il diritto commerciale d’oggi
    II.11 – dicembre 2003

STUDÎ E COMMENTI

 

ANTONIO GIOVANNONI

Compatibilità tra funzione di sindaco in una società di capitali ed incarico di consulenza affidato ad altro partecipante di uno studio professionale associato


    L’oggetto della breve trattazione che segue affronta il problema dell’incompatibilità tra l’incarico di sindaco in una società di capitali ai sensi degli artt. 2397 ss. cod. civ., incarico affidato ad un titolare di uno studio professionale associato, e l’incarico di consulente esterno in materia giuridico-fiscale del medesimo ente, conferita ad altro professionista, facente parte dello stesso studio associato.

Le cause di ineleggibilità e di decadenza previste dal codice civile
    L’art. 2399 cod. civ. fissa le fattispecie di incompatibilità del sindaco. Tra le altre, l’articolo in questione statuisce che coloro i quali sono legati alla società, o alle società controllate della stessa, da un rapporto continuativo di prestazione d'opera retribuita non possono essere eletti come sindaci e, se eletti, decadono.
    Per molto tempo la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, prendendo le mosse dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 2537 del 15 luglio 1968, è stata concorde nel ritenere incompatibili esclusivamente i rapporti di lavoro dipendente. Ormai, però, si è registrata un’inversione di tendenza, anche a seguito delle novità legislative introdotte, perciò generalmente si ritiene che vi sia incompatibilità allorquando l’incarico di sindaco ed il rapporto contrattuale di consulenza coincidano nello stesso soggetto (1).

Il testo dell’art. 2399 cod. civ. alla luce della riforma del diritto societario
    Con la riforma del diritto societario (2), che entrerà in vigore il 1° gennaio 2004, il legislatore ha ampliato notevolmente le ipotesi di incompatibilità previste dal testo vigente dell’art. 2399 cod. civ., mutuando, tra l’altro, quanto già espresso all’art. 148 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 51, recante il “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”, per cui ogni rapporto di lavoro, sia esso dipendente od autonomo, se su base continuativa, integra la fattispecie di incompatibilità.
    Va segnalato, però, che in sede di approvazione del testo dell’art. 2399 cod. civ. il legislatore ha mancato l’occasione per fare chiarezza sul tema affrontato dalla presente ricerca.
Infatti, nella prima bozza di legge era previsto un inciso, “anche indirettamente” (3), che è stato poi emendato in sede d’approvazione finale, dal quale si sarebbe potuta agevolmente desumere l’incompatibilità tra la carica di sindaco affidata ad un titolare di uno studio professionale e, nello stesso tempo, quella di consulente in favore della medesima società conferita ad un professionista in associazione professionale con il primo.
    Quindi, a contrario, possiamo facilmente intuire che la volontà del legislatore delegato è stata di escludere questa fattispecie dalla portata normativa della riforma, pur dimostrando di aver ben presente il problema. Comunque, né il testo attuale, né quello riformato dell’art. 2399 cod. civ., né la giurisprudenza, chiariscono se vi sia incompatibilità nel caso qui in oggetto.
    Per trovare una risposta bisogna quindi riferirsi all’art. 39, lett. c, del D.P.R. 6 marzo 1998, n. 99 in tema di esercizio della professione di revisore contabile.

Le cause di sospensione del revisore contabile
    Una volta affrontato il problema dal punto di vista del codice civile, è ora necessario soffermarsi sull’eventuale responsabilità disciplinare dei revisori, disciplinata all’art. 39 lett. c del D.P.R. 6 marzo 1998, n. 99.
    Bisogna inizialmente rilevare che sul punto vi sono una recentissima ordinanza del Tribunale di Trento (Trib. Trento n. 53/03) ed un decreto del 18 maggio 1998 del Tribunale di Treviso. Entrambe le pronunce, sebbene se con percorsi investigativi differenti, dichiarano l’incompatibilità degli incarichi.
    Nel caso del Tribunale di Treviso, il giudice ha sostenuto che non può essere nominato esperto per la stima del patrimonio sociale, ai sensi dell’art. 2343 cod. civ., non solo chi abbia avuto pregressi rapporti con la società, ma anche chi risulti operare in associazione con professionisti che abbiano avuto pregressi rapporti con la società; l’illegittimità della nomina si riflette sulla perizia ed è rilevabile in sede di omologa.
    In questa fattispecie, il tribunale ha ritenuto che lo studio associato comporti uno svolgimento congiunto della professione, nel senso che i professionisti associati operano per i clienti come un’unica parte contrattuale (4), e che quindi detta situazione era in contrasto con l’art. 2399 cod. civ. unitamente con all’art. 39 lett. c, D.P.R. 6 marzo 1998, n. 99.
    Diversamente, il Tribunale di Trento ha fatto un passo in avanti, riferendo il piano di indagine esclusivamente alle norme regolamentari in materia: «In altri termini, è erroneo stabilire una connessione diretta tra la disciplina di cui all’art. 2399 cod. civ. e la disciplina oggetto del presente procedimento atteso che esse si collocano su piani completamente distinti ed autonomi, attenendo la prima a profili di diritto commerciale sostanziale e la seconda alla materia della responsabilità disciplinare dei revisori».

