il diritto commerciale d’oggi
    II.5 – maggio 2003

STUDÎ E COMMENTI

 

Rita Gismondi

Statuto della Società Europea e coinvolgimento dei lavoratori

 

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Fonti normative. – 3. Profili organizzativi della Società Europea. – 3.1 Disposizioni generali. – 3.2 Modalità di costituzione. – 3.3 Trasferimento di sede. – 3.4 Struttura organizzativa. – 4. Società Europea e gruppi. – 5. Coinvolgimento dei lavoratori. – 6. Osservazioni conclusive.

 

1. Introduzione

     Il Regolamento relativo allo Statuto di Società Europea (n. 2157/01 dell’8 ottobre 2001, di seguito “Regolamento”) e la Direttiva che lo completa per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (n. 2001/86/CE, d’ora in avanti “Direttiva”) (1) tendono alla istituzione di un quadro giuridico uniforme, nel cui ambito le società dei vari Stati membri siano in grado di programmare ed eseguire la riorganizzazione delle loro attività a livello comunitario.
     Frutto di un iter legislativo assai lungo e tormentato (2), la Società Europea (di seguito “SE”) scaturisce dal favor del legislatore europeo verso operazioni di concentrazione e di cooperazione fra imprese, finalizzate ad accrescere la loro competitività nei mercati mondiali e a rispondere alle esigenze della politica industriale europea (3). Scopo dichiarato del Regolamento è quello di realizzare una corrispondenza tra unità economica ed unità giuridica dell’impresa nella Comunità, prevedendo, a tal fine, la costituzione di un modello organizzativo uniforme che permetta la costituzione e la gestione di società di dimensioni europee, senza gli ostacoli dovuti alla disparità delle legislazioni nazionali e ai limiti territoriali della loro applicazione (cfr. “considerando” 6 e 7 Reg.).
     Non è questa la sede per un commento analitico del corpus normativo costituito dal Regolamento e dalla Direttiva ed appare prematuro tentare previsioni in merito all’applicazione e alla concreta attuazione delle varie disposizioni negli ordinamenti nazionali, data la peculiare tecnica legislativa usata dal legislatore comunitario: il Regolamento, infatti, si limita a disciplinare direttamente solo il quadro generale della SE, operando ampi rinvii alla legislazione societaria degli Stati membri per vari aspetti della disciplina sostanziale (di cui infra, § 2). L’entrata in vigore del Regolamento, inoltre, è stata differita all’8 ottobre 2004 (art. 70) proprio allo scopo di consentire a ciascuno Stato membro il recepimento della Direttiva (considerata “complemento indissociabile” del Regolamento) e l’instaurazione dei meccanismi necessari a permettere la costituzione e il funzionamento della SE, in modo da garantire la contemporanea applicazione dei provvedimenti in esame (4) .
     Ci si limiterà, pertanto, a delineare brevemente i profili qualificanti dello statuto di Società Europea, segnalando le questioni che meritano particolare attenzione, anche alla luce dei recenti orientamenti della giurisprudenza comunitaria in materia di diritto societario e con riferimento, ove possibile, alle modifiche legislative intervenute nel nostro ordinamento con la riforma organica delle società di capitali (5).
     I primi commentatori hanno espresso l’auspicio che, da un lato, la disciplina comunitaria sia tenuta in debita considerazione nell’emanazione delle nuove disposizioni di diritto societario interno e che, dall’altro lato, siano assecondate le condizioni di snellezza organizzativa e di flessibilità offerte alle imprese dal modello di SE (6). È innegabile che il legislatore italiano della novella si sia ispirato, soprattutto in tema di organizzazione, a modelli già esistenti a livello sovranazionale: in particolare, la previsione di un sistema dualistico (di cui infra, § 3.4) è stata intesa come frutto di un preciso collegamento con le istanze sottese allo statuto di SE (7). Da più parti è stata segnalata, tuttavia, la scarsa attenzione che la riforma (e, ancor prima, la legge delega) ha dedicato al diritto comunitario e al diritto internazionale delle società (8).

2. Fonti normative

     La SE è disciplinata dalle disposizioni del Regolamento e dallo statuto, ove espressamente previsto dal Regolamento (art. 9). In relazione alle materie non contemplate dal Regolamento o per gli aspetti ai quali esso non è applicabile, tuttavia, si applicano:
     - la legge nazionale adottata specificamente per la SE dallo Stato membro ove questa ha sede;
     - la legge nazionale dettata in generale per la società per azioni dallo Stato membro ove la SE ha sede;
     - le disposizioni dello statuto della SE, alle stesse condizioni previste per una società per azioni costituita in conformità alla legge dello Stato membro in cui la SE ha sede (si può ritenere che tale previsione comprenda anche le disposizioni statutarie che la legge dello Stato membro in cui la SE ha sede consentirebbe di inserire in qualunque società per azioni) (9).
     Il Regolamento disciplina la SE direttamente, dettando regole sostanziali, ed indirettamente, mediante un sistema di rinvio agli ordinamenti nazionali (art. 10). La sede opera come criterio di collegamento determinante per l’individuazione della legge applicabile in via sussidiaria alla SE, con riferimento alle materie non direttamente disciplinate dal Regolamento: per questo motivo si può affermare che la SE è, per definizione, una società di diritto europeo, ma in buona parte sottoposta al diritto nazionale della sua sede (10).
     La gerarchia delle fonti delineata nell’art. 9 del Regolamento ha indotto i primi commentatori a dubitare della effettiva uniformità della disciplina: i frequenti rinvii al diritto societario dei singoli Stati, infatti, rischiano di porre un limite notevole all’uniformità del modello organizzativo in esame e, di riflesso, alla reale introduzione di uno strumento a vocazione transnazionale (11).
     Appare plausibile che i numerosi ed importanti rinvii alle legislazioni nazionali siano stati dettati, in parte, dalla necessità di acquisire il consenso unanime degli Stati membri e, soprattutto, dalla volontà di non imporre soluzioni giuridiche tali da pregiudicare la SE rispetto a discipline nazionali più vantaggiose per gli operatori economici. Il concreto assetto e le caratteristiche dello schema societario sovranazionale in esame dipenderanno, in ogni caso, in larga misura dall’ordinamento dello Stato di costituzione e dalla legislazione ivi vigente, oltre che dall’ampiezza dell’area riservata all’autonomia statutaria (12).
     Tale questione si collega al rapporto tra processo di armonizzazione comunitaria (come strumento per realizzare la libertà di stabilimento) e concorrenza tra ordinamenti degli Stati membri e al rischio di una “corsa al ribasso” tra gli stessi, al fine di attirare la costituzione di imprese operanti in ambito europeo (13). L’uso dello strumento regolamentare per l’introduzione dello statuto di SE dovrebbe, in verità, assicurare maggiore uniformità rispetto alle direttive di armonizzazione: ciononostante, il nuovo istituto non appare esente da problemi di coordinamento tra ordinamenti nazionali e disciplina sovranazionale e il grado di uniformazione, presumibilmente più intenso, appare di fatto minato da una progressiva riduzione dello spazio di intervento normativo (14) .
     È stato osservato, tuttavia, che la concorrenza tra ordinamenti giuridici non deve essere considerata necessariamente come un dato di per sé negativo, in quanto può contribuire all’emersione di circuiti virtuosi e alla spontanea adesione a standard di funzionamento più elevati rispetto alla vigente disciplina di fonte legislativa: si pensi, ad esempio, alle regole di funzionamento dei mercati finanziari e delle condizioni di ammissione alla negoziazione degli strumenti finanziari emessi dalle società (di fonte legislativa o basate su codici di autoregolamentazione), oppure alle raccomandazioni elaborate dalla prassi internazionale, specialmente in tema di corporate governance e di principi contabili, caratterizzate da una spontanea osservanza da parte delle imprese operanti nei mercati internazionali, indipendentemente dall’ordinamento in cui sono state costituite e regolate (15).
     La concorrenza fra ordinamenti potrebbe consentire, pertanto, la conformazione a standard qualitativi più elevati, in un contesto nel quale ad una armonizzazione imposta dall’alto (che si presta a limitare la concorrenza tra ordinamenti) corrisponde un processo derivante dal basso, che si manifesta spontaneamente sotto la spinta dei mercati (16).

