembre 1991, e il 20 giugno 1996. Il secondo, assoggettato ai regolamenti nn. 2081/92 e 1107/96, ha avuto inizio il 21 giugno 1996, data di entrata in vigore del regolamento n. 1107/96, che ha registrato la DOP «Grana Padano».

     30.
     La soluzione della causa principale richiederà un esame distinto, da parte del giudice nazionale, di ciascuno dei due periodi.

     31.
     Al fine di dare una soluzione utile della questione pregiudiziale, quest’ultima sarà riformulata per quanto riguarda ciascuno di questi periodi, assoggettati rispettivamente alla convenzione franco-italiana e ai regolamenti nn. 2081/92 e 1107/96, ai quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento.

     32.
     Sempre in via preliminare, occorre rilevare che, nella causa principale, sono in discussione operazioni di grattugiatura e di confezionamento effettuate in una fase diversa rispetto a quelle della vendita al dettaglio e della ristorazione, per le quali non è contestato il fatto che non si applica il decreto 4 novembre 1991.

     33.
     Pertanto, allorché si farà riferimento, nel seguito della presente sentenza, alla condizione di grattugiatura e di confezionamento nella zona di produzione, saranno considerate solo le operazioni di grattugiatura e di confezionamento effettuate in una fase diversa da quelle della vendita al dettaglio e della ristorazione.

Periodo precedente l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/96

     34.
     Per quanto riguarda il periodo dal 1992 al 20 giugno 1996, il governo italiano sottolinea che il decreto 4 novembre 1991 è entrato in vigore successivamente alla convenzione franco-italiana, che imponeva il rispetto, nel territorio francese, delle denominazioni d’origine italiane elencate nel suo allegato. A suo parere, potevano sussistere dubbi circa l’applicabilità di tale decreto alla causa principale, in quanto la convenzione franco-italiana non fa alcun riferimento al formaggio «Grana Padano râpé frais», prevedendo solo l’obbligo di rispettare la denominazione di origine del formaggio intero. Il governo italiano ritiene che spetti al giudice nazionale esaminare tale punto di diritto e che, se esso dovesse pervenire alla conclusione che il decreto 4 novembre 1991 non è applicabile, nessuna violazione di questo decreto potrebbe essere addebitata alla Ravil per il periodo in esame.

     35.
     A tal riguardo occorre rilevare che spetta effettivamente al giudice nazionale valutare se il decreto 4 novembre 1991 si applichi a questo periodo in forza della convenzione franco-italiana. Solo in caso affermativo quindi una soluzione della questione pregiudiziale sarà utile per la soluzione della causa principale per tale periodo.

     36.
     Con questa riserva, il giudice nazionale intende in sostanza accertare, per quanto riguarda il periodo precedente l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/96, se l’art. 29 CE debba essere interpretato nel senso che una convenzione conclusa tra due Stati membri A e B, quale la convenzione franco-italiana, renda applicabile nello Stato membro A una normativa nazionale dello Stato membro B, come quella cui si riferisce il giudice nazionale, in forza della quale la denominazione di origine di un formaggio, protetta nello Stato membro B, è riservata, per il formaggio commercializzato grattugiato, a quello grattugiato e confezionato nella zona di produzione.

     37.
     In via preliminare, occorre rilevare che le disposizioni di una convenzione stipulata tra due Stati membri non possono applicarsi nei rapporti fra gli Stati stessi qualora si rivelassero in contrasto con le norme del Trattato, in particolare con le norme sulla libera circolazione delle merci (v., in tal senso, sentenza 10 novembre 1992, causa C-3/91, Exportur).

     38.
     Si deve poi osservare che, con la questione, così come riformulata, s’intende accertare se la convenzione bilaterale, in quanto rende applicabile nello Stato membro A una normativa nazionale dello Stato membro B come quella di cui trattasi nella causa principale, costituisca una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione e, in caso affermativo, se questa restrizione sia giustificata dalla tutela dei diritti di proprietà industriale e commerciale e, in particolare, della reputazione della denominazione di origine di cui trattasi, mediante il mantenimento delle qualità e delle caratteristiche del prodotto nonché mediante la garanzia della sua autenticità.

Sulla natura di misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione di una convenzione bilaterale che rende applicabile una condizione di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nella zona di produzione per una denominazione d’origine quale la denominazione «Grana Padano»

     39.
     La Ravil, il governo spagnolo nonché, implicitamente, il governo italiano e la Commissione ritengono che una condizione di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nella zona di produzione costituisca una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi dell’art. 29 CE.

