il diritto commerciale d’oggi
    2.3 – marzo 2003

STUDÎ E COMMENTI

 

ALESSIA MONTONESE

I patrimoni dedicati

 

 

1. Premessa

     La legge delega n. 366 del 2001 all’art. 4, comma 4. lett. b) imponeva al legislatore delegato di «consentire che la società costituisca patrimoni dedicati (1) ad uno specifico affare, determinandone condizioni, limiti e modalità di rendicontazione, con la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione ad esso; prevedere adeguate forme di pubblicità, disciplinare il regime di responsabilità per le obbligazioni riguardanti detti patrimoni e la relativa insolvenza».
     Il legislatore delegato ha previsto nel Decreto Legislativo n. 6 del 17 gennaio 2003 (d’ora in avanti per brevità semplicemente “Decreto”) (2), la fattispecie dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, cui ha dedicato la Sezione XI del Capo V, dettagliando un’apposita disciplina dall’art. 2447 bis all’art. 2447-decies.
     Si tratta di un istituto del tutto nuovo (3) per il sistema delle società per azioni (4), seppur forme di patrimoni destinati ad uno scopo costituiscano, per alcuni versi, una realtà nota (5) (per un’analisi degli altri istituti analoghi si rimanda al paragrafo n. 3 del presente scritto). In deroga alle regole generali sulla responsabilità patrimoniale del debitore, troviamo esempi analoghi in modelli patrimoniali derivanti da normative speciali che danno rilievo, sul piano normativo, all’autonomia dei beni destinati ad una attività di gestione rispetto alle vicende del restante patrimonio del soggetto o dei soggetti che hanno dato origine a tale “destinazione” e che sono il segno di una progressiva erosione del «dogma dell’indivisibilità del patrimonio» (6). Nel nostro sistema cioè – sino alle disposizioni in commento – non si aveva una definizione, né tanto meno una disciplina, di “patrimonio destinato”, mentre si è spesso parlato di patrimonio separato, autonomo o segregato: fenomeni diversi caratterizzati da un diverso grado di autonomia patrimoniale (7).

Finalità

     L’intenzione del legislatore delegato è quella di favorire con strumenti più flessibili – cui potranno facoltativamente far ricorso tutte le forme di società – il finanziamento di operazioni rischiose o complesse, quali ad esempio potrebbe essere la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, il finanziamento ad un brevetto industriale, un investimento in genere per la ricerca, etc.
     Come conferma l’analisi della disciplina, si è creata una nuova prassi per sfruttare possibilità nuove che potranno aversi (come si specificherà in prosieguo) nelle due distinte fattispecie, rispettivamente due “modelli” di patrimoni destinati e precisamente: i) costituzione di un patrimonio destinato ad uno specifico affare individuato all’interno della società (in base al business plan contenuto nella delibera di costituzione) e ii) destinazione dei proventi di uno specifico affare a rimborso di un finanziamento sulla base di un contratto da stipularsi.
     Lo ”affare” è dunque sia destinatario del finanziamento che fonte degli specifici proventi destinati al servizio del finanziamento stesso (8).

Disciplina

La nuova disciplina prevede che la società per azioni abbia avanti a sé un’alternativa:
     1) la costituzione di uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad un singolo affare; in ogni caso, il limite da rispettare perché sia consentita la destinazione è quello del 10% (9) del patrimonio netto della società (lett. a, dell’art. 2447-bis) e comunque non possono essere costituiti per l’esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base a leggi speciali (10);
     2) oppure l’accordo sul rimborso totale o parziale del finanziamento di uno specifico affare con i proventi dell’operazione stessa, o anche con una parte di questi (lett. b, dell’art. 2447-bis e 2447-decies).