3. Profili organizzativi della SE
     3.1. Disposizioni generali

     La SE è una società di secondo grado: alla sua costituzione possono partecipare unicamente società o altre entità giuridiche di diritto pubblico o privato, costituite conformemente alla legge di uno Stato membro e aventi sede sociale e amministrazione nell’Unione Europea, con esclusione delle persone fisiche.
     Il capitale sociale della SE è diviso in azioni e non può essere inferiore a 120.000 euro. Ciascun azionista risponde solo nei limiti del capitale sottoscritto. La SE assume personalità giuridica e viene disciplinata conformemente alla legge dello Stato membro in cui ha la sede sociale. La salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale, nonché la disciplina di azioni, obbligazioni e titoli assimilabili della SE sono previsti dalle disposizioni che si applicherebbero ad una società per azioni con sede nello Stato membro in cui la SE è iscritta (art. 5).
     L’art. 7 del Regolamento dispone che la sede della SE deve essere situata all’interno della Comunità, nello stesso Stato membro ove è posta l’amministrazione centrale: criterio della sede effettiva o reale (18), che consente l’applicazione in via sussidiaria della legislazione dello Stato membro con cui la SE presenta un forte collegamento economico, limitando fenomeni di forum shopping.
     Viene attribuita ai legislatori nazionali la facoltà di imporre alle SE registrate nel proprio territorio l’obbligo di far coincidere l’ubicazione dell’amministrazione centrale e con quella della sede sociale (art. 7). La coincidenza della sede legale e dell’amministrazione centrale della SE all’interno dello stesso Stato membro è richiesta ab initio e per tutta la durata della società; qualora detta coincidenza venga meno, grava sulla SE un obbligo di regolarizzazione (art. 64), mediante il ripristino dell’amministrazione centrale nello Stato membro della sede sociale oppure tramite trasferimento della sede. In caso di inadempimento, la SE dovrà essere liquidata: la violazione del regime della sede effettiva, pertanto, opera come causa di scioglimento della società.
      Nel “considerando” 27 si afferma che, tenuto conto della natura specifica e comunitaria della SE, il regime della sede effettiva adottato per la SE non pregiudica le legislazioni degli Stati membri, né le scelte che potranno essere operate per altri testi comunitari in materia di diritto delle società: il riferimento è alle diverse soluzioni adottate dagli Stati membri in merito al criterio di collegamento per la determinazione della legge applicabile alla società (principio dell’incorporazione o della sede effettiva) (19).

3.2. Modalità di costituzione

     Le modalità di costituzione di una SE esprimono dei modelli di mobilità transfrontaliera tra imprese e sono, pertanto, espressione del principio comunitario di libertà di stabilimento (20). Ai sensi dell’art. 2 del Regolamento, la SE può essere costituita nelle seguenti forme:
     a) costituzione di una SE holding;
     b) costituzione di una SE affiliata;
     c) costituzione a seguito di fusione transfrontaliera;
     d) costituzione per trasformazione di una società per azioni già costituita.
     Non è possibile in questa sede passare in rassegna le singole modalità di costituzione della SE, con riferimento alle diverse ed articolate procedure previste nel Regolamento (21). Ci si limita a segnalare, pertanto, che esse rispondono a diverse finalità organizzative: la costituzione mediante holding o affiliata determina la formazione di un gruppo di società; la fusione consente di mettere in comune il potenziale di imprese esistenti in Stati membri differenti e si presta ad operazioni di ristrutturazione di gruppi multinazionali; la trasformazione è stata introdotta per consentire ad una società di diritto interno a vocazione transnazionale di usufruire del modello della SE senza passare attraverso lo scioglimento e la ricostituzione.
     Le modalità di costituzione di una SE sono accomunate dalla necessità di un elemento di transnazionalità: almeno due società coinvolte devono essere soggette alla legge di diversi Stati membri, oppure devono avere da almeno due anni un’affiliata o una succursale soggetta alla legge di un altro Stato membro. I soggetti legittimati a costituire una SE non sono, tuttavia, individuati sulla base di un parametro unitario, sussistendo una parziale limitazione per le società a responsabilità limitata (22): tale circostanza rischia di pregiudicare la funzionalità del modello in esame rispetto alle esigenze delle piccole e medie imprese e non sembra trovare una giustificazione ragionevole, anche alla luce di quanto disposto nel “considerando” 13 del Regolamento (23).
     In tema di iscrizione della SE (art. 12) devono essere considerate le disposizioni contenute nella Direttiva in tema di coinvolgimento dei lavoratori (24): gli organi amministrativi delle società partecipanti che redigono il progetto di costituzione di SE devono assumere le iniziative necessarie per avviare una negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori delle società in merito alle modalità di coinvolgimento dei lavoratori (25) .
     Il rinvio alla disciplina nazionale in tema di costituzione della SE (art. 15) assume particolare rilievo con riferimento al controllo di legittimità sull’atto costitutivo (nel nostro ordinamento di competenza notarile, ai sensi della legge n. 340/2000), che potrebbe esplicarsi nel senso di una mera verifica dell’esistenza dell’accordo sulle modalità di coinvolgimento dei lavoratori, oppure spingersi all’accertamento di eventuali contrasti fra lo statuto della SE e tali modalità.