     40.
     A tal riguardo, occorre ricordare che l’art. 29 CE vieta tutti i provvedimenti nazionali che hanno l’oggetto o l’effetto di restringere specificamente le correnti d’esportazione e di costituire in tal modo una differenza di trattamento fra il commercio interno di uno Stato membro ed il suo commercio d’esportazione, così da assicurare un vantaggio particolare alla produzione nazionale o al mercato interno dello Stato interessato (v., in particolare, a proposito di misure nazionali, sentenza 23 maggio 2000, causa C-209/98, Sydhavnens Sten & Grus).

     41.
     Una convenzione bilaterale che rende applicabile una condizione di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nella zona di produzione per una denominazione di origine quale la denominazione «Grana Padano» ha come conseguenza che formaggio prodotto nella zona di produzione, che soddisfa le altre condizioni richieste per poter beneficiare della denominazione di origine, non può essere grattugiato al di fuori di tale zona, salvo essere privato di questa denominazione.

     42.
     Per contro, il formaggio di denominazione d’origine trasportato all’interno della zona di produzione conserva il suo diritto alla denominazione d’origine allorché è ivi grattugiato e confezionato conformemente alla normativa nazionale.

     43.
     La convenzione bilaterale che rende questa normativa applicabile in un altro Stato membro ha quindi per effetto di restringere specificamente le correnti di esportazione del formaggio che può recare la denominazione d’origine e di creare così una disparità di trattamento tra il commercio interno di uno Stato membro e il suo commercio di esportazione. Pertanto, essa comporta restrizioni quantitative all’esportazione ai sensi dell’art. 29 CE (v., nello stesso senso, a proposito di una misura nazionale, la sentenza Belgio/Spagna, cit., punti 38 e 40-42).

     44.
     Una convenzione conclusa fra due Stati membri A e B, quale la convenzione franco-italiana, in quanto rende applicabile nello Stato membro A una normativa nazionale dello Stato membro B come quella di cui trattasi nella causa principale, costituisce quindi una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi dell’art. 29 CE.

Sulla giustificazione di una convenzione bilaterale in quanto rende applicabile una condizione di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nella zona di produzione

     45.
La Ravil sostiene che una condizione di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nella zona di produzione è incompatibile con l’art. 29 CE, in quanto un tale obbligo non è indispensabile per la conservazione dei caratteri specifici che questo prodotto ha acquisito.

     46.
     La Bellon, la Biraghi, i governi spagnolo e italiano nonché la Commissione ritengono che la condizione di cui trattasi nella causa principale sia giustificata a titolo della protezione della proprietà industriale e commerciale. Essi ritengono che si possa trasferire nella presente causa la giurisprudenza che risulta dalla citata sentenza Belgio/Spagna, in cui la Corte ha dichiarato che una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione, costituita dall’obbligo d’imbottigliare un vino, cui è attribuita una denominazione d’origine, nella sua zona di produzione per poter utilizzare la denominazione d’origine, era giustificata in quanto era intesa a preservare la reputazione della denominazione garantendo, oltre all’autenticità del prodotto, il mantenimento delle sue qualità e delle sue caratteristiche.

     47.
     In via preliminare, occorre ricordare che, conformemente all’art. 30 CE, l’art. 29 CE lascia impregiudicati i divieti o restrizioni all’esportazione giustificati da motivi, in particolare, di tutela della proprietà industriale e commerciale.

     48.
     Occorre rilevare che la normativa comunitaria manifesta una tendenza generale alla valorizzazione della qualità dei prodotti nell’ambito della politica agricola comune, al fine di promuoverne la reputazione grazie, in particolare, all’uso di denominazioni di origine oggetto di una tutela particolare (v. sentenza Belgio/Spagna, cit., punto 53). Tale tendenza si è concretata nel settore dei vini di qualità con l’adozione del regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 823, che stabilisce disposizioni particolari per i vini di qualità prodotti in regioni determinate, abrogato e sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1493, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. Essa si è manifestata anche, relativamente ad altri prodotti agricoli, con l’adozione del regolamento n. 2081/92, il quale, alla luce dei suoi ‘considerando’, mira in particolare a soddisfare l’attesa dei consumatori in materia di prodotti di qualità e di un’origine geografica certa nonché a facilitare il conseguimento da parte dei produttori, in condizioni di concorrenza uguali, di migliori redditi in contropartita di uno sforzo qualitativo reale.

