il diritto commerciale d’oggi
    II.6 – giugno 2003

STUDÎ E COMMENTI

 

MARIA RAFFAELLA SANCILIO

Lo statuto delle società per azioni deve necessariamente scegliere uno solo tra i tre modelli di amministrazione e controllo?

 

 

     1. Tra le novità più significative introdotte dal Decreto Legislativo n. 6/2003 in tema di riforma del diritto societario, in attuazione della Legge delega n. 366 del 3 ottobre 2001, assumono notevole rilevanza le nuove regole in tema di corporate governance delle società per azioni.
     Si è inteso, infatti, dotare la struttura dell’amministrazione e del controllo della società per azioni di una disciplina che garantisca la flessibilità organizzativa e gestionale insieme ad una notevole ampiezza operativa dell’autonomia statutaria.
     In tal senso il nuovo art. 2380 cod. civ., in attuazione di quanto previsto dall’art. 4, comma 8, lettera d) della Legge delega, demanda allo statuto la scelta tra tre modelli di amministrazione e di controllo:
     a) il “modello tradizionale” attualmente vigente, caratterizzato da un organo di amministrazione, formato da uno o più componenti, affiancato da un collegio sindacale; a quest’ultimo organo gli statuti delle società, che non fanno ricorso al capitale di rischio e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, possono affidargli anche il controllo contabile;
     b) il “modello dualistico”, di derivazione germanica, che prevede un consiglio di destione, nominato e controllato da un consiglio di sorveglianza (eletto dall’assemblea), cui sono attribuiti più ampi poteri rispetto al collegio sindacale;
     c) il “sistema monistico”, di ispirazione anglosassone, caratterizzato dalla presenza di un consiglio di amministrazione all’interno del quale è istituito un comitato preposto al controllo interno sulla gestione, dotato di adeguati poteri di informazione ed ispezione, composto da amministratori non esecutivi in possesso di requisiti di indipendenza.
     Coerentemente con quanto previsto dall’art. 4, comma 8, lettera e) della Legge delega, si applica automaticamente il modello attualmente vigente, in mancanza di una diversa scelta statutaria.
     Il novellato art. 2380, comma 2, cod. civ. stabilisce che, ove i soci non dispongano diversamente, la variazione del sistema di amministrazione e di controllo ha effetto dalla data dell’assemblea chiamata ad approvare il bilancio dell’esercizio successivo a quello in cui la variazione stessa viene disposta. La ratio di tale norma è quella di prevedere un lungo periodo di adattamento degli assetti di corporate governance di società già esistenti ai nuovi modelli di amministrazione e controllo, non essendo invece necessario tale periodo per le società di neocostituzione; in ogni caso la disposizione normativa citata consente alla relativa deliberazione assembleare di fissare una decorrenza diversa.
     La previsione di un doppio sistema di gestione, diverso da quello tradizionale, tiene conto della circostanza che vi sono ordinamenti di Stati membri dell’Unione Europea, quale quello inglese, che prevedono un unico organo amministrativo con compiti di gestione e vigilanza, ed altri ordinamenti, quale quello tedesco, che prevedono un organo di sorveglianza ed un organo di gestione.
     La decisione di rimettere all’autonomia statutaria la scelta tra modello tradizionale, quello dualistico e quello monistico è largamente ispirato al recente Statuto della Società europea (“SE”), emanato con il Regolamento n. 2157/2001 del Consiglio dell’Unione Europea dell’8 ottobre 2001; infatti, l’art. 38 del Regolamento demanda allo statuto la scelta tra i due sistemi di gestione vigenti all’interno della Comunità, quello monistico e quello dualistico.