3.3. Trasferimento di sede

     Secondo il disposto dell’art. 8 del Regolamento, la sede sociale della SE può essere trasferita all’interno della Comunità senza dar luogo a scioglimento o a costituzione di una nuova persona giuridica: l’adozione del criterio della sede effettiva (di cui supra, § 3.1) comporta che il trasferimento della sede sia accompagnato dal trasferimento dell’amministrazione centrale, con adeguamento alla legge nazionale dello Stato in cui si è scelto di stabilire la sede e con importanti conseguenze in tema di legge applicabile alla SE e di assetto organizzativo della stessa (26) .
     Il Regolamento detta una complessa disciplina volta ad evitare che il trasferimento, a causa del conseguente assoggettamento al diritto di un altro Stato membro, determini un vulnus alle ragioni degli azionisti contrari al trasferimento, dei creditori e dei titolari di altri diritti nei confronti della SE. Il procedimento si articola nel modo seguente: redazione di un progetto di trasferimento della sede; pubblicità del trasferimento; approvazione del progetto da parte dell’assemblea; controllo sulla regolarità del procedimento mediante rilascio di un certificato da parte dell’autorità competente (art. 8, commi 2-13).
     Va segnalato che uno Stato membro può escludere gli effetti del trasferimento della sede che comporti un cambiamento della legge applicabile, qualora un’autorità nazionale competente vi faccia opposizione entro due mesi per motivi di pubblico interesse (art. 8, comma 14) (27), nonché nel caso in cui nei confronti della SE siano state avviate procedure di scioglimento, liquidazione, insolvenza o altre analoghe procedure, stante la completa assenza di armonizzazione in materia dei diritti nazionali (art. 8, comma 15). Al fine di evitare fenomeni di forum shopping, inoltre, il trasferimento è inefficace rispetto alla determinazione della competenza territoriale della Corte chiamata a giudicare su controversie relative a questioni anteriori al trasferimento (art. 8, comma 16).
      La mobilità transfrontaliera pone l’esigenza di adottare norme atte a risolvere il conflitto tra diversi ordinamenti, astrattamente idonei a fornire la disciplina in materia societaria, con soluzioni che oscillano tra l’applicazione delle norme di diritto internazionale privato e il principio della libertà di stabilimento di matrice comunitaria. L’impostazione accolta dalla Corte di Giustizia nel caso Centros (28) e il dibattito che ne è seguito offre risvolti significativi ai fini dell’inquadramento dello statuto della SE nell’attuale stadio del diritto societario comunitario (29) .
     La Corte di Giustizia ha adottato una posizione favorevole al principio della libertà di stabilimento di cui agli artt. 52 e 58 (già 43 e 48) del Trattato: la scelta di costituire una società secondo la legislazione di uno Stato membro le cui norme siano meno rigorose e di creare di succursali in altri Stati membri allo scopo di svolgervi l’intera attività viene riconosciuta legittima. Diversa è la questione se uno Stato membro possa adottare delle misure idonee ad impedire che un soggetto si sottragga abusivamente e fraudolentemente all’applicazione delle norme interne. Eventuali provvedimenti nazionali che possano ostacolare o pregiudicare l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato devono applicarsi, alla luce della giurisprudenza comunitaria, in modo non discriminatorio e trovare un fondamento in motivi di pubblico interesse; devono essere idonei, inoltre, a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre i limiti necessari per il conseguimento dello stesso.

3.4. Struttura organizzativa

     In base al “considerando” 14 del Regolamento, deve essere garantita una gestione efficace della SE e, nel contempo, un’attenta vigilanza, tenendo in considerazione i due diversi sistemi in cui si articola l’amministrazione delle società per azioni nella Comunità. È opportuno, inoltre, operare una chiara delimitazione tra le responsabilità delle persone incaricate della gestione e quelle incaricate della vigilanza (30).
     Viene rimessa allo statuto della singola SE la scelta (già contemplata, peraltro, nella proposta di V Direttiva concernente la struttura delle S.p.A, non ancora approvata) tra:
     - un sistema dualistico, caratterizzato dalla presenza dell’assemblea degli azionisti, dell’organo di direzione e dell’organo di vigilanza (artt. 39-42);
     - un sistema monistico, nel quale all’assemblea degli azionisti si aggiunge l’organo di amministrazione (artt. 42-45).
     Va osservato, tuttavia, che la scelta del modello organizzativo non rileva ai fini della disciplina del coinvolgimento dei lavoratori (di cui infra, § 5): l’adozione di un sistema dualistico non comporta, in particolare, la presenza di rappresentanze cospicue di lavoratori nell’organo di controllo. Del resto, la previsione di un modello dualistico non risulta più avere una portata dirompente nel nostro ordinamento, dopo le novità introdotte dalla recente riforma societaria, che propone un’opzione tra un modello di amministrazione dualistico ed uno monistico, in alternativa a quello classico già presente. Si tratta di una scelta che, al fine di consentire alle società di organizzarsi secondo schemi ritenuti più consoni alle specificità della singola impresa, tiene conto di esperienze di altri ordinamenti ed appare in sintonia con le scelte comunitarie.
     È noto il lungo dibattito sulla convenienza dell’una o dell’altra struttura di organo amministrativo, che si innesta in quello relativo ai profili di competitività tra gli ordinamenti: nodo centrale è rappresentato dall’accentuazione della funzione di vigilanza interna, anche di merito, connessa all’adozione del sistema dualistico, cui si affiancano il depotenziamento dell’assemblea a vantaggio dell’organo di gestione e la possibilità di meglio delimitare le competenze degli organi sociali ai fini della loro responsabilità (31).
     Per quanto concerne più specificamente il sistema dualistico previsto per la SE, accanto al modello tradizionale (caratterizzato dalla nomina dell’organo di gestione da parte dell’organo di vigilanza) lo statuto di SE riserva agli Stati membri o all’autonomia statutaria la facoltà di nominare l’organo di gestione da parte dell’assemblea, attenuando in tal modo la dipendenza dello stesso e ponendo i due organi sullo stesso piano (art. 39 comma 2) (32). Agli Stati membri è demandata, altresì, la facoltà di prevedere che l’amministratore o gli amministratori delegati siano responsabili della gestione corrente alle medesime condizioni previste per le società per azioni aventi la sede sociale nel territorio di detto Stato membro.
     Quanto al sistema monistico, la gestione è rimessa ad un solo organo, ma all’interno del consiglio di amministrazione può essere stabilita una ripartizione delle competenze tra amministratori deleganti e delegati. Viene rimessa all’autonomia statutaria l’individuazione delle operazioni soggette ad esplicita decisione dell’organo di amministrazione e, dunque, non suscettibili di essere delegate (33). Allo statuto di SE, infatti, è demandato il compito di stabilire quali categorie di operazioni devono essere autorizzate dall’organo di vigilanza, nel sistema dualistico (34), o sono soggette ad esplicita decisione dell’organo di amministrazione nel sistema monistico (art. 48).
     Va segnalato che nulla è previsto nel Regolamento riguardo alla presenza di un organo di controllo sull’amministrazione nel sistema monistico: ciò potrebbe comportare problemi di coordinamento con la disciplina vigente nel nostro ordinamento in tema di collegio sindacale.
     Fra le varie materie oggetto di rinvio alla legislazione nazionale sulle società per azioni dello Stato in cui la SE ha la sede sociale (es. in tema di composizione degli organi, ineleggibilità ed incompatibilità dei componenti), va ricordata la responsabilità dei membri dell’organo di direzione, di vigilanza o di amministrazione, nel caso in cui la SE subisca danni a causa dell’inosservanza degli obblighi legali, statutari o di altri obblighi comunque inerenti le funzioni (art. 51).
     Il Regolamento dedica particolare attenzione agli scambi informativi tra organi e all’interno dello stesso organo (si veda, in particolare, l’art. 41): trattasi di profilo valorizzato nell’attuale dibattito sui sistemi di corporate governance e nella disciplina delle società quotate (si veda, ad esempio, il già citato Codice di autodisciplina per le società quotate).
     Nella SE l’assemblea delibera nelle materie per le quali viene attribuita una competenza specifica dal Regolamento (e dalle disposizioni dello Stato membro in cui la SE ha la sede sociale, adottate a norma della Direttiva), nonchè in relazione a materie per le quali è attribuita una competenza all’assemblea di una società per azioni regolata dal diritto dello Stato membro in cui la SE ha sede (art. 52).
     Le competenze dell’assemblea di SE sono diverse nei due sistemi amministrativi: nel modello dualistico, infatti, il ruolo dell’organo assembleare è ridimensionato, in considerazione di un corrispondente rafforzamento della posizione dell’organo di sorveglianza; nel modello monistico l’assemblea esercita le competenze classiche di nomina e revoca degli amministratori, dell’approvazione del bilancio e delle modifiche all’atto costitutivo. Si noti, tuttavia, che il già citato art. 39, comma 2, consente agli Stati membri di stabilire (o di permettere allo statuto di prevedere) che i membri degli organi di direzione siano nominati o revocati dall’assemblea alle stesse condizioni previste per le società per azioni.
     La disciplina dell’assemblea appare sostanzialmente modellata, pertanto, su quella dettata per le società per azioni nei singoli Stati membri: l’organizzazione, lo svolgimento dell’assemblea e le procedure di voto sono rimesse alla disciplina dello Stato membro in cui la SE ha la sede sociale (art. 53). In virtù dei numerosi rinvii alla legislazione nazionale, assumerà particolare rilevanza, per una SE con sede in Italia, il nuovo assetto dell’organo assembleare alla luce della recente riforma societaria (35) .
     Tra le disposizioni regolamentari in materia di procedimento si segnalano le previsioni contenute negli artt. 55 e 56: i soci di una SE che detengono azioni pari ad almeno il 10% del capitale sottoscritto (ma una percentuale inferiore può essere prevista dallo statuto o dalla legge nazionale applicabile alle società per azioni) hanno il diritto di richiedere la convocazione dell’assemblea, di fissare l’ordine del giorno, nonché di chiedere l’inserimento di uno o più nuovi punti all’ordine del giorno di un’assemblea generale già convocata (36).