1. Costituzione del patrimonio destinato

     In questo caso il patrimonio destinato ad un singolo affare è individuato all’interno del patrimonio della società (nella sostanza l’operazione è equivalente alla costituzione di una nuova società, con il vantaggio della eliminazione dei costi di costituzione, mantenimento ed estinzione della stessa).
     Qualora la società decida di costituire uno o più patrimoni destinati ad uno specifico affare i passaggi da seguire necessariamente sono: i) deliberazione e pubblicità della costituzione ii) istituzione di libri obbligatori e altre scritture separate e iii) rendiconto finale.
     La nuova disciplina infatti prevede che, salvo diversa disposizione dello statuto, debba essere adottata una deliberazione dal consiglio di amministrazione (o di gestione) a maggioranza assoluta dei suoi componenti (11).
     In particolare nell’art. 2447-ter vengono specificati gli elementi che devono in essa essere contenuti, e cioè:
     a) l’affare al quale è destinato il patrimonio;
     b) i beni e i rapporti giuridici compresi nel patrimonio;
     c) il piano economico finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell’affare, le modalità relative al suo impiego, il risultato che si intende perseguire e le eventuali garanzie offerte ai terzi;
     d) gli eventuali apporti di terzi, le modalità di controllo sulla gestione e partecipazione ai risultati dell’affare;
     e) la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione all’affare, con la specifica indicazione dei diritti che attribuiscono (cfr. Relazione che accompagna il Decreto, nella quale si legge che la costituzione di un patrimonio separato non è necessariamente collegata ad ipotesi di finanziamenti di terzi destinati all’affare stesso);
     f) la nomina di una società di revisione per il controllo contabile sull’andamento dell’affare, quando la società non è assoggettata alla revisione contabile ed emette titoli sul patrimonio diffusi tra il pubblico in misura rilevante ed offerti ad investitori non professionali;
     g) le regole di rendicontazione dell’affare.
     È inoltre previsto che la delibera sia depositata ed iscritta nel Registro delle imprese, secondo quanto disposto dall’art. 2436 cod. civ. (12).
     Una volta costituito il patrimonio, con riferimento allo specifico affare, gli amministratori (o il consiglio di gestione) tengono separatamente i libri e le scritture contabili prescritti dagli artt. 2214 e seguenti.
     Nello stato patrimoniale dell’impresa sono inseriti distintamente i beni e i rapporti compresi nei patrimoni destinati, mentre gli amministratori dovranno comunque stilare un rendiconto separato per ciascun patrimonio e illustrare, nella nota integrativa, il valore e la tipologia dei beni e dei rapporti giuridici compresi in ciascun patrimonio destinato.
     In calce allo stato patrimoniale può essere indicata la possibilità che la società risponda illimitatamente per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare. Ciò vuol dire che è consentita la contrattazione del regime di responsabilità: è infatti previsto (art. 2447-quinquies) che «qualora la deliberazione non disponga diversamente per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare la società risponde nei limiti del patrimonio ad essa destinato». Il principio della responsabilità illimitata può dunque diventare derogabile ed i limiti sono posti a terzi: l’impegno deve risultare dallo stato patrimoniale e formare oggetto di valutazione secondo criteri da illustrare nella nota integrativa.
     Resta infine la previsione – contenuta sempre nell’art. 2447-quinquies – di una responsabilità sussidiaria per il risarcimento del danno da fatto illecito (13) provocato nello svolgimento dell’affare (in questo caso la separazione opera solo a favore dei creditori e non a loro danno, anche se potrebbe la banca finanziatrice potrebbe anche inserire una clausola diversa).
     Anche se la costituzione di un patrimonio separato non è necessariamente collegata ad ipotesi di finanziamento di terzi destinati all’affare stesso, la nuova disciplina consente alla società, che abbia scelto di costituire un patrimonio destinato ad uno specifico affare, di emettere strumenti finanziari di partecipazione all’affare stesso (art. 2447-octies). In tal caso si tratterà di finanziamenti a carattere “partecipativo”, in ordine ai quali è prevista un’ampia possibilità di articolazione dei diritti patrimoniali ed un principio di organizzazione (assemblea speciale) a tutela di questi, compreso il rappresentante comune. Anche in tale ipotesi la disciplina prevede una “separatezza” contabile, essendo previsto (art. 2447-sexies) che qualora siano emessi strumenti finanziari la società deve tenere un libro distinto indicante le loro caratteristiche.
     Quando l’affare si realizza o anche nel caso sia diventato impossibile andrà poi stilato un rendiconto finale, documento che dovrà essere accompagnato da una relazione dei sindaci e dalla eventuale certificazione della società di revisione.

