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N° 2.2– febbraio 2003 |
Giurisprudenza
TRIBUNALE DI ROMA, 18 dicembre 2002 – Grimaldi Presidente – Baccarini Estensore – Banca Nazionale dell’Agricoltura c. Fall. Sogesco.
La dichiarazione con cui una società si impegna a garantire una banca per il finanziamento concesso ad un’altra società controllata dalla prima, va considerata come promessa unilaterale, di per sé valida ed impegnativa per la società dichiarante, purché sia fissato l’importo massimo garantito.
(Omissis)
Svolgimento del processo – con ricorso ex art. 98 Legge fall. depositato il 23 agosto 1999 la spa Banca Nazionale dell’Agricoltura-BNA esponeva che aveva presentato tempestiva domanda per venire ammessa allo stato passivo del fallimento della SPA Sogesco per l’importo di lire 19.791.687.823 in chirografo, deducendo che la fallita aveva garantito la srl S. Paolo Nuove Frontiere in forza di lettera di patronage; che il G.D. non aveva ammesso il credito, deducendo che non risultava né prova del credito garantito né valida assunzione di garanzia; che la esclusione era ingiusta ed erronea, poiché aveva invece fornito prova del credito e perché la lettera di patronage costituiva valida assunzione di garanzia. Per cui proponeva opposizione, insistendo per la ammissione del credito.
Si costituiva in giudizio il fallimento, eccependo sia che mancava adeguata prova del credito garantito sia contestando il valore di assunzione di garanzia del documento.(Omissis)Motivi della decisione – 1. Appare logicamente e giuridicamente preliminare verificare se la Sogesco abbia assunto alcun impegno a garanzia delle obbligazioni della srl S. Paolo Nuove Frontiere e se tale eventuale impegno sia valido. Solo successivamente si dovrà esaminare la esistenza di un credito a favore della società opponente.
Con lettera del 5-8 luglio 1993, destinata alla BNA e acquisita in atti, la Sogesco dichiarava di essere proprietaria del 100% del capitale della srl S. Paolo Nuove Frontiere e si impegnava a rimborsare «a Vs. semplice richiesta, ogni eventuale Vs. credito verso la predetta, in dipendenza delle linee di credito accordate, qualora la società stessa venisse sottoposta a procedura concorsuale o messa in liquidazione». La società garantita è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Foggia con sentenza n. 1S del 20 marzo 1998, per cui la BNA ritiene verificatasi la condizione prevista per l’escussione della garanzia prestata dalla Sogesco.
Occorre verificare il valore giuridico di questa dichiarazione.
Come noto, le lettere di patronage costituiscono fattispecie giuridica non espressamente prevista nel nostro sistema giuridico, ma largamente utilizzate nella prassi bancaria. Secondo tale prassi, con la c.d. lettera di “gradimento” o di “patronage”, il dichiarante, normalmente una società controllante, presenta all’istituto di credito un aspirante cliente (di regola, una propria società controllata) al fine di rafforzare la convinzione della banca che la stessa farà fronte agli impegni conseguenti alla concessione di un contratto bancario di finanziamento. È evidente che una generica “raccomandazione” non avrebbe alcuna utilità, non costituendo impegno per il dichiarante e non valendo, quindi, a indurre la banca a concedere credito.
Per cui la lettera di patronage contiene, come nel caso, dichiarazioni vincolanti per il patrocinante. Si è ritenuto che queste dichiarazioni non siano assimilabili al contratto di fidejussione, mancando un vero contratto, poiché si tratta di obbligo assunto unilateralmente da una parte e non oggetto di accordo bilaterale. Per cui è stato spesso inquadrata nella previsione ex art. 1333 cod. civ., come impegno assunto da una parte, senza espressa accettazione dall’altra parte.
Il fallimento sostiene che la lettera andrebbe qualificata tra quelle c.d. “deboli”, avente valore meramente informativo e di cortesia e non costituente un impegno diretto di garanzia dell’obbligazione principale che ha avuto luogo tra Banca e società garantita. In tale ottica, non ci sarebbe stato un formale impegno a garanzia del pagamento del debito, ma solamente l’impegno personale del patronnant, quale proprietario del 100% delle quote della società affidata, a vigilare che la società rimanga in grado di assolvere pienamente agli impegni assunti. Per cui la lettera si risolverebbe in una mera comunicazione, che si limiterebbe a rafforzare la responsabilità della proprietaria del 100% delle quote affinché l’altra società venga amministrata nel modo migliore.