Applicabilità dell’art. 39 lett. c del DPR n. 99/98, rispetto agli incarichi affidatiagli studi associati
    Bisogna rilevare che la Commissione Centrale di comportamento dei revisori contabili (in seguito anche solo “Commissione”) in data 29 maggio 2003, in risposta ad un esposto, ha preso una posizione definitiva sulla applicabilità dell’art. 39 lett. c del DPR n. 99/98 rispetto agli incarichi affidati agli studi associati.
    La Commissione ha così affermato che non trova applicazione l’art. 39, lett. c, «nel caso che l’attività sindacale sia svolta da una persona e un rapporto continuativo o rilevante con l’ente controllato sia svolto esclusivamente da un’altra persona dello stesso studio associato». Ad ogni modo, nel verbale si afferma che, qualora detta situazione comporti delle gravi irregolarità nello svolgimento dell’attività del sindaco, è applicabile l’art. 39 lett. h del DPR n. 99/98, che è norma di chiusura ed attrae in sé tutte le fattispecie residuali in cui risulta gravemente compromessa l’idoneità al corretto svolgimento delle funzioni di controllo dei conti (5).
    Va rilevato che la Commissione era stata chiamata ha decidere su una fattispecie del tutto particolare, ove presumibilmente l’indipendenza dei sindaci era gravemente compromessa. Si pensi, infatti, che tutti i componenti del collegio sindacale più uno dei sindaci supplenti appartenevano al medesimo studio professionale associato del consulente.
    Ad ogni modo, la Commissione non ha sanzionato i professionisti, riconoscendo la valenza della nota ministeriale del 9 ottobre del 1998, che afferma la compatibilità del sindaco con l’attività svolta da un consulente suo associato.

Il punto di vista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
    Con lettera del 17 settembre 2003 indirizzata al Direttore Generale del dipartimento per gli Affari di Giustizia, il Presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (6) (in seguito anche solo “CNDC”) ha esposto, motivando chiaramente, la posizione del CNDC in merito al parere della Commissione del 29 maggio 2003.
    Nella lettera si afferma «…dopo attenta analisi della normativa, della dottrina e della giurisprudenza», che non c’è incompatibilità del sindaco.
    Infatti, ratio giuridica degli studi associati è l’autonomia negoziale dei singoli, nel senso che lo studio professionale associato non può legittimamente sostituirsi ai suoi componenti nel caso in cui la legge richieda particolari abilitazioni per determinati incarichi (7).
Per quanto riguarda la partecipazione agli utili dello studio da parte degli associati, la lettera propone un criterio selettivo del “caso per caso” per individuare la mancanza di indipendenza del sindaco. Tra l’altro, la lettera propone un criterio oggettivo minimo per individuare casi di eventuale incompatibilità, e cioè ogni qual volta il reddito riveniente dall’attività di consulenza in potenziale conflitto superi il 15-20% del totale dei proventi dello studio associato.
    In chiusura il Presidente del CNDC esorta il Ministero della Giustizia a confermare quanto già chiaramente dedotto con nota del 9 ottobre 1998, come già qui sopra evidenziato, la quale chiaramente afferma che l’art. 39 «mira ad impedire che attività di consulenza e attività di controllo conferite ad un medesimo soggetto facciano capo ad un medesimo centro di imputazione … il citato articolo 39 si configura come norma di stretta interpretazione, atteso il suo carattere limitativo di un diritto riconosciuto a particolari categorie di soggetti. Ne consegue che poiché, per un verso, non risulta indicata tra le altre cause di incompatibilità la figura del professionista partecipe di studi associati e poiché, per altro verso, in detti studi si ha mero conferimento di beni ai fini strumentali, sussistendo piena autonomia di professione, la disposizione in questione – là dove fa riferimento all’amministratore, al direttore generale, al socio – non può che essere riferita alla società».