2. Finanziamento destinato ad uno specifico affare

     Diversa disciplina è dettata per la seconda possibilità, cioè il finanziamento destinato ad uno specifico affare, al cui rimborso (totale o parziale) debbono essere destinati i via esclusiva tutti o parte dei proventi dell’affare stesso (art. 2447-decies).
     In tal caso è previsto che una società (che chiede e riceve un finanziamento) stipuli in contratto che dovrà contenere una serie di elementi indicati nell’art. 2447-decies, quali:
     1) la descrizione dell’operazione che consenta di individuarne lo specifico oggetto, le modalità ed i tempi di realizzazione; i costi previsti ed i ricavi attesi;
     2) il piano finanziario dell’operazione, indicando la parte coperta dal finanziamento quella a carico della società;
     3) i beni strumentali necessari alla realizzazione dell’operazione;
     4) le specifiche garanzie che la società offre in ordine all’obbligo di esecuzione del contratto e di corretta e tempestiva realizzazione dell’operazione;
     5) ed i controlli che il finanziatore, o soggetto da lui delegato, può effettuare sull’esecuzione dell’operazione;
     6) la parte dei proventi destinati al rimborso del finanziamento e le modalità per determinarli;
     7) le eventuali garanzie che la società presta per il rimborso di parte del finanziamento;
     8) il tempo massimo del rimborso, decorso il quale nulla più è dovuto al finanziatore.
     Come può notarsi è previsto un finanziamento, e quindi l’ingresso di nuovi mezzi finanziari nella società, ovviamente provenienti da terzi (soggetti finanziatori) a servizio del rimborso del quale siano principalmente destinati i ricavi dell’affare stesso.
     I proventi (14) dell’operazione rappresentano un patrimonio separato da quello della società che ha chiesto il finanziamento, a condizione che i termini essenziali del contratto siano iscritti nel Registro delle imprese e che la società adotti sistemi di incasso e contabilizzazione adatti ad identificare in ogni momento i proventi dell’affare e a tenerli separati dal resto del patrimonio della società.
     Nel caso vengano rispettate queste condizioni e il contratto indichi tutti gli elementi necessari sopra indicati, non saranno ammesse azioni da parte dei creditori sociali, sui proventi, sui frutti di essi e sugli investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso. Alle medesime condizioni risponde il patrimonio separato, tranne nel caso in cui vi sia una garanzia parziale. Sui beni strumentali potranno però esercitare azioni conservative a difesa dei loro diritti.
     Importante la precisazione che, al di fuori dell’attuale normativa sulla cartolarizzazione (15), il finanziamento non potrà essere rappresentato da titoli destinati alla circolazione.
     Una notazione a parte merita l’ipotesi di fallimento. A differenza della fattispecie di costituzione del patrimonio separato, in cui si ha la chiusura dell’affare, la destinazione dei beni assume carattere reale di opponibilità ai terzi, ed il vincolo permane anche per chi subentra. Ciò vuol dire che se l’affare è “buono” anche in caso di fallimento della società può aversi la continuazione dell’affare, tramite il subentro di un nuovo costruttore.
     Il finanziatore in tal caso può infatti decidere se insinuarsi al passivo con altri creditori (abbandonando l’opera) o far continuare l’affare. In quest’ultimo caso il vincolo di separazione (se l’affare non è divenuto impossibile) continua ad avere effetto sui terzi.