Simile tesi appare limitativa di un preciso impegno assunto. La Sogesco, infatti, non si è limitata ad un generico impegno circa la buona gestione amministrativa della S. Paolo Nuove Frontiere ma ha dichiarato expressis verbis, di impegnarsi a soddisfare eventuali crediti della BNL lasciati insoluti dall’altra società, in caso di fallimento.
Non appare possibile attribuire altro significato alla clausola riportata, che non solamente indica un preciso e definito impegno, ma altresì utilizza le formule proprie dei contratti di fidejussione, chiarendo che l’impegno viene assunto dietro “semplice richiesta” del creditore, ovvero garantendo di non voler muovere possibili eccezioni. La circostanza, poi, che l’impegno sia circoscritto a ipotesi precise e limitate («qualora la società stessa venisse sottoposta a procedura concorsuale o posta in liquidazione»), ne conferma il carattere di garanzia: infatti, se si volesse ritenere trattarsi di un semplice impegno alla corretta gestione dell’altra società, non avrebbe significato limitare l’impegno a tali ipotesi, che, peraltro, costituiscono serio pericolo che la debitrice non possa più adempiere i propri impegni. Mentre assume sicuro significato che in questi casi, ovvero quando la debitrice diventi insolvente (per definizione nel fallimento, mentre per il caso di liquidazione è evidente come il divieto di nuove attività e le modalità per il pagamento dei debiti limitino la possibilità della BNA per la pronta riscossione del debito), e solo in questi, esista la responsabilità concorsuale della Sogesco.
Si può ritenere, quindi, che la Sogesco abbia qui assunto un impegno con obbligazioni a carico del solo proponente ex art. 1333 cod. civ. (Trib. Bologna 14 settembre 1998 in Banca, borsa e tit. cred.,1999, II, 252 ss.; Trib. Milano 22 giugno 1995 in Giur. It. 1996, I, 2, 258 ss.; Cass. 27 settembre 1995 n. 10235; contra Cass. 9 maggio 1985 n. 2879), che la BNA ha accettato concedendo il finanziamento alla società controllata S. Paolo, fra l’altro per un importo notevole. Per cui, essendosi verificata la condizione indicata nell’impegno, la Sogesco sarà tenuta a rispondere solidalmente per i debiti impagati dalla controllata.
Si conclude, quindi, che la lettera dimostra una sicura volontà, da parte della Sogesco, di costituirsi garante a favore della BNA, per i debiti della società garantita.
Si tratta di impegno diretto a rafforzare le garanzie del creditore, quindi a realizzare interessi meritevoli di tutela (art. 1322 co. 2 cod. civ., Cass. 10235/1995).
2. – Il fallimento contesta, peraltro, la invalidità della assunzione di garanzia in quanto omnibus. Ovvero, la Sogesco si è impegnata a pagare i debiti della S. Paolo senza limite, e simile accollo risulterebbe in contrasto con la previsione dell’art. 1938 cod. civ. che richiede, per la valida assunzione di obbligazione futura, che sia indicato l’importo massimo garantito (art. 1938 come novellato dalla legge 17 febbraio 1992 n. 154, come noto entrata in vigore nel luglio 1992, ovvero prima delle lettere di patronage in esame).
L’obiezione appare fondata considerata anche la applicabilità per analogia e la non derogabilità della norma ex art. 1938 cod. civ. quale vera norma di ordine pubblico economico.
Invero se la legge ritiene non possibile la c.d. fidejussione omnibus, ovvero la assunzione da parte di un terzo di tutti i debiti del garantito, senza limite, deve ritenersi che tale divieto valga anche per le promesse unilaterali ex art. 1333. Non si vede infatti, ragione per derogarvi, mentre la stessa funzione della lettera di patronage come sopra descritta (garantire una maggiore tutela dei diritti del terzo) implica che il rafforzamento delle garanzie per i diritti del terzo non possa giungere a risultati inibiti dall’ordinamento. Sarebbe, altrimenti, facile aggirare tale divieto chiedendo ai garanti di impegnarsi ex art. 1333, piuttosto che con fidejussione. Per cui deve ritenersi che la norma dell’art. 1938, seppure diretta a differente istituto, costituisca principio generale della materia applicabile anche ad impegni di natura ed esiti analoghi, seppure fondati su differenti fattispecie negoziali.