     49.
     Le denominazioni di origine rientrano nei diritti di proprietà industriale e commerciale. La normativa pertinente tutela i beneficiari contro l’uso illegittimo delle dette denominazioni da parte di terzi che intendano profittare della reputazione da esse acquisita. Tali denominazioni sono dirette a garantire che il prodotto cui sono attribuite provenga da una zona geografica determinata e possieda talune caratteristiche particolari. Esse possono godere di una grande reputazione presso i consumatori e costituire per i produttori che soddisfano le condizioni per usarle un mezzo essenziale per costituirsi una clientela. La reputazione delle denominazioni di origine dipende dall’immagine di cui queste godono presso i consumatori. A sua volta tale immagine dipende, essenzialmente, dalle caratteristiche particolari e, in generale, dalla qualità del prodotto. E’ quest’ultima, in definitiva, che costituisce il fondamento della reputazione del prodotto (v. sentenza Belgio/Spagna, cit., punti 54-56). Nella percezione del consumatore, il nesso tra la reputazione dei produttori e la qualità dei prodotti dipende inoltre dalla sua convinzione che i prodotti venduti con la denominazione di origine sono autentici.

     50.
     Una convenzione bilaterale quale la convenzione franco-italiana, in quanto rende applicabile una condizione di grattugiatura e di confezionamento nella zona di produzione, mira a consentire ai beneficiari della denominazione d’origine interessata di conservare il controllo di una delle presentazioni del prodotto sul mercato. La condizione che essa rende applicabile ha come fine di meglio salvaguardare la qualità e l’autenticità del prodotto nonché, di conseguenza, la reputazione della denominazione di origine, di cui i beneficiari si assumono, pienamente e collettivamente, la responsabilità.

     51.
     In tale contesto, una tale convenzione bilaterale può essere applicata nei rapporti tra i due Stati membri nonostante i suoi effetti restrittivi sugli scambi, se è dimostrato che essa costituisce un mezzo necessario e proporzionato idoneo a preservare la reputazione di cui gode la denominazione di origine interessata (v., nello stesso senso, sentenza Belgio/Spagna, cit., punti 58 e 59).

     52.
     A tal riguardo, occorre constatare che un formaggio come il «Grana Padano» viene consumato in proporzioni considerevoli nella forma grattugiata e che tutte le operazioni che portano a questa presentazione sono concepite per ottenere, in particolare, un sapore, un colore e una struttura determinati, che saranno apprezzati dal consumatore.

     53.
     La grattugiatura e il confezionamento del formaggio costituiscono quindi operazioni importanti, che possono nuocere alla qualità e, di conseguenza, alla reputazione della denominazione di origine se vengono effettuate in condizioni che portano a un prodotto non conforme alle qualità organolettiche associate a quest’ultimo. Queste operazioni possono anche compromettere la garanzia di autenticità del prodotto, poiché hanno necessariamente come conseguenza l’eliminazione della marchiatura di origine delle forme intere utilizzate.

     54.
     Il decreto 4 novembre 1991 definisce in maniera dettagliata le condizioni che deve soddisfare il formaggio grattugiato commercializzato con la denominazione «Grana Padano».

     55.
     Conformemente al suo art. 1, il formaggio grattugiato deve essere ottenuto senza nessun trattamento e senza aggiunta di sostanze atte a modificare la conservabilità e le caratteristiche organolettiche originarie.

     56.
     In forza del suo art. 2, il formaggio grattugiato deve presentare le caratteristiche seguenti:
     – presenza di grassi sulla sostanza secca non inferiore al 32%;
     – età non inferiore a nove mesi e dentro i limiti fissati dallo standard di produzione;
     – additivi: secondo legge;
     – caratteri organolettici: conformi alle definizioni stabilite dallo standard di produzione;
     – umidità: non inferiore al 25% e non superiore al 35%;
     – aspetto: non pulverulento ed omogeneo, particelle con diametro inferiore a 0,5 mm non superiori al 25%;
     – quantità di crosta: non superiore al 18%;
     – composizione amino-acida: specifica del «Grana Padano».

     57.
     Il rispetto di questi requisiti comporta interventi tecnici e di controllo molto precisi, vertenti sull’autenticità e la qualità del formaggio. Taluni richiedono valutazioni specializzate, in particolare per quanto riguarda i caratteri organolettici e la composizione di questo prodotto.