4. Società Europea e gruppi

     La disciplina dei gruppi di società riveste in astratto un ruolo centrale nel modello della SE, collegandosi con alcune modalità di costituzione (SE holding e SE affiliata, di cui supra, § 3.2). Tuttavia, il Regolamento non contiene previsioni specifiche in materia di rapporti di controllo o di gruppo (“considerando” 16) (37), nel solco di una tendenza in base alla quale all’eccedenza di misure volte a disciplinare i rapporti esterni (come quelle in tema di formazione del capitale sociale, tutela dell’affidamento dei terzi in relazione ai poteri rappresentativi, regime di pubblicità, disciplina dei conti annuali e consolidati) si accompagna una speculare carenza di interventi in merito ai rapporti interni tra soci ed alla struttura organizzativa (38).
     In materia occorre, quindi, attenersi all’applicazione delle norme e dei principi generali del diritto internazionale privato (“considerando” 15): i diritti e gli obblighi relativi alla tutela degli azionisti di minoranza e dei terzi, derivanti dal controllo esercitato su di un’altra impresa soggetta ad un diverso ordinamento giuridico, sono disciplinati dal diritto applicabile all’impresa controllata, fatti salvi gli obblighi ai quali l’impresa che esercita il controllo sia soggetta in base alle disposizioni del diritto ad essa applicabile (es. in materia di conti consolidati).
     La SE viene parificata, ai fini dell’applicazione della disciplina, ad una società costituita secondo il diritto interno dello Stato membro. Tale circostanza, data la considerevole disomogeneità dei livelli di tutela accordati dai vari ordinamenti nazionali ad azionisti di minoranza e a terzi, contribuisce, in un regime di concorrenza tra ordinamenti, allo snaturamento dell’originaria funzione della SE e rischia di essere fonte di discriminazioni. Essa induce, in altri termini, a costituire società controllate con sede in ordinamenti più permissivi.
     Diviene essenziale, pertanto, individuare gli obiettivi che devono orientare l’armonizzazione in materia di gruppi, nel rispetto del principio di sussidiarietà: data l’incertezza di fondo sulla nozione e sui criteri identificativi del gruppo, l’intervento sembra essere improntato ad una armonizzazione minima, in modo da fissare le regole essenziali allo scopo di evitare fattori di discriminazione. In questa direzione appaiono prevalentemente orientate le proposte che emergono dal dibattito scientifico sul diritto dei gruppi in Europa (39), rispetto alle quali si possono riscontrare significative analogie nella disciplina in tema di direzione e coordinamento di cui alla novella: si pensi, ad esempio, all’informazione sull’appartenenza al gruppo, alla trasparenza relativa all’esercizio della direzione unitaria e ai rapporti intragruppo, alle regole volte ad assicurare la corretta gestione del gruppo e alle condizioni per le quali il perseguimento di un interesse di gruppo non pregiudica l’interesse sociale delle controllate, alle misure a tutela della minoranza in caso di ingresso o di uscita della società dal gruppo, come il diritto di recesso in mancanza delle condizioni per l’offerta pubblica di acquisto (cfr. art. 2497 e segg. del D. lgs. n. 6/2003).