     2. Dalla lettura del riformato art. 2328, n. 9, cod. civ., che prescrive di indicare nell’atto costitutivo delle società per azioni il sistema di amministrazione adottato, è emerso in dottrina il dubbio se sia possibile che l’atto costitutivo possa prevedere tutti e tre i modelli, eleggendone uno e demandando all’assemblea ordinaria la facoltà di passare dall’uno all’altro.
     Parte della dottrina (1) ritiene, infatti, che i tre sistemi di amministrazione e controllo possano essere contestualmente disciplinati dallo statuto e che, in simile ipotesi, per la scelta del modello in concreto operante basterà la semplice assemblea ordinaria, in conformità a quanto previsto dall’art. 2364, n. 2, qualora la società sia priva di consiglio di sorveglianza, ovvero dall’art. 2364-bis, n. 1, qualora si intenda adottare il modello dualistico (in tal caso spetterà poi al consiglio di sorveglianza la nomina dei componenti il sonsiglio di gestione).
     Ne consegue che i sostenitori della sopracitata tesi interpretano l’art. 2328, n. 9, ritenendo assolto da parte degli azionisti l’obbligo di scegliere al momento della costituzione uno dei tre sistemi, con l’inserimento nell’atto costitutivo della disciplina di due o tutti e tre i modelli, lasciando alla semplice assemblea ordinaria il compito di deliberare il passaggio da un sistema all’altro.
     Sempre seguendo la citata impostazione (2), e discende che “la variazione di sistema” di amministrazione e controllo prevista dal secondo comma dell’art. 2380, può essere adottata secondo modalità alternative:
     (i) nel caso non controverso, in cui lo statuto preveda un solo modello, sarà l’assemblea straordinaria a procedere alla modifica statutaria di adozione di un nuovo sistema di governance e poi l’assemblea ordinaria sarà invece competente per la nomina del consiglio di amministrazione nel modello monistico e del consiglio di sorveglianza nel modello dualistico (questi due organi, a seconda della scelta, provvederanno rispettivamente alla nomina del comitato di controllo o del consiglio di gestione);
     (ii) nel caso diverso, in cui lo statuto contenga la disciplina di tutti e tre ovvero di due dei sistemi di amministrazione e controllo, sarà l’assemblea ordinaria a deliberare la scelta del modello e conseguentemente a nominare i componenti dei citati organi sociali.