     58.
     Inoltre, poiché il formaggio grattugiato fresco è un prodotto molto sensibile, la conservazione dei suoi caratteri organolettici presuppone un confezionamento immediato in condizioni tali da evitare ogni essiccazione.

     59.
     Per il resto, un confezionamento immediato in un imballaggio recante la denominazione d’origine può meglio garantire l’autenticità del prodotto grattugiato, il quale, per natura, è più difficilmente identificabile rispetto a una forma intera.

     60.
     In tale contesto, si deve ammettere che controlli effettuati al di fuori della zona di produzione fornirebbero meno garanzie in merito alla qualità e all’autenticità del prodotto rispetto a quelli effettuati nella zona di produzione sotto la responsabilità dei beneficiari della denominazione (v., nello stesso senso, sentenza Belgio/Spagna, cit., punto 67). Infatti, da un lato, controlli effettuati nella zona di produzione sotto la responsabilità dei beneficiari della denominazione di origine presentano un carattere approfondito e sistematico e sono effettuati da professionisti che hanno una conoscenza specializzata delle caratteristiche del prodotto. Dall’altro, sarebbe difficilmente concepibile che i rappresentanti dei beneficiari della denominazione possano instaurare efficacemente tali controlli negli altri Stati membri.

     61.
     Il rischio per la qualità e l’autenticità del prodotto infine offerto al consumo è, di conseguenza, più rilevante allorché esso è stato grattugiato e confezionato al di fuori della zona di produzione rispetto a quando lo è stato all’interno della detta zona (v., nello stesso senso, sentenza Belgio/Spagna, cit., punto 74).

     62.
Questa constatazione non è inficiata dal fatto che la grattugiatura del prodotto possa essere effettuata, quanto meno a talune condizioni, da dettaglianti e ristoratori al di fuori della zona di produzione. Infatti, quest’operazione deve essere effettuata, in via di principio, dinanzi al consumatore, o, quanto meno, quest’ultimo può richiedere che questo avvenga al fine, in particolare, di verificare la presenza del marchio di origine sulla forma utilizzata. In particolare, operazioni di grattugiatura e di confezionamento effettuate a monte della fase del commercio al dettaglio o della ristorazione costituiscono, a causa dei quantitativi di prodotti interessati, un rischio di gran lunga più concreto per la reputazione di una denominazione di origine, in caso di controllo insufficiente dell’autenticità del prodotto e della sua qualità, rispetto ad operazioni effettuate da dettaglianti o ristoratori.

     63.
     Pertanto, una convenzione bilaterale che rende applicabile una condizione di grattugiatura e di confezionamento nella zona di produzione, al fine di preservare la reputazione del prodotto potenziando il controllo delle sue caratteristiche particolari e della sua qualità, può essere considerata giustificata come misura di tutela della denominazione di origine di cui beneficia la collettività degli operatori interessati e che riveste per questi ultimi un’importanza decisiva (v., nello stesso senso, sentenza Belgio/Spagna, cit.).

     64.
     La restrizione che ne deriva può essere considerata necessaria per la realizzazione dell’obiettivo perseguito, nel senso che non esistono misure alternative meno restrittive e idonee a conseguirlo.

     65.
     A tale riguardo, la denominazione di origine non sarebbe tutelata in maniera comparabile da un obbligo, imposto agli operatori stabiliti al di fuori della zona di produzione, di informare i consumatori, mediante un’adeguata etichettatura, del fatto che la grattugiatura e il confezionamento sono avvenuti al di fuori di tale zona. Infatti, un pregiudizio alla qualità o all’autenticità di un formaggio grattugiato e confezionato al di fuori della zona di produzione, dovuto al realizzarsi dei rischi connessi alle operazioni di grattugiatura e di confezionamento, potrebbe nuocere alla reputazione di tutti i formaggi smerciati con la denominazione di origine compresi quelli grattugiati e confezionati nella zona di produzione sotto il controllo della collettività beneficiaria di tale denominazione (v., nello stesso senso, sentenza Belgio/Spagna, cit.).

     66.
Occorre quindi concludere che la restrizione derivante da una convenzione bilaterale quale quello di cui trattasi nella causa principale è giustificata dalla tutela dei diritti di proprietà industriale e commerciale e, in particolare, della reputazione della denominazione di origine in questione, mediante il mantenimento delle qualità e delle caratteristiche del prodotto nonché mediante la garanzia della sua autenticità.