5. Coinvolgimento dei lavoratori

     Scopo dichiarato della Direttiva è quello di rafforzare il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione, migliorando l’assetto comunitario relativo ai diritti di informazione, consultazione e partecipazione, nel quadro di una concezione dell’impresa come coagulo di una pluralità di interessi diversi ed interagenti fra di loro (40).
     La Direttiva tende a promuovere gli obiettivi sociali della Comunità e garantire che la costituzione di una SE non comporti la scomparsa o la riduzione del coinvolgimento dei lavoratori esistenti nelle società partecipanti alla costituzione di una SE (“considerando” 3). In merito alle modalità di coinvolgimento dei lavoratori nel processo decisionale delle società, la grande varietà delle normative e delle prassi esistenti negli Stati membri ha reso inopportuno stabilire un unico modello europeo applicabile alla SE (“considerando” 5).
     Si è già sottolineato che le norme in tema di coinvolgimento dei lavoratori costituiscono, nelle intenzioni del legislatore comunitario, il complemento indissociabile di quelle relative alla SE (cfr. supra, § 1). Il collegamento tra i due provvedimenti agisce in modo particolarmente penetrante sin dalla fase genetica della SE: la mancata attuazione della Direttiva, infatti, incide profondamente sull’operatività delle disposizioni regolamentari e preclude l’iscrizione della SE (art. 12 comma 2), l’acquisto della personalità giuridica (art. 16 comma 1), nonchè il trasferimento della sede (art. 8 comma 2, lett. c), oltre ad imporre un costante obbligo di conformità dello statuto rispetto alle modalità in tema di coinvolgimento dei lavoratori.
     Secondo la Direttiva il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dell’impresa può essere inteso (art. 2 comma 1, lett. h):
     - in senso forte, come partecipazione dei lavoratori alla gestione;
     - in senso debole, come mera informazione o consultazione dei lavoratori in merito alle scelte gestionali.
     La partecipazione alla gestione deve essere intesa come possibilità per l’organo di rappresentanza e/o i rappresentanti dei lavoratori di incidere sulle attività della società, mediante il diritto di eleggere o designare alcuni membri dell’organo di vigilanza o di amministrazione, o di raccomandare la designazione di alcuni o tutti i membri e/o di opporvisi (art. 2, comma 1, lett. k).
     L’informazione e la consultazione possono fondarsi sulla costituzione di un organo di rappresentanza dei lavoratori oppure su procedure alternative, sulla base di quanto convenuto dall’accordo delle parti (art. 4, comma 2, lett. f): deve essere garantita ai lavoratori, in ogni caso, una valutazione approfondita dei problemi che riguardano la SE e la possibilità di esprimere un parere, di cui si può tener conto nel processo decisionale all’interno della SE (art. 2, comma 1, lett. i e j).
     I diritti di partecipazione dei lavoratori già esistenti in una o più società che costituiscono una SE dovrebbero essere mantenuti trasferendoli alla SE, una volta costituita, a meno che le parti decidano diversamente. Le procedure pratiche per l’informazione e la consultazione transnazionale dei lavoratori (nonché, ove possibile, la loro partecipazione) applicabili a ciascuna SE devono essere definite soprattutto tramite un’intesa da stipularsi tra le parti interessate o, in mancanza della stessa, mediante l’applicazione di norme accessorie (“considerando” 7 e 8).
     Grande importanza viene attribuita al modello convenzionale, fondato su profili di volontarietà ed in grado di elaborare le soluzioni più corrispondenti ai bisogni delle singole società partecipanti all’operazione. La negoziazione è svolta da una delegazione speciale rappresentativa dei lavoratori, la cui composizione è attentamente disciplinata, con il compito di contrattare con gli organi gestori della società le modalità di partecipazione dei lavoratori, il numero dei rappresentanti e il grado di informazione ad essi dovuta (41) .
     In mancanza di un’intesa a seguito dei negoziati tra i rappresentanti dei lavoratori e gli organi competenti delle società partecipanti, si applicano apposite disposizioni di riferimento (si veda l’Allegato alla Direttiva), con conseguente attenuazione del grado di partecipazione dei lavoratori. Le norme di riferimento dovrebbero garantire un regime efficiente di informazione e consultazione transnazionale dei lavoratori, nonché la loro partecipazione agli organi pertinenti della SE, se tale partecipazione esisteva prima della costituzione della SE stessa nell’ambito delle società partecipanti (“considerando” 11).
     Le procedure di informazione e consultazione, pertanto, sono assicurate dalle parti attraverso un accordo (art. 4) o dagli Stati membri attraverso l’adozione delle norme di riferimento, mentre i diritti di partecipazione sono garantiti (per accordo o applicazione delle norme di riferimento) solo se la partecipazione esisteva prima della costituzione; gli Stati membri, inoltre, possono stabilire che le disposizioni di riferimento non si applichino nel caso di costituzione di SE per fusione (“considerando” 9).
     Le norme in tema di partecipazione dei lavoratori rappresentano un notevole passo in avanti, soprattutto se si considerano le carenti discipline esistenti in materia nei vari ordinamenti europei: è stato rilevato, tuttavia, che l’incisività delle procedure previste nella Direttiva sui processi decisionali della società potrebbe rappresentare un forte appesantimento in termini di economicità dei processi decisionali e della mediazione degli interessi in gioco (42). È stato osservato, inoltre, che il carattere flessibile della disciplina comporta, di fatto, un rinvio ai rapporti di forza tra lavoratori ed organi della società ed impedisce di attribuire agli stessi i caratteri propri di un sistema di corporate governance in senso stretto, in grado di incidere sulla conformazione degli organi gestori e di controllo e sulla struttura della società (43).

6. Osservazioni conclusive

     Nelle intenzioni del legislatore comunitario lo statuto di SE dovrà assolvere il compito di realizzare una nuova e più pregnante uniformità delle regole organizzative e gestionali delle imprese operanti in una pluralità di Stati dell’Unione europea, con funzione di stimolo per la creazione di un diritto uniforme e di riduzione del divario esistente tra unificazione economica e giuridica dell’impresa.
     La SE dovrebbe costituire inoltre uno strumento alternativo per rendere possibile e stimolare la mobilità delle imprese nell’ambito dell’UE e un veicolo giuridico per risolvere le ampie e intense resistenze ed anticipare gli effetti in ordine alle fusioni transfrontaliere e al trasferimento della sede in un altro stato membro (si vedano i progetti di X e XIV Direttiva comunitaria, non ancora attuati).
     Sono numerose, tuttavia, le questioni lasciate aperte dal Regolamento e i problemi di natura interpretativa in tema di costituzione ed organizzazione della SE. A fronte degli innegabili aspetti positivi, segnalati nei precedenti paragrafi (la possibilità di trasferire la sede sociale senza che ciò comporti scioglimento e costituzione di una nuova persona giuridica, sia pure con mutamento della legge applicabile; il maggiore coinvolgimento dei lavoratori nella gestione della società), il frequente ricorso a meccanismi di normazione per rinvio alla disciplina nazionale e gli ampi margini di autonomia – in verità non ancora pienamente valutabili, in quanto rappresentano una variabile dipendente dalle scelte che verranno compiute in sede di applicazione del Regolamento e trasposizione della Direttiva nei vari ordinamenti – comportano una perdita di specificità dello statuto e rischiano di compromettere l’uniforme applicazione della disciplina.
     Va segnalata, infine, la mancata previsione di norme relative a settori particolarmente sensibili (come quello tributario e fallimentare), in relazione ai quali è assai probabile che si concentrerà la concorrenza tra ordinamenti comunitari ai fini delle scelte di localizzazione dell’impresa.

 

NOTE

     (1) I provvedimenti sono entrambi pubblicati in G.U.C.E., L 294 del 10 novembre 2001.