Non è dubbio, poi, che la norma partenga all’ordine pubblico economico della disciplina, sancendo principi non derogabili dalle parti e che si debbono imporre persino sulla diversa volontà dell’una delle parti o di entrambe.
Né in questo modo viene meno la garanzia, poiché le banche potranno ben chiedere lettere di patronage con indicazione di garanzia limitata, oppure dichiarare ad origine il limite di simile garanzia.
Si potrebbe discutere circa la possibilità di applicare per analogia i correttivi posti in materia di fidejussione ex art. 1938 cod. civ., per evitare la declaratoria di invalidità della garanzia. Cosicché la indeterminatezza della garanzia unilateralmente assunta con la lettera di patronage non costituirebbe di per sé nullità nei casi e nei limiti in cui sia individuabile ex origine l’entità dell’indebitamento che si vuole garantire. Ma nel caso in esame non appare possibile tale individuazione, dato il contenuto generico delle lettere di patronage e non risultando diverse comunicazioni tra le parti, nemmeno puramente ricognitive.
Si deve concludere per la invalidità delle lettere di patronage, non essendo determinato il limite di concessione di garanzia, sia pure assunta ex art. 1333 cod. civ. Né si tratta di questione formale, considerata l’entità dell’indebitamento della società garantita, come in atti. In atti nemmeno si ravvisano, infine, elementi che possano far ritenere l’entità di un previsto indebitamento desumibile aliunde.
Di fronte a tale contestazione, l’attrice eccepisce che mantengono rigore le fidejussioni omnibus sottoscritte prima dell’entrata in vigore della legge 154 del 1992. Ma la lettera di patronage è del luglio 1993, ovvero successiva alla vigenza dell’art. 10 legge 154, entrata in vigore il 9 luglio 1992. Né viene indicata alcuna ragione per una retrodatazione della sua efficacia.
Si deve ritenere, quindi, invalida la assunzione di impegno esistente nella lettera di patronage, in quanto operante in contrasto con norma di ordine pubblico. Non è poi dubbio che la curatela debba eccepire la invalidità, come ha fatto, per la tutela degli altri creditori.
3. – Per mera completezza ed amore di discussione si nota che, seppure si fosse ritenuta la lettera di patronage valida, ugualmente si sarebbe dovuto giungere al rigetto della domanda per mancanza di alcun idoneo calcolo del preteso debito del soggetto fallito. Infatti, gli estratti conto e gli estratti di saldo conto non valgono a dimostrare e quantificare l’esatta ampiezza del debito; né sono stati prodotti altri elementi idonei per determinare il debito dei primi.
Come noto, gli estratti di saldo conto, o gli estratti conto, costituiscono documenti adeguati per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo (art. 635 cod. proc. civ.), mentre per la ammissione allo stato passivo del credito occorre fornire migliore prova del credito, quali: la produzione dei contratti regolanti i rapporti e la documentazione completa dimostrante l’andamento degli stessi sino alla data di maturazione del credito invocato.
Quindi, seppure si fosse ritenuto l’impegno di garanzia valido, ugualmente si sarebbe dovuto rigettare la domanda, in mancanza di adeguata prova del credito. Circostanza, peraltro, già rilevata dalla curatela e dal G.D. nel provvedimento di non ammissione del credito allo stato passivo, in sede di verifica tempestiva dei crediti.
È vero che la BNA aveva chiesto l’eventuale svolgimento di perizia per la esatta determinazione dei crediti (ovvero di verificare il corretto andamento dei rapporti di conto corrente e di finanziamento), ma tale richiesta è stata tardiva, ovvero successiva alle richieste ex art. 184 cod. proc. civ. e dopo che il G.I., con ordinanza riservata del 9-13 marzo 2001, aveva ribadito la insufficienza della prodotta documentazione a dimostrare i crediti invocati. Peraltro, come premesso, il Tribunale non ha dovuto valutare se ammetterla comunque, dato che il rigetto della domanda deriva dalla invalidità del prestato impegno di garanzia.
È appena il caso di evidenziare come, nella domanda di insinuazione del credito del 13 maggio 1999, la BNA, pur dando atto di avere ricevuto parziale rimborso del credito da altri fidejussori per altro 4.355 milioni, non appare avere detratto le somme dalla odierna richiesta (così risulterebbe da un facile calcolo aritmetico e, comunque, non ha indicato di averlo fatto e in quale modo). Per cui la eventuale ammissione sarebbe potuta avvenire solamente per il credito residuo.
Si conferma il rigetto della domanda di ammissione.
(Omissis).