     67.
Per quanto riguarda il periodo precedente all’entrata in vigore del regolamento n. 1107/96, occorre quindi risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 29 CE dev’essere interpretato nel senso che non si oppone a che una convenzione conclusa fra due Stati membri A e B, quale la convenzione franco-italiana, rende applicabile nello Stato membro A una normativa nazionale dello Stato membro B, quale quella cui si riferisce il giudice nazionale, in forza della quale la denominazione di origine di un formaggio, tutelata nello Stato membro B, è riservata, per il formaggio commercializzato grattugiato, a quello grattugiato e confezionato nella zona di produzione.

Periodo successivo all’entrata in vigore del regolamento n. 1107/96

     68.
     In quanto si riferisce al periodo che ha avuto inizio il 21 giugno 1996, la questione pregiudiziale solleva problemi d’interpretazione analoghi a quelli esaminati dalla Corte nella sentenza pronunciata oggi, Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita (procedimento C-108/01), relativamente a una condizione di affettamento e di confezionamento nella zona di produzione del «Prosciutto di Parma», altro prodotto che beneficia di una DOP in forza dei regolamenti nn. 2081/92 e 1107/96.

     69.
     Come nella detta sentenza, la questione pregiudiziale posta nella presente causa richiede che siano forniti elementi d’interpretazione su quattro punti di diritto.

     70.
     In primo luogo, occorre esaminare se il regolamento n. 2081/92 debba essere interpretato nel senso che si oppone a che l’uso di una DOP sia subordinato a una condizione di realizzazione, nella zona di produzione, di operazioni quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto.

     71.
     In secondo luogo, occorre esaminare se il fatto di subordinare a una tale condizione l’uso della DOP «Grana Padano» per il formaggio commercializzato grattugiato costituisca una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi dell’art. 29 CE.

     72.
     In terzo luogo, si deve verificare se, in caso affermativo, la condizione di cui trattasi possa essere considerata giustificata e, pertanto, compatibile con quest’ultima disposizione.

     73.
Infine, in quarto luogo, si deve esaminare se questa condizione possa essere fatta valere nei confronti degli operatori economici, allorché non è stata portata a loro conoscenza.

Sulla possibilità di subordinare l’uso di una DOP a una condizione di realizzazione, nella zona di produzione, di operazioni quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto

     74.
     La Bellon, la Biraghi, i governi francese e italiano nonché la Commissione ritengono in sostanza che il regolamento n. 2081/92 non si opponga a che l’uso di una DOP sia subordinato a una condizione di realizzazione, nella zona di produzione, di operazioni quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto.

     75.
     A tal riguardo, sia dalla formulazione sia dalla struttura del regolamento n. 2081/92 risulta che il disciplinare costituisce lo strumento che determina l’ampiezza della tutela uniforme che questo regolamento introduce nella Comunità.

     76.
     Infatti, l’art. 4, n. 1, del regolamento n. 2081/92 subordina il beneficio di una DOP alla conformità del prodotto a un disciplinare. L’art. 8 dello stesso regolamento subordina l’apposizione della menzione «DOP» su un prodotto alla conformità di quest’ultimo al detto regolamento e quindi al disciplinare, mentre l’art. 13 determina poi il contenuto della tutela uniforme conferita alla denominazione registrata. L’art. 10, n. 1, precisa che il compito della struttura di controllo istituita in ogni Stato membro è quello di assicurare che i prodotti recanti una DOP rispondano ai requisiti del disciplinare.

     77.
     Ai sensi dell’art. 4, n. 2, del regolamento n. 2081/92, il disciplinare comprende almeno gli elementi elencati, in maniera non esaustiva, in questa disposizione.

     78.
     Esso contiene quindi, in particolare, quelli indicati nella detta disposizione sub b), d), e), h) e i), ossia:
     – la descrizione del prodotto, delle sue principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche e/o organolettiche;
     – gli elementi che comprovano che il prodotto è originario di una zona geografica delimitata;
     – la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto e, se del caso, i metodi locali, leali e costanti;
     – gli elementi specifici dell’etichettatura connessi alla dicitura «DOP»;
     – le eventuali condizioni da rispettare in forza di disposizioni comunitarie e/o nazionali.

     79.
     Il disciplinare contiene quindi la definizione dettagliata del prodotto protetto, stabilita dai produttori interessati, sotto il controllo dello Stato membro che lo trasmette, quindi della Commissione che registra la DOP, nell’ambito o della procedura normale di cui agli artt. 5-7, o della procedura semplificata di cui all’art. 17 del regolamento n. 2081/92.