     (2) Non è possibile in questa sede ripercorrere in dettaglio l’iter normativo che ha condotto alla stesura definitiva del Regolamento e della complementare Direttiva. Per una ricostruzione delle varie tappe di avvicinamento alla emanazione dei provvedimenti normativi in esame e per una serie di riferimenti bibliografici si veda M. BIANCA, La Società Europea: considerazioni introduttive, in Contratto e impresa/Europa, 2001, 453 ss.; G. DI MARCO, La “società europea”: un nuovo tipo societario per le imprese comunitarie, in Società, 2001, 749; D. CATERINO, Il regolamento sulla Società Europea e la connessa direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori, in Giur. comm., 2002, I, 484. Lo scetticismo circa l’effettiva realizzazione del progetto, alternato a periodi di stasi o di disinteresse, è dovuto alle difficoltà derivanti da vari fattori (sfiducia in merito alla effettiva operatività del nuovo istituto giuridico, assenza di armonizzazione dei diritti nazionali, varietà di modelli organizzativi dell’impresa societaria ed opzione relativa alla struttura dell’organo gestorio e di vigilanza, tradizionale diffidenza dei legislatori nazionali nei confronti di istituti non presenti nei rispettivi ordinamenti, ruolo da attribuire ai lavoratori nella gestione dell’impresa).

     (3) Il legislatore comunitario ritiene indispensabile che le imprese la cui attività non sia limitata al soddisfacimento di esigenze puramente locali possano progettare e attuare la riorganizzazione delle loro attività su scala comunitaria, mettendo in comune, mediante operazioni di fusione, il potenziale delle imprese esistenti di Stati membri differenti, nel rispetto delle regole di concorrenza (cfr. “considerando” 1 e 2 Reg.).

     (4) Si vedano i “considerando” 19 e 22 del Regolamento. L’attuazione della Direttiva nel nostro ordinamento è stata disposta con la legge comunitaria 2001 (legge 1 marzo 2002, n. 39, in G.U. n. 72 del 26 marzo 2002).

     (5) Il riferimento è alla legge 3 ottobre 2001 n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario) e al d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 (Riforma organica del diritto delle società di capitali e cooperative).

     (6) L. DE ANGELIS, Le operazioni di trasformazione, fusione, scissione nella legge delega per la riforma del diritto societario, in Riv. soc., 2002, 77. Va ricordato che nella legge delega n. 366/2001 è previsto un rinvio alle norme sovranazionali esistenti in materia societaria: in particolare, l’art. 1 comma 2 dispone che la riforma sia attuata «nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria”; l’art. 7 comma 1, lett. a), inoltre, stabilisce che in tema di trasformazione, fusione e scissione la nuova disciplina tende a “semplificare e precisare il procedimento di realizzazione delle singole operazioni, nel rispetto, per quanto concerne le società di capitali, delle direttive comunitarie».

     (7) Si veda, a tale proposito, la Relazione alla legge delega per la riforma del diritto societario, § 6.

     (8) È stato recentemente rilevato (G.B. PORTALE, Riforma delle società di capitali e limiti di effettività del diritto nazionale, in Società, 2003, 262) che non si è sfruttata l’occasione di disciplinare la SE con sede in Italia come, per contro, è accaduto nella Propuesta de codigo de sociedades mercantiles spagnola (artt. 643-666). La scarsa attenzione nei confronti del diritto comunitario delle società e dei profili internazionali viene lamentata, del resto, anche in sede di commento alla riforma del diritto concorsuale interno (si veda, ad esempio, A. CAVALAGLIO, in Fallimento, 2003, 242), con riferimento al Regolamento comunitario n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza.

     (9) Così ASSONIME, Prime note sulla Società Europea (SE), Note e Studi n. 18, 3. Si è rilevato, inoltre, che alcune disposizioni del Regolamento non possono essere applicate se non a seguito del recepimento della Direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori (di cui infra, § 5): sono da annoverarsi nel sistema delle fonti della SE, pertanto, anche le disposizioni della Direttiva e i provvedimenti nazionali di attuazione della stessa.

     (10) C. DUCOULOUX FAVARD, Societas Europea, in Lo statuto legale di SE, 2002, (a cura di A. Principe), 31: l’adozione di una tecnica di normazione per rinvio al diritto degli Stati membri inciderà profondamente sulle caratteristiche in concreto assunte dalla SE.

     (11) G. DI MARCO, La “società europea”, cit., 749; M. BIANCA, La Società Europea, cit., 485 e 487; ASSONIME, Prime note, cit., 12; M.R. SANCILIO, La nuova proposta per un regolamento comunitario sullo statuto della Società Europea, Impresa c.i., 1999, 64 ss. e Il Regolamento comunitario sullo statuto della Società europea, ivi; S.M. CARBONE, La corporate governance della Società Europea nel Reg. n. 2157/2001: tra norme materiali uniformi e tecniche di diritto internazionale privato, in Dir. comm. int., 2002, 138, secondo il quale il Regolamento «… non realizza direttamente e completamente l’unità giuridica dell’impresa e l’uniformità materiale della sua disciplina in coerenza con la sua unità economica … ci si limita, infatti, al riguardo, a prevedere l’applicazione di normative materiali statali da individuare in virtù di comuni principi e tecniche di diritto internazionale privato». È stato osservato (CATERINO, Il regolamento, cit., 485) che, di fatto, la scelta del grado di differenziazione del diritto della SE da quello di una società interna è lasciata agli stessi legislatori nazionali (cfr. art. 69 lett. d), e ciò ridimensiona notevolmente gli spazi di tipicità della SE come modello societario e come schema sovranazionale.

     (12) I rinvii riguardano materie di particolare rilevanza: modalità di costituzione della società; disciplina, salvaguardia del capitale sociale (del quale il Regolamento impone soltanto l’ammontare minimo) e sue modificazioni; disciplina di azioni ed obbligazioni (art. 5); responsabilità dei componenti degli organi di direzione, vigilanza o amministrazione per i danni causati nell’esercizio delle loro funzioni (art. 51); modalità di svolgimento delle assemblee e l’esercizio del voto (artt. 52-53); controllo e pubblicità del bilancio d’esercizio (art. 61); scioglimento, liquidazione, insolvenza e cessazione dei pagamenti (art. 63).

     (13) Trattasi di fenomeno da tempo noto nell’esperienza statunitense come “effetto Delaware”. Gli Stati tendono a riconoscere spazi più ampi all’autonomia statutaria e ad emanare discipline volte ad accrescere il livello di gradimento nei confronti di modelli giuridici presenti nell’ordinamento, rendendolo più attraente agli occhi degli operatori economici e degli investitori. La stessa riforma societaria attuata nel nostro ordinamento appare finalizzata, del resto, ad accrescere la competitività del diritto societario nazionale e dei relativi modelli organizzativi (cfr. art. 2 comma 1 l. 366/2001). Cfr. BIANCA, La Società Europea, cit., 481 ss.

     (14) Si veda, più diffusamente, M. MIOLA, Lo statuto di società europea, in Lo statuto legale, cit., p. 47 ss.