3. Un confronto dei due modelli: vantaggi e svantaggi

     Dopo aver analizzato la disciplina dei due modelli è interessante paragonare gli stessi al fine di comprendere le possibilità, ed i vantaggi, per la società che decide di avvalersene.
     Con il primo modello il legislatore delegato sembra voler creare un’alternativa al “gruppo”, prevedendo all’interno della società ed, in particolare, del proprio patrimonio “generale” tutte le stesse fattispecie che possono aversi all’interno del gruppo: un’amministrazione autonoma, una sede, un segno distintivo e regole per la gestione del patrimonio generale e particolare, destinato quest’ultimo ad uno specifico affare. Seppur vi sia l’eliminazione di alcuni costi la delibera di costituzione di un patrimonio separato produce tuttavia gli stessi effetti della costituzione di una società.
     È un modello che non convince né sotto il profilo della percorribilità né sotto il profilo dell’utilità (16).
     Troppi i passaggi (e relativi problemi) che lo stesso impone: delibera del consiglio di amministrazione (o di gestione), scelta dei beni e rapporti giuridici da comprendere nel patrimonio destinato all’affare, nonché da ultimo il monitoraggio costante dell’operazione (la società che intende costituire il patrimonio destinato al suo interno dovrà rispettare un regime di pubblicità che segue tutta la vita del patrimonio separato, individuarne segni distintivi per rapporti esterni, costantemente gestire i rapporti tra patrimonio destinato e patrimonio generale …)
     Difficile dunque inquadrare il fenomeno da un punto di vista operativo, probabilmente potrebbe immaginarsi per le medesime finalità del secondo (finanziamenti per grandi opere …) con l’unico scopo di evitare i costi della costituzione di una nuova società che potrebbe avere però interesse ad emettere strumenti finanziari, o costituire a sua volta il referente per operazioni di finanziamento a singoli affari.
     Il secondo modello, invece, crea una alternativa alla garanzia sui beni futuri, con un deroga al sistema della responsabilità patrimoniale.
     Tale modello deve essere analizzato per entrambi i soggetti coinvolti: soggetto finanziatore e soggetto finanziato.
     Per il soggetto finanziato tale secondo modello, offre innumerevoli vantaggi primo fra tutti la possibilità di porre al servizio del suo finanziamento non l’intero suo patrimonio esistente o futuro né beni determinati, ma i ricavi quali proventi del suo specifico affare.
     In questo caso i creditori della società (finanziata) sino al rimborso del finanziamento hanno esclusivamente azioni conservative a tutela dei loro diritti, non essendo ammesse azioni sui proventi, sui frutti di essi e degli investimenti eventualmente effettuati.
     Per i il finanziato potrà inoltre esserci la possibilità di predisporre un piano finanziario che non coinvolga l’intero piano dell’impresa e di sopportare così un inferiore costo del finanziamento, in relazione all’opportunità di presentare al mercato un rischio di credito più facilmente determinabile.
     Per il finanziatore: a fronte del finanziamento erogato, vi sarà la garanzia – non più dell’intero patrimonio finanziato – bensì di un programmato flusso di denaro solo a lui destinato.
     Nel caso in cui questo soggetto sia una” banca”, sono state evidenziate alcune osservazioni, concernenti il ruolo che le stesse potrebbero avere nel caso di finanziamento ad uno specifico affare (17).
     In questo caso infatti alla banca, a differenza di un normale finanziamento verso società, si presenta non un intero patrimonio ma un flusso di denaro che individua un provento separato e chiaramente individuato nei componenti attivi e passivi (come dire: se il flusso viene meno, non potrà pretendere altro; se invece il flusso è più del previsto, le parti sono libere di scegliere)
     Ciò comporta l’alterazione del principio della responsabilità patrimoniale illimitata, situazione nell’ordinamento attuale impossibile, stante l’applicazione degli artt. 2740 e 2741 cod. civ. (18).
     Per i creditori generali potrà ravvisarsi una minore esigenza di tutela, non distaccandosi dal patrimonio beni preesistenti.
     Per la genericità degli azionisti potrà configurarsi una maggiore possibilità di reperire capitale senza alterare la compagine sociale.

4. Istituti analoghi

     Considerata la novità della fattispecie, può essere utile il richiamo a fenomeni ed istituti che presentano, almeno apparentemente, profili strutturali funzionali o assimilabili.
Si pensi ad esempio a:
     • disciplina dei comitati e delle fondazioni fiduciarie (dotate di una particolare forma di destinazione del patrimonio);
     • fondi pensione (Cfr. art. 4.2. del Dlgs. 21 aprile 1993, n. 124 recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari” , in cui si faceva indistintamente riferimento alla formula “patrimonio di destinazione”, “patrimonio separato” e “autonomo” (norma abrogata dall’art. 5 della legge 8 agosto 1995, n. 355, Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare);
     • fondi di sviluppo costituiti a favore di enti senza scopo di lucro e che perseguono fini di utilità sociale e fondi privati costituiti su contributi delle stesse organizzazioni;
     • separazione dei fondi etici raccolti al fine di erogare finanziamenti per fini di utilità sociale (art. 29 Dlgs. n. 460 del 1997 e Regolamento di attuazione D.M. Min. Tes. 328/99);
     • project financing (poiché secondo lo schema tradizionale il finanziatore non concede un prestito ad un soggetto contro garanzie offerte da quest’ultimo bensì partecipa al rischio di impresa);
     • trust (la logica è la stessa, entrambe le fattispecie sono infatti riconducibili ad una finanza di impresa realizzata con modalità piuttosto affini considerando che l’art. 2069 cod. civ. stabilisce che i beni e i diritti trasferiti al fiduciario costituiscono una massa separata);
     • cartolarizzazione (in ragione della separatezza del patrimonio della società veicolo, soprattutto in riferimento all’analogia che vi è tra portatori dei titoli emessi dalla società veicolo, che sopportano il rischio che dalla escussione del debito non si ricavi nulla senza possibilità di rifarsi sulla società veicolo. Nei patrimoni destinati infatti il finanziatore sopporta il rischio inerente all’affare senza la possibilità di rifarsi sul generale patrimonio della società);
     • associazione in partecipazione (i patrimoni destinati rappresentano una forma evoluta dello schema negoziale dell’associazione in partecipazione, poiché nella nuova disciplina è consentito di svincolare l’associante dall’onere di ottenere il consenso degli associati);
     • mutuo di scopo (vi è analogia per il fatto che il credito è concesso per uno scopo determinato, ma vi è anche una notevole differenza perché nel caso del mutuo di scopo la somma mutuata entra nel patrimonio del mutuatario, ma soprattutto – per la fungibilità del denaro – una volta erogata perde la sua individualità e non è più identificabile nel patrimonio in cui va a confondersi);
     • fondi patrimoniali (19);
     • recente è infine la previsione del patrimonio separato della società Infrastrutture Spa (cfr. art. 8 del D.l. 15 aprile 2002 n. 63, convertito nella L. 15 giugno 2002, n. 112). La società può destinare i propri beni e diritti relativi ad una o più operazioni di finanziamento che costituiscono in tal modo patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relative ad altre operazioni.