     80.
     Questa definizione determina al tempo stesso l’ampiezza degli obblighi da rispettare ai fini dell’uso della DOP e, come suo corollario, l’ampiezza del diritto protetto nei confronti dei terzi per effetto della registrazione della DOP, che sancisce a livello comunitario norme enunciate o cui si fa riferimento nel disciplinare.

     81.
     A tal riguardo, si deve constatare che la formulazione dell’art. 4 del regolamento n. 2081/92 non esclude affatto che siano determinate regole tecniche particolari che si applicano alle operazioni che portano a diverse presentazioni sul mercato di uno stesso prodotto, affinché quest’ultimo, da un lato, soddisfi, per ciascuna di queste presentazioni, il criterio di qualità che i consumatori, secondo il terzo ‘considerando’ di questo regolamento, hanno tendenza a privilegiare da diversi anni e, dall’altro, offra la garanzia di un’origine geografica certa, sempre più ricercata secondo lo stesso ‘considerando’.

     82.
In considerazione di questi due obiettivi, regole tecniche particolari possono essere di conseguenza adottate per operazioni quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto.

     83.
     Occorre quindi concludere che il regolamento n. 2081/92 dev’essere interpretato nel senso che non si oppone a che l’uso di una DOP sia subordinato a una condizione di realizzazione, nella zona di produzione, di operazioni quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto, qualora una tale condizione sia prevista nel disciplinare.

Sulla natura di misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione della condizione di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nella zona di produzione per la DOP «Grana Padano»

     84.
     La Bellon e la Biraghi ritengono che la registrazione della DOP «Grana Padano» mediante il regolamento n. 1107/96 si opponga a che si possa ammettere l’esistenza di una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione. Infatti, una tale misura potrebbe essere adottata solo da uno Stato membro. Dopo la registrazione di una DOP da parte della Commissione, la protezione istituita non rientrerebbe più nella normativa dello Stato membro di origine del prodotto, ma nella normativa comunitaria, la quale, in considerazione della gerarchia delle norme, s’imporrebbe agli Stati membri nonché ai loro cittadini.

     85.
     Il governo francese ritiene che non occorra chiedersi come interpretare l’art. 29 CE in relazione a una normativa nazionale che riserva la denominazione di origine«Grana Padano» al formaggio grattugiato nella zona di produzione, essendo stata questa normativa legittimata dal regolamento n. 1107/96.

     86.
     A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il divieto di restrizioni quantitative nonché di misure di effetto equivalente vale non solo per i provvedimenti nazionali, ma del pari per quelli adottati dalle istituzioni comunitarie (v., in particolare, sentenze 25 giugno 1997, causa C-114/96, Kieffer e Thill, e 13 settembre 2001, causa C-169/99, Schwarzkopf).

     87.
     Come è stato constatato al punto 26 della presente sentenza, il disciplinare della DOP «Grana Padano» fa riferimento esplicitamente al decreto 4 novembre 1991 relativamente alle condizioni da rispettare in forza di disposizioni nazionali, ai sensi dell’art. 4, n. 2, lett. i) del regolamento n. 2081/92. In quanto registra la DOP «Grana Padano», il regolamento n. 1107/96 fa così della grattugiatura e del confezionamento nella zona di produzione una condizione di utilizzo della DOP «Grana Padano» per il formaggio commercializzato grattugiato.

     88.
     Pertanto, per i motivi indicati ai punti 40-43 della presente sentenza, che si possono trasporre mutatis mutandis all’ipotesi in esame, si deve concludere che il fatto di subordinare l’uso della DOP «Grana Padano» per il formaggio commercializzato grattugiato alla condizione che le operazioni di grattugiatura e di confezionamento siano effettuate nella zona di produzione costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi dell’art. 29 CE.

Sulla giustificazione della condizione di grattugiatura e di confezionamento immediato del prodotto nella zona di produzione

     89.
     Il disciplinare della DOP «Grana Padano», con le condizioni da rispettare in forza delle disposizioni nazionali alle quali rinvia, ossia il decreto 4 novembre 1991, definisce in maniera dettagliata le condizioni che deve soddisfare il formaggio grattugiato commercializzato con la DOP. Queste condizioni comprendono, in particolare, un obbligo di grattugiatura e di confezionamento immediato nella zona di produzione.