     (15) Il riferimento è ai principi emanati dall’OCSE nel 1998, ai Priciples of Corporate Governance dell’American Law Institute (riportati in traduzione in Riv. soc., 1996, 357 ss..), ai codici di condotta predisposti in diversi ordinamenti e, in particolare, al Codice di autodisciplina emanato nel 1999 dal Comitato per la corporate governance delle società quotate su iniziativa della Borsa italiana (in Riv. soc., 1999, 1386 ss.), successivamente modificato nel luglio 2002.

     (16) In settori come quello societario, nei quali i singoli ordinamenti nazionali presentano differenze significative, l’armonizzazione «non procede con strumenti formali e non è calata dall’alto attraverso apposite direttive di coordinamento legislativo, ma viene per così dire di fatto e dal basso, mettendo in concorrenza, oltre agli operatori, gli stessi sistemi normativi ed organizzativi e spingendoli a ridurre le reciproche differenze» (A. TIZZANO, Problematiche del diritto delle Comunità europee, 1992, 315). Si verrebbe così a formare un mercato delle regole che non necessariamente costituisce un fenomeno di concorrenza al ribasso.

     (17) Si noti che l’art. 2327 cod. civ., novellato dal D. Lgs. n. 6/2003, ha innalzato il capitale sociale minimo delle società per azioni da 100.000 a 120.000 euro.

     (18) È stato suggerito che l’amministrazione centrale (di cui il Regolamento non fornisce una definizione) sia individuata con riferimento al luogo in cui è situato il centro amministrativo e direttivo delle operazioni sociali (Circolare Assonime n. 55 del 5 agosto 2002, 6).

     (19) Secondo il principio dell’incorporazione (Gründungstheorie) la legge applicabile ad una società è quella del Paese in cui è stata costituita, mentre in base al principio della sede reale (Sitztheorie) si applica la legge del Paese con cui la società ha l’amministrazione centrale o svolge la sua principale attività. Ne deriva che, secondo la prima teoria, il trasferimento dell’amministrazione centrale in uno Stato diverso non incide sulla personalità interna né sul riconoscimento della personalità giuridica, mentre la seconda può rappresentare un ostacolo al trasferimento della società e alla libera circolazione nell’ambito della Comunità. Si veda F.M. MUCCIARELLI, Libertà di stabilimento comunitaria e concorrenza tra ordinamenti societari, in Giur. comm., 2000, II, 562.

     (20) M. MIOLA, Lo Statuto di Società Europea, in Lo statuto legale, cit., 43.

     (21) Per una trattazione puntuale delle modalità di costituzione di SE si rinvia alla Circolare Assonime n. 55 del 5 agosto 2002, 14 ss.

     (22) Le società a responsabilità limitata sono legittimate espressamente alla costituzione di una SE holding; si ritengono implicitamente legittimate in caso di SE affiliata in virtù dell’ampio rinvio contenuto nell’art. 48, comma 2, del Trattato (ma non è chiaro il motivo per cui, ai sensi dell’art. 2, comma 3, sono legittimate alla costituzione di una SE affiliata le società e le altre entità giuridiche di diritto pubblico o privato, di cui all’art. 48, comma 2, del Trattato, mentre per la holding è espressamente prevista la costituzione anche per società a responsabilità limitata: si veda Circolare Assonime, cit., 12); è, invece, preclusa la possibilità di procedere alla creazione di una SE per fusione o per trasformazione.

     (23) Il favor dichiarato dal legislatore comunitario nei confronti delle piccole e medie imprese rischia, in tal modo, di restare lettera morta. F. AMBROSIANI, Società Europea e fusione internazionale (seconda parte), in Soc., 2002, 1502; ASSONIME, op. cit., 6; A. PACIELLO, La società europea, in Lo statuto legale, cit., 126.

     (24) Ai sensi dell’art. 12 del Regolamento, la SE deve essere iscritta in un apposito registro nello Stato membro in cui ha sede, a condizione che sussista: a) un accordo sulle modalità di coinvolgimento dei lavoratori; oppure b) la decisione della delegazione speciale di negoziazione (rappresentativa dei lavoratori delle società partecipanti e delle affiliate o delle dipendenze, con funzioni di contrattazione delle modalità di coinvolgimento dei lavoratori) di non aprire negoziati o di avvalersi delle norme in tema di informazione e consultazione dei lavoratori vigenti negli Stato membro in cui la SE annovera lavoratori; oppure c) il decorso del termine per i negoziati senza che sia raggiunto un accordo (cfr. art. 5 della Direttiva).

     (25) L’accordo sulle modalità di coinvolgimento viene raggiunto tra la delegazione speciale di negoziazione e gli organi competenti delle società partecipanti alla costituzione della SE, che sarebbero in tal modo legittimati a stipulare un accordo vincolante per un soggetto giuridico diverso (la costituenda SE): è previsto, tuttavia, che le assemblee delle società partecipanti si riservino il diritto di subordinare l’iscrizione della SE ad una esplicita ratifica (cfr. art. 23, comma 2, e art. 32, comma 6).

     (26) Come opportunamente rilevato in ASSONIME, cit., 4, per effetto del trasferimento di sede i profili organizzativi interni disciplinati direttamente dal Regolamento o da questo rimessi all’autonomia statutaria non subiscono alterazioni di rilievo, mentre i numerosi aspetti per i quali è previsto un rinvio alla disciplina nazionale potranno essere oggetto di significative variazioni. La conservazione delle disposizioni organizzative derivanti dall’applicazione della legge nazionale della sede originaria della SE dipenderà, pertanto, dalla compatibilità delle stesse con la legislazione dello Stato in cui la sede è trasferita.

     (27) Disposizione analoga è quella contenuta nell’art. 19, che consente alla legge di uno Stato membro di vietare la costituzione di una SE mediante fusione qualora un’autorità competente di tale Stato membro si opponga per motivi di interesse pubblico. La mancata armonizzazione fiscale potrebbe indurre gli Stati membri a consentire l’opposizione al trasferimento della sede della SE anche per mancata coerenza di regimi fiscali, con grave limite all’applicabilità del Regolamento. Tuttavia, in quanto derogatoria, la disposizione dovrebbe essere interpretata in senso restrittivo, anche alla luce del “considerando” 5, che impone agli Stati membri di evitare discriminazioni della SE rispetto alle società per azioni, differenze di trattamento ingiustificate o restrizioni eccessive alla costituzione o al trasferimento della sede.

     (28) Corte di Giustizia CE, 9 marzo 1999, causa C-212/97, in Foro it., 2000, IV, c. 317, con nota di S. FORTUNATO. Fra i numerosi contributi in argomento si segnalano: F.M. MUCCIARELLI, Libertà di stabilimento cit., 553 ss.; S. MECHELLI, Libertà di stabilimento per le società comunitarie e diritto societario dell’Unione europea in Riv. dir. comm., 2000, II, 73 ss.; A. PERRONE, Dalla libertà di stabilimento alla competizione fra gli ordinamenti? Riflessioni sul caso Centros, in Riv. soc., 2001, 1292.

     (29) Si veda in proposito MIOLA, op. cit., 61 ss.