5. Commenti alla disciplina

     I primi commenti alla disciplina (più favorevoli al secondo modello delineato) si interrogano in particolare sull’approccio da seguire per inquadrare il fenomeno: se ci si debba muovere sul piano civilistico dell’imputazione del patrimonio o sul piano della responsabilità, dunque nell’ambito degli artt. 2740 e 2741 cod. civ.
     La dottrina prevalente (20), orientata verso quest’ultima posizione, ricorda le indicazioni presenti nella Relazione alla proposta Mirone, in cui si parla di «separazione sul piano della responsabilità”, evidenziando che la protezione del principio quasi dogmatico, dell’interdipendenza tra unicità del patrimonio, inseparabilità e regime di responsabilità, era già alla base del ragionamento del nostro legislatore nell’attuare la XII Direttiva di armonizzazione del diritto societario.
     La scelta per il piano della mera responsabilità, inoltre, elimina la possibilità che si possa concepire l’istituto in modo che lo stesso abbia rilevanza esterna ed effettiva autonomia, tanto da riprodurre nella singola società una o più subsocietà (21) con tanto di amministrazione autonoma, di sede, di segni distintivi e di regole per i rapporti tra patrimonio generale e particolare.
     Per la dottrina citata dunque parlare di patrimonio destinato vuol dire far capo al sistema della responsabilità: la separazione va intesa non già su piano dell’appartenenza titolarità, dunque imputazione di beni e diritti, ma piuttosto di responsabilità patrimoniale.
     In conclusione può affermarsi che si tratta di un nuovo mezzo di finanziamento della società, un fenomeno finanziario introdotto al fine di rendere competitivo il nostro ordinamento, uno strumento che presenta notevoli spunti di riflessione e che potrà sicuramente trovare numerose applicazioni nella prassi societaria.

 

Note

     (1) È stato notato (cfr. FERRO-LUZZI, I patrimoni “dedicati” e i “gruppi” nella riforma societaria, in Riv. Soc. 2002) che la scelta della delega con il termine “dedicati” è voluta, proprio per distinguere tali patrimoni dai patrimoni autonomi o separati.

     (2) Pubblicato nel Supplemento ordinario n. 8 della Gazzetta Ufficiale del 22 gennaio 2003.

     (3) RABITTI BEDOGNI C., evidenzia che si tratta della previsione normativa più originale dell’intera disegno di legge, per la quale non a caso nella Relazione illustrativa alla legge delega si faceva riferimento ad una “rilevante novità” (in I patrimoni destinati, in Riv. Notariato 2002, 1121)

     (4) FERRO-LUZZI P., I patrimoni “dedicati” e i ”gruppi” nella riforma societaria, in Riv. Soc. 2002 e Riv. notariato 2002; FIMMANÒ F., Il regime dei patrimoni dedicati di s.p.a. tra imputazione atipica dei rapporti e responsabilità, in Le Società, 2002,960; DI SABATO F., Sui patrimoni dedicati nella riforma societaria, in Le Società 2002, 665.