     90.
     Per i motivi indicati ai punti 47-66 della presente sentenza, che si possono trasporre mutatis mutandis al problema in esame, si deve concludere che il fatto di subordinare l’uso della DOP «Grana Padano» per il formaggio commercializzato grattugiato alla condizione che le operazioni di grattugiatura e di confezionamento siano effettuate nella zona di produzione può essere considerato giustificato e, quindi, compatibile con l’art. 29 CE.

Sull’opponibilità agli operatori economici della condizione di grattugiatura e di confezionamento nella zona di produzione

     91.
     Occorre ricordare che, in applicazione dell’art. 249, secondo comma, CE, il regolamento, atto di portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

     92.
     A tale titolo, esso crea non solo diritti, ma anche obblighi di cui i singoli possono esigere il rispetto da parte di altri singoli agendo dinanzi ai giudici nazionali.

     93.
     Tuttavia, l’imperativo della certezza del diritto richiede che una normativa comunitaria consenta agli interessati di riconoscere con esattezza l’estensione degli obblighi ch’essa impone loro (v. sentenza 1° ottobre 1998, causa C-209/96, Regno Unito/Commissione).

     94.
     Il regolamento n. 2081/92 enuncia, nel dodicesimo ‘considerando’, che per usufruire della protezione in ciascuno degli Stati membri, le denominazioni d’origine devono essere registrate a livello comunitario e che l’iscrizione in un registro consente altresì di garantire l’informazione degli operatori del settore e dei consumatori.

     95.
     Tuttavia, esso non prevede la pubblicazione del disciplinare o di elementi di quest’ultimo nell’ambito della procedura semplificata.

     96.
     Il regolamento n. 1107/96 si limita a prevedere che la denominazione «Grana Padano» è registrata in quanto DOP ai sensi dell’art. 17 del regolamento n. 2081/92.

     97.
     In quanto opera questa registrazione, esso sancisce a livello comunitario la condizione enunciata nel disciplinare, che subordina l’uso della DOP per il formaggio commercializzato grattugiato alla realizzazione delle operazioni di grattugiatura e di confezionamento nella zona di produzione. Questa condizione comporta per i terzi un obbligo di non fare, che può essere sanzionato civilmente, e perfino penalmente.

     98.
     Ora, come hanno ammesso nel corso del procedimento tutti gli intervenienti che si sono espressi al riguardo, la tutela conferita da una DOP non si estende di solito ad operazioni quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto. Queste operazioni sono vietate ai terzi al di fuori della zona di produzione solo se una condizione in tal senso è prevista espressamente nel disciplinare.

     99.
     In tale contesto, il principio di certezza del diritto richiedeva che la condizione di cui trattasi fosse portata a conoscenza dei terzi mediante una pubblicità adeguata nella normativa comunitaria, pubblicità che avrebbe potuto essere realizzata mediante la menzione di questa condizione nel regolamento n. 1107/96.

     100.
     Non essendo stata portata a conoscenza dei terzi, la detta condizione non può essere fatta valere nei loro confronti dinanzi a un giudice nazionale, che sia ai fini di una sanzione penale o nell’ambito di un procedimento civile.

     101.
     Tuttavia, il principio di certezza del diritto non esclude che la condizione di cui trattasi sia considerata dal giudice nazionale opponibile ad operatori i quali, come la Ravil, abbiano avviato un’attività di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nel corso del periodo precedente l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/96, qualora questo giudice ritenga che, nel corso di tale periodo, il decreto 4 novembre 1991 fosse applicabile in forza della convenzione franco-italiana e opponibile ai soggetti interessati in forza delle norme nazionali in materia di pubblicità.

     102.
     Infatti, si può ritenere che tali operatori abbiano avuto conoscenza, alla data di entrata in vigore del regolamento n. 1107/96, della condizione controversa imposta dal decreto 4 novembre 1991. Si può quindi ritenere che essi conoscessero, anche nell’ambito del regime comunitario delle DOP, la condizione di grattugiatura e di confezionamento nella zona di produzione collegata alla denominazione «Grana Padano», che precedentemente era «giuridicamente protetta» a livello nazionale ai sensi dell’art. 17, n. 1, del regolamento n. 2081/92 nel territorio della Repubblica italiana e che, a tale titolo, è stata registrata in forza di questo regolamento su richiesta del detto Stato membro.