     (30) Si noti che proprio le scelte in tema di organizzazione e funzionamento dell’organo amministrativo hanno determinato il lungo periodo di elaborazione dello statuto di SE, unitamente a quelle sul coinvolgimento dei lavoratori nella gestione.

     (31) Come è noto, il sistema dualistico attua un modello di governance in cui le più importanti funzioni dell'assemblea ordinaria (che nel modello tradizionale spettano ai soci e, quindi, alla proprietà) sono attribuite al consiglio di sorveglianza. Si tratta pertanto di un sistema in cui la proprietà non nomina gli amministratori e non approva il bilancio ma decide sull'elezione del consiglio di sorveglianza, che si pone, dunque, come un organo intermedio tra assemblea ed amministratori, cui spetta la nomina di questi ultimi ed il controllo della relativa attività. Ne deriva un sistema in cui si ridimensiona il ruolo dell’assemblea e si realizza invece la dissociazione tra proprietà dei soci e potere degli organi sociali, rendendo così il modello organizzativo particolarmente adatto a società in cui la gestione è affidata a managers autonomi e con poche interferenze dei soci. Si noti che nello statuto di SE l’organo di vigilanza controlla la gestione assicurata dall’organo di direzione, ma non può esercitare esso stesso il potere di gestione della SE (art. 40); nel nostro ordinamento il consiglio di sorveglianza, che svolge compiti di vigilanza e supervisione, sembra poter esercitare anche poteri sostanzialmente amministrativi (si veda, ad esempio, il novellato art. 2365 comma 2).

     (32) Ci si è domandati, peraltro (Circolare Assonime n. 55, cit., 19), se la nomina e revoca da parte dell’assemblea implichino anche un controllo dell’assemblea sulla gestione, ovvero se l’organo di sorveglianza continui ad esercitare in via esclusiva il controllo.

     (33) Si noti che questa soluzione appare compatibile con quanto stabilito in via generale dall’art. 4, comma 8, lett. a), della legge delega, volta a precisare contenuto e limiti delle deleghe, al fine di evitare la concentrazione di tutto il potere gestorio negli organi delegati e la riduzione dell’organo collegiale a mero simulacro. Si veda altresì l’art. 1.2 del Codice di autodisciplina, in relazione al quale il Comitato ritiene che sia diritto ed interesse del Consiglio monitorare che non vi sia una rilevante concentrazione di poteri gestionali in capo agli organi delegati senza un adeguato sistema di controlli e raccomanda, in ogni caso, che la delega agli amministratori delegati non copra, oltre alle materie riservate al consiglio dalla legge o dallo statuto, le operazioni più significative (e tra queste, in particolare, quelle con parti correlate), il cui esame e la cui approvazione rimangono nella competenza esclusiva del Consiglio.

     (34) Tale circostanza consente di delimitare i poteri dell’organo di vigilanza nei confronti dell’organo di gestione, evitando una continua ingerenza nella gestione attiva (MIOLA, op. cit., 75): va considerato, tuttavia, che gli Stati membri potranno prevedere che l’organo di vigilanza possa di per sé subordinare ad autorizzazione determinate determinate categorie di operazioni (art. 48 comma 2).

     (35) La novella è intervenuta, infatti, con riferimento all’area della competenza (ridisegnata secondo il modello amministrativo prescelto), nonché del procedimento assembleare (che è stato oggetto di semplificazione in tema di pubblicità, adempimenti per la partecipazione, modalità di discussione e di voto) e della disciplina dell’invalidità delle delibere assembleari. In particolare, a fronte del ruolo svolto dal consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico, le competenze dell’assemblea ordinaria appaiono ridotte, rimanendo invece pressoché inalterate in caso di scelta del modello classico e di quello monistico (cfr. artt. 2364 e 2364-bis).

     (36) La ratio sottesa ad una simile previsione è da ricercarsi nella volontà di tutelare le minoranze, evitando, nel contempo, che maggioranze esigue si avvalgano di procedure riconosciute dalle disposizioni vigenti in modo abusivo, per fini dilatori o di disturbo. Si noti che la novella ha investito del diritto di chiedere la convocazione tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale (e non più il quinto, come nel vigente art. 2367 c.c.), uniformandosi in tal modo alla percentuale indicata nell’art. 125 TUF e nel Regolamento in esame. Il novellato art. 2367 dispone, tuttavia, che la convocazione su richiesta dei soci non è ammessa per argomenti sui quali l’assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta.

     (37) Si noti che la regolamentazione dei gruppi a livello comunitario è tra quelle su cui maggiormente si è registrato uno stallo e su cui ha più inciso la crisi del processo di armonizzazione, nonostante venisse indicata come uno dei settori primari di intervento ai fini del completamento del mercato interno.

     (38) Si veda, più diffusamente, MIOLA, op. cit., 87 ss.

     (39) Si vedano i risultati del Forum Europaeum sul diritto dei gruppi di società, Un diritto dei gruppi di società per l’Europa, in Riv. soc., 2001, 341 ss.

     (40) La Direttiva si colloca, del resto, in un più ampio contesto normativo in materia di diritti dei lavoratori, in relazione al quale si segnalano: l’istituzione di un Comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (intendendosi per tale un’impresa che impieghi almeno 1000 lavoratori negli Stati membri e almeno 150 lavoratori per Stato membro in almeno due Stati membri), di cui alla Direttiva 94/45/CE (in G.U.C.E. L 254 del 30 settembre 1994, modificata da ultimo dalla Direttiva 97/74/CE (G.U.C.E. l 10 del 16 gennaio 1998), alla quale è stata data attuazione nel nostro ordinamento con il D. Lgs. 2 aprile 2002, n. 74.); la Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (in G.U.C.E. n. L 82 del 22/03/2001); la Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori (Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori, in G.U.C.E. n. L 80 del 23/03/2002).

     (41) È stato osservato (A. PERRONE, Dalla libertà di stabilimento, cit., 1307) che il processo di negoziazione, autonomo e decentrato, appare parzialmente modellato sulla teoria delle default rules in materia di contratto (secondo cui la norma dispositiva deve essere formulata in modo da penalizzare il contraente più informato o con maggiore potere contrattuale, in modo da indurlo a comportamenti che consentano di superare l’asimmetria informativa o lo squilibrio nel potere contrattuale): in mancanza di diverso accordo fra le parti sociali, l’applicazione delle regole standard dovrebbe comportare un incentivo alla negoziazione sia nei Paesi meno propensi alla cogestione (anche per ridurre o eliminare la disciplina standard), sia nei Paesi in cui è già presente una tradizione partecipativa (eventualmente in modo da modificare in melius le previsioni dispositive).

     (42) L’opzione non rappresenterebbe, pertanto, un’alternativa competitiva per le piccole e medie imprese di stati che non presentano una disciplina in tema di partecipazione e coinvolgimento dei lavoratori. Così A. PACIELLO, La società europea, in Lo statuto legale, cit., 126.

     (43) MIOLA, op. cit., 87.

 

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