     (5) Basti pensare alle SICAV a multicomparto previste dall’art. 73, comma 8 TUF

     (6) OPPO G., L’esperienza privatistica, in Atti dei Lincei. Convegno sul tema I principi generali del diritto, Roma 1991

     (7) Ad esempio nell’art. 4.2. del Dlgs. 21 aprile 1993, n. 124 recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari” si faceva indistintamente riferimento alla formula “patrimonio di destinazione”, “patrimonio separato” e “autonomo” (norma abrogata dall’art. 5 della legge 8 agosto 1995, n. 355, Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare). A tale riguardo la dottrina ritiene che separazione e destinazione siano concetti diversi (cfr. BIANCA M., Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova 1996; ravvisa coincidenza tra le caratteristiche di destinazione e separazione, GENTILE G., Il contratto di investimento in fondi comuni, Padova, 1991, 161; in riferimento al trust la formula di patrimonio separato è riduttiva, atteso che «la separazione è una espressione di linguaggio che commette l’errore di muoversi sul piano proprietario precludendo gli aspetti dinamici della fiducia» LUPOI M., Trusts II) Diritto italiano, in Enc. Giuridica Treccani, IV aggiornamento 1995). Recente è infine la previsione del patrimonio separato della società Infrastrutture Spa (Cfr. art. 8 del D.l. 15 aprile 2002 n. 63, convertito nella L. 15 giugno 2002, n. 112). La società può destinare i propri beni e diritti relativi ad una o più operazioni di finanziamento che costituiscono in tal modo patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relative ad altre operazioni.

     (8) FERRO-LUZZI, I patrimoni “dedicati” e i ”gruppi” nella riforma societaria, in Riv. Soc. 2002.

     (9) In dottrina (LAMANDINI, nel suo intervento nel Parere del Dottorato di ricerca in diritto commerciale interno ed internazionale – Università Cattolica di Milano) sono state sollevate delle perplessità su tale percentuale. Il 10% del patrimonio netto della società potrà essere una limitazione operativa, che rischia di rendere non appetibile lo strumento. Secondo lo stesso autore tale percentuale impedisce strutture multidivisionali omogenee, specialmente nel caso di società che intendano operare in una molteplicità di settori in regime di separatezza ma con dimensioni relative dei singoli analoghe (un esempio che tale autore riporta sono le public utilities locali che prestano attività in più settori).

     (1)0 Quest’ultimo periodo costituisce uno degli elementi di novità rispetto allo schema del Decreto approvato in data 30 settembre 2002.

     (1)1 È stato correttamente evidenziato che la competenza non possa che essere del Consiglio di amministrazione (o di gestione) poiché la decisione è “grave”, disponendosi di una frazione del patrimonio esistente con potenziali riflessi sull’oggetto sociale (cfr. FERRO-LUZZI, op.cit.).

     (12) Tale disciplina consente ai creditori sociali, che hanno un titolo con data antecedente all’iscrizione stessa, di avere l’opportunità di poter proporre opposizione entro 2 mesi. Il tribunale, in ogni caso, può decidere che la deliberazione sia eseguita a patto che la società fornisca idonee garanzie. Secondo quanto previsto dall’art. 2447-quinquies, trascorso il termine dei due mesi i creditori della società non potranno far valere alcun diritto sul patrimonio destinato, a meno che in questo non siano inseriti beni mobili o immobili da iscrivere in pubblici registri. In quest’ultimo caso, infatti, serve una specifica annotazione.

     (13) È importante che tale nozione sia solo per crediti involontari danneggiati da fatto illecito, non per colui che ha consapevolmente stipulato il contratto con una società con patrimonio separato.

     (14) Si può immaginare che per proventi si intendano gli utili, la differenza tra costi e ricavi.

     (15) Diversamente si sarebbe consentito una speculazione di titoli atipici.

     (16) FERRO-LUZZI, op. cit.

     (17) FERRO-LUZZI, nella Relazione al Convegno “Le banche e la riforma del diritto societario”, organizzato dall’ABI.

     (18) FERRO-LUZZI, nella Relazione al Convegno citato; RABITTI BEDOGNI C., op.cit.

     (19) Inteso quale complesso di beni determinati destinati dal loro titolare a far fronte ai bisogni della famiglia. Come previsto nell’art. 167 del codice civile: «Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia. La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal terzo, si perfeziona con l’accettazione dei coniugi. L’accettazione può essere fatta con atto pubblico posteriore. La costituzione può essere fatta anche durante il matrimonio. I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo.»

     (20) FERRO-LUZZI, op.cit. e FIMMANÒ, op.cit.

     (21) Si avrebbe una “scissione subsocietaria” che non convince né sotto il profilo della percorribilità né sotto il profilo dell’utilità, cfr. FERRO-LUZZI P. op. cit, 128.

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