     3. A sostegno della diversa tesi, secondo la quale lo statuto debba indicare uno solo tra i tre sistemi di amministrazione e controllo previsti per le società per azioni (con conseguente competenza dell’assemblea straordinaria a modificare lo statuto, deliberando il passaggio ad altro modello) militano altri argomenti.
     In primo luogo, dalla lettura del combinato disposto dei novellati artt. 2328, n. 9, 2380 e 2364-2364-bis cod. civ. emergono chiari elementi che inducono a preferire quest’ultima interpretazione. Il nuovo art. 2328, n. 9, utilizza l’espressione «l’atto costitutivo deve indicare il sistema di amministrazione adottato»; un’interpretazione letterale rigorosa non lascia spazio ad alcun dubbio sulla necessità che: (i) debba esservi una scelta, (ii) da indicare nell’atto costitutivo, infine, (iii) con un passaggio ad altro modello mediante modificazione dell’atto costitutivo e quindi l’assemblea straordinaria.
     Al riguardo parte della dottrina (3) ha giustamente evidenziato che difficilmente nell’atto costitutivo non vi sarà quanto meno una scelta implicita del modello di amministrazione e controllo adottato, in quanto, qualora, ad esempio, si proceda alla nomina degli amministratori, piuttosto che dei componenti del consiglio di sorveglianza (così come richiesto dall’art. 2328 n. 11), risulterà necessaria una scelta a favore del sistema tradizionale.
     Inoltre, l’art. 2380 cod. civ. sancisce, al 1° comma, che, salva diversa disposizione statutaria, l’amministrazione ed il controllo sono regolati dalle norme sul sistema tradizionale e, al 2° comma, che lo statuto può adottare il sistema dualistico «oppure» quello monistico; il legislatore chiaramente ha lasciato due opzioni, con la scelta alternativa (l’uso della disgiunzione non lascia dubbi al riguardo) tra i due nuovi modelli dualistico o monistico ovvero, nel silenzio, l’applicazione automatica del modello tradizionale.
     Infine il novellato art. 2364 ed il nuovo 2364-bis applicabile quest’ultimo alle società con consiglio di sorveglianza, individuano specificamente le materie di competenza dell’assemblea ordinaria. Al riguardo non si concorda con la sopra citata tesi secondo la quale la competenza dell’assemblea ordinaria a deliberare il passaggio da un modello di amministrazione e controllo ad un altro potrebbe farsi rientrare nel n. 2 dell’art. 2364 e nel n. 1 del 2364-bis, che sanciscono la competenza per la sola nomina e revoca, per le società prive di consiglio di sorveglianza, degli organi di gestione e controllo e diversamente per le società che adottano il modello dualistico, dei membri del consiglio di sorveglianza. Tale interpretazione estensiva appare, infatti, non conforme con la ratio della nuova disciplina in tema di assemblea; la riforma societaria ha inteso ridimensionare le competenze prima inderogabilmente attribuite ai soci e di semplificare il procedimento assembleare, al fine di garantire maggiore certezza e stabilità alle delibere. L’esigenza di rendere più snello ed efficace il funzionamento dell’assemblea ha comportato una limitazione della sovranità dei soci a favore di un incremento dei poteri attribuiti agli amministratori.
     Ciò che il legislatore delegato ha voluto realizzare è la separazione dei ruoli e dei compiti tra gli organi sociali: ad una competenza limitata in materia gestoria dell’assemblea fa corrispondere una competenza generale in capo agli amministratori. Le nuove funzioni dell’assemblea ordinaria sono definite in relazione del modello di amministrazione prescelto: maggiori compiti spetteranno ai soci ove si preferisca il modello tradizionale a quello monistico, mentre più significativo sarà il trasferimento di competenze nel caso di scelta del modello dualistico, con attribuzione delle medesime al consiglio di corveglianza.
     Altre argomentazioni a sostegno della tesi, secondo la quale nello statuto debba essere disciplinato un solo modello di amministrazione e controllo, possono essere desunte dal riferimento a principi generali vigenti nel nostro ordinamento. In primo luogo, è opportuno garantire il rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità nei confronti dei terzi, che potrebbero risultare lesi nel caso in cui lo statuto regolamenti tutti e tre i sistemi e contenga una pluralità di norme applicabili di volta in volta, a seconda del modello di govenance scelto dai soci con l'assemblea ordinaria.
     In secondo luogo, attribuire all’assemblea ordinaria la competenza della scelta del sistema di amministrazione e controllo comporterebbe la violazione di altri principi fondamentali, quali la tutela dei soci di minoranza ed il principio secondo il quale le scelte/operazioni rilevanti per la società devono essere affidate all’assemblea straordinaria; risulta, infatti, essere sicuramente più garantista per tutti i soci prevedere che l’opzione sui modelli di governance sia rimessa agli statuti, e dunque in fase costitutiva all’unanimità dei soci ed in fase modificativa alle maggioranze qualificate,
     In tema di maggioranze necessarie alla “variazione del sistema” di amministrazione e controllo, parte della dottrina (4) ritiene non estendibili analogicamente le norme contenute nell’art. 223-bis, comma 2, delle norme di attuazione e transitorie del D. Lgs n. 6/2003, che prescrive la maggioranza semplice (qualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci partecipanti) per l’assunzione delle deliberazioni delle assemblee straordinarie (delle società già iscritte nel registro delle imprese alla data del 1° gennaio 2004) necessarie all’adeguamento dell’atto costitutivo e dello statuto alle nuove disposizioni entro il 30 settembre 2004.