Conclusioni.
    Alla luce della legislazione di riferimento, nonché della giurisprudenza e delle direttive emanate dagli organi di categoria, ben si può affermare che non vi sia incompatibilità, ai sensi dell’art 2399 cod. civ., nel caso in cui la carica di sindaco affidata ad un titolare di uno studio professionale e, nello stesso tempo, quella di consulente, in favore della medesima società, conferita ad un professionista che fa parte dello stesso studio associato. Almeno fino alla prossima pronuncia del Ministero della Giustizia.
    Problema di incompatibilità esiste esclusivamente per i revisori contabili, pena la loro sospensione ovvero radiazione dall’albo professionale. Infatti, all’art. 39, lett. h, D.P.R. 6 marzo 1998, n. 99, stabilisce tali conseguenze, in caso di fattispecie residuali in cui risulti gravemente compromessa l’idoneità al corretto svolgimento delle funzioni di controllo dei conti.

 

Note

     (1) Si veda Trib. Milano, 19 gennaio 2000, con nota di Redeghieri Baroni, in Le società, 2000, 9, p. 1133. In detto caso il Giudice ha statuito che “La prestazione professionale da parte del sindaco di una società non incide sulla validità del rapporto di lavoro autonomo, ma comporta esclusivamente la sanzione dell’automatica decadenza dall’ufficio di sindaco e la perdita del diritto a percepire il compenso per tale carica”; App. Bologna 9 marzo 1995, per il quale si deve intendere come attività a carattere stabile l’esercizio dell’attività continuativa di consulenza ed assistenza a favore della società in materia contabile, contrattuale e tributaria finalizzato alla redazione del bilancio.

     (2) Schema di decreto legislativo recante: “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366”. Approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 10 gennaio 2003, divenuto Decreto Legislativo n. 6 del 17 gennaio 2003, pubblicato nella G.U. n. 17 del 22 gennaio 2003 , S.O. n. 8/L.

     (3) Su detto inciso una autorevole dottrina fondava il proprio convincimento interpretativo, per cui l’incompatibilità colpiva non soltanto il sindaco, ma anche l’organizzazione all’interno della quale lo stesso si trovava a svolgere attività professionale. Così F. Galgano, Il nuovo diritto societario, p. 292, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F. Galgano, Cedam, 2003.

     (4) Seguendo la linea tracciata dalla giurisprudenza di legittimità, Cass. 21 novembre 1979, n. 6065 e Cass. 31 luglio 1987, n. 6836, “Il rapporto che validamente si instaura ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1815, tra il cliente e i professionisti associati in uno studio si differenzia sostanzialmente, sia all'interno di esso, sia verso l'esterno, da quello che si costituisce tra il cliente e più professionisti non associati, collegialmente ma separatamente incaricati di svolgere insieme la stessa prestazione. In quest’ultimo caso, infatti, si hanno tanti separati rapporti quanti sono i professionisti, mentre nel primo si ha un unico rapporto, di talché i professionisti associati si presentano al cliente, e per esso operano, come un'unica parte contrattuale, hanno diritto ad un solo compenso e la prestazione ad essi unitariamente chiesta può essere disimpegnata dall'uno o dall'altro o da tutti congiuntamente”.

     (5) Diversamente De Angelis afferma che, con il verbale del 29 maggio 2003, la Commissione abbia voluto affermare che la commistione di funzioni sindacali e funzioni di consulenza e collaborazione nell’ambito dello stesso studio associato pregiudicano gravemente l’indipendenza dei sindaci, “Sindaci, stretta sulle incompatibilità”, in ItaliaOggi del 25 settembre 2003, p. 29. Ad un attento esame testuale del verbale medesimo, va rilevato che l’autore in questione ne travisa completamente il senso, decontestualizzando delle parti del testo, riferite ad una fattispecie affatto particolare, pretendendo di dedurne un principio generale per tutte le incompatibilità.

     (6) Con commento in Il Sole-24 ore del 25 settembre 2003, p. 31, “Sindaco e consulente in studio: non scatta l’incompatibilità”.

     (7) Cass., 23 maggio 1997, n. 4628.

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