     103.
     Occorre quindi concludere che la condizione di grattugiatura e di confezionamento del formaggio «Grana Padano» nella zona di produzione non è opponibile agli operatori economici, se non è stata portata a loro conoscenza mediante una pubblicità adeguata nella normativa comunitaria, pubblicità che avrebbe potuto essere realizzata con la menzione di questa condizione nel regolamento n. 1107/96. Tuttavia, il principio di certezza del diritto non esclude che la condizione di cui trattasi sia considerata dal giudice nazionale opponibile ad operatori che abbiano avviato un’attività di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nel corso del periodo precedente l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/96, qualora questo giudice ritenga che, nel corso di tale periodo, il decreto del 4 novembre 1991 fosse applicabile in forza della convenzione franco-italiana ed opponibile ai soggetti interessati in forza delle norme nazionali in materia di pubblicità.

     104.
     In definitiva, per quanto riguarda il regime comunitario di protezione delle DOP, occorre risolvere la questione pregiudiziale nel modo seguente:
     Il regolamento n. 2081/92 deve essere interpretato nel senso che non si oppone a che l’uso di una DOP sia subordinato a una condizione di realizzazione, nella zona di produzione, di operazioni quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto, qualora una tale condizione sia prevista nel disciplinare.
     Il fatto di subordinare l’uso della DOP «Grana Padano» per il formaggio commercializzato grattugiato alla condizione che le operazioni di grattugiatura e di confezionamento siano effettuate nella zona di produzione costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi dell’art. 29 CE, ma può essere considerato giustificato e quindi compatibile con quest’ultima disposizione.
     Tuttavia, la condizione di cui trattasi non è opponibile agli operatori economici, se non è stata portata a loro conoscenza mediante una pubblicità adeguata nella normativa comunitaria. Nondimeno, il principio di certezza del diritto non esclude che questa condizione sia considerata dal giudice nazionale opponibile ad operatori che abbiano avviato un’attività di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nel corso del periodo precedente l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/96, qualora questo giudice ritenga che, nel corso di tale periodo, il decreto 4 novembre 1991 fosse applicabile in forza della convenzione franco-italiana ed opponibile ai soggetti interessati in forza delle norme nazionali in materia di pubblicità.
(Omissis)
Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulla questione sottopostale dalla Cour de cassation con ordinanza 19 dicembre 2000, dichiara:
     1) Per quanto riguarda il periodo precedente l’entrata in vigore del regolamento (CE) della Commissione 12 giugno 1996, n. 1107, relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui all’articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, l’art. 29 CE deve essere interpretato nel senso che non si oppone a che una convenzione conclusa fra due Stati membri A e B, quale la convenzione tra la Repubblica francese e la Repubblica italiana per la protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni di provenienza e delle denominazioni di alcuni prodotti, sottoscritta a Roma il 28 aprile 1964, renda applicabile nello Stato membro A una normativa nazionale dello Stato membro B, come quella cui si riferisce il giudice nazionale, in forza della quale la denominazione di origine di un formaggio, protetta nello Stato membro B, è riservata, per il formaggio commercializzato grattugiato, a quello grattugiato e confezionato nella zona di produzione.
     2) Il regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari, modificato dall’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che non si oppone a che l’uso di una denominazione di origine protetta sia subordinato a una condizione di realizzazione, nella zona di produzione, di operazioni quali la grattugiatura e il confezionamento del prodotto, qualora una tale condizione sia prevista nel disciplinare.
     3) Il fatto di subordinare l’uso della DOP «Grana Padano» per il formaggio commercializzato grattugiato alla condizione che le operazioni di grattugiatura e di confezionamento siano effettuate nella zona di produzione costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi dell’art. 29 CE, ma può essere considerato giustificato e quindi compatibile con quest’ultima disposizione.
     4) Tuttavia, la condizione di cui trattasi non è opponibile agli operatori economici, se non è stata portata a loro conoscenza mediante una pubblicità adeguata nella normativa comunitaria. Nondimeno, il principio di certezza del diritto non esclude che questa condizione sia considerata dal giudice nazionale opponibile ad operatori che abbiano avviato un’attività di grattugiatura e di confezionamento del prodotto nel corso del periodo precedente l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/96, qualora questo giudice ritenga che, nel corso di tale periodo, il decreto 4 novembre 1991 fosse applicabile in forza della convenzione tra la Repubblica francese e la Repubblica italiana, di cui sopra, ed opponibile ai soggetti interessati in forza delle norme nazionali in materia di pubblicità.

 

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