     4. Quale considerazione conclusiva si ritiene logicamente doveroso che la scelta tra uno dei tre modelli di governance avvenga in fase costitutiva nell’atto costitutivo, in quanto i tre sistemi sembrano soddisfare esigenze societarie diverse e quindi risultano adeguati, a seconda dei casi, per società con dimensioni e struttura degli assetti proprietari diversi.
     A tal fine può essere interessante delineare gli aspetti peculiari che caratterizzano ciascuno dei tre modelli di amministrazione e controllo, tentando di individuare il tipo di società per azioni che potrebbe sfruttare al meglio tali caratteristiche.
     Il sistema dualistico risulta essere più appropriato per società con azionariato particolarmente diffuso la cui gestione è attribuita a manager professionisti autonomi, senza molte interferenze da parte dei soci; esso consente di realizzare una rilevante separazione tra proprietà (compagine dei soci) e gestione/controllo, in quanto vengono fortemente ridimensionate le funzioni dell’assemblea e potenziate quelle dell’organo di sorveglianza. Ai soci restano riservate, la nomina dell’organo di sorveglianza, la definizione delle linee programmatiche dell’attività sociale, nonché la decisione circa le principali operazioni straordinarie che comportano una modifica della struttura della società. Questa caratteristica del limitato ruolo assegnato all’assemblea a favore di un potenziamento dell’organo di sorveglianza, può rappresentare un problema se si considera l’esigenza di tutelare i soci di minoranza, in quanto le la nuova disciplina non ha previsto alcun meccanismo, che consenta alle minoranze di garantirsi una rappresentanza all’interno del consiglio di sorveglianza.
     Si è osservato (5) come il modello dualistico possa essere scelto da imprese il cui azionariato sia direttamente o indirettamente riconducibile ad una famiglia, per gestire il passaggio generazionale, in quanto il socio-imprenditore assumendo la carica di consigliere di sorveglianza può mantenere un forte potere di controllo sulla gestione affidata agli eredi.
     Il modello monistico prevede un sistema di governance più simile a quello tradizionale, differenziandosi da quest’ultimo principalmente per la impossibilità di affidare la gestione ad un amministratore unico e per la eliminazione del collegio sindacale; tale organo è sostituito dal comitato per il controllo della gestione, nominato dal consiglio di amministrazione al suo interno.
     Il modello monistico attua in sostanza un sistema di governance semplificato e più flessibile rispetto agli altri modelli, inteso a privilegiare la circolazione delle informazioni tra l’organo amministrativo e l’organo deputato al controllo, conseguendo una elevata trasparenza nei rapporti tra i medesimi nonché risparmi di tempo e di costi.
     Al riguardo si è osservato che (6) il modello monistico sembra più adatto per le società per azioni con ristretta base azionaria, come ad esempio holding di gruppo o società multinazionali, nel caso in cui si voglia garantire separazione di responsabilità tra amministratori che gestiscono e amministratori che non si occupano invece della gestione; inoltre tale modello sarà utile per società per azioni controllate da società di diritto anglosassone, qualora risulti necessario uniformare il modello organizzativo.
     Infine, si rileva che altra parte della dottrina (7) ha evidenziato come il modello tradizionale sia quello più garantista rispetto ai nuovi sistemi di amministrazione, in quanto assicura una precisa divisione dei ruoli; l’attività di amministrazione e quella di controllo sono separate, l’assemblea elegge separatamente gli organi di amministrazione e gli organi di controllo, i requisiti di indipendenza sono disciplinati da chiare e precise regole. Inoltre, il sistema tradizionale è stato ritenuto (8) adeguato per le piccole società per azioni che, non facendo ricorso al mercato del capitale di rischio e non essendo tenute alla redazione del bilancio consolidato, possano attribuire il controllo contabile al collegio sindacale, con conseguente riduzione dei costi.

 

Note

     (1) Cfr. V. Buonocore, La riforma del diritto societario – Commento ai d. lgs. n. 5-6 del 17 gennaio 2003, Torino 2003; N. Atlante, I tre modelli di amministrazione nelle S.p.a., Relazione al Seminario di aggiornamento sulla riforma del diritto societario organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Roma, Roma 11 febbraio 2003.

     (2) Cfr. N. Atlante, cit.

     (3) M. Notari, La costituzione della s.p.a. e il contenuto dell’atto costitutivo, Relazione per il Convegno “La Redazione degli statuti delle srl e spa alla luce del nuovo diritto societario“, Milano 17-18 marzo 2003.

     (4) G. MINERVINI, Commento all’art. 2380, in La Riforma delle Società, a cura di M. Sandulli e V. Santoro, 2003.

     (5) L. A. Bianchi e M. Ventoruzzo, Brevi note sui modelli di amministrazione e controllo nella legge delega n. 366 del 2001, Relazione al Convegno su “La riforma del diritto societario” del 12, 13 e 14 novembre 2001.

     (6) N. Atlante, op.cit.

     (7) A. Casò, Il collegio sindacale delle società per azioni non quotate, Relazione al Convegno “Efficienza dei controlli sulle imprese e crisi dei mercati finanziari: il ruolo del collegio sindacale italiano”, Roma 11 ottobre 2002.

     (8) Cfr. N. Atlante, op. cit.

 

 

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