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Giurisprudenza |
I
TRIBUNALE ROMA, 15 maggio 2002, n. 23860 Caliento Presidente Orlandi Estensore Giessauf c. Birreria Viennese s.r.l.
Sono compromissibili in arbitrato le controversie riguardanti le impugnazioni di assemblea di una società di capitali, qualora i vizi dedotti riguardino la violazione del diritto di informazione del socio.
In una società di capitali viola il principio di chiarezza il bilancio che, nel ricostruire la situazione contabile della società, situazione mal tenuta dai precedenti amministratori, non dà sufficiente conto dei criteri seguiti per pervenire al risultato di esercizio.
In una società di capitali viola il disposto dellart. 2423-bis e dell'art. 2427, n. 4, cod. civ. il bilancio che, dando atto del mutamento dei criteri di valutazione rispetto al passato esercizio, non evidenzi i criteri applicati negli anni precedenti e quale effetto abbia prodotto il mutamento sul risultato di esercizio.
II
TRIBUNALE ROMA, 15 maggio 2002, n. 23974 Caliento Presidente Orlandi Estensore Giessauf c. Birreria Viennese s.r.l.
Sono compromissibili in arbitrato le controversie riguardanti le impugnazioni di assemblea di una società di capitali, quando i vizi dedotti riguardino la composizione dellassemblea.
La non delegabilità della redazione del bilancio, di cui allart. 2381 c.c., non impedisce agli amministratori di avvalersi di esperti contabili per la sua stesura.
Non può essere inserita allattivo del bilancio una pretesa creditoria contestata e priva di accertamento giudiziale.
È legittimo lammortamento diretto delle immobilizzazioni immateriali, in società che rediga il bilancio in forma abbreviata.
Può non essere iscritto in bilancio laccantonamento per ferie non godute, quando queste siano state integralmente fruite allatto dellapprovazione della delibera.
In caso di redazione del bilancio in forma abbreviata, deve essere indicata nella sola nota integrativa, e non nel conto economica, la composizione della voce proventi ed oneri straordinari
I
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato il 3.3.1998 la signora Enrica Giessauf, socia del Ristorante denominato Birreria Viennese s.r.l. con una partecipazione pari al 25% del capitale, conveniva in giudizio la predetta società nonché, in proprio, l'amministratrice unica signora Giovannina Mancini, chiedendo che venissero dichiarate nulle o comunque annullate le delibere assunte in data 3.12.1997, con le quali l'assemblea ordinaria della Birreria Viennese, in sua assenza, aveva approvato il bilancio relativo all'esercizio chiuso il 31.12.1996 ed aveva attribuito all'amministratrice unica il compenso mensile di L. 3.000.000.
L'attrice, premesso il riferimento ai contrasti insorti per ragioni successorie con la sorella Irene Giessauf, socia di maggioranza della Birreria Viennese, ed alle conseguenti azioni intraprese, deduceva che l'assemblea del 3.12.1997 era stata tardivamente convocata dall'amministratrice, essendole la relativa raccomandata prevenuta in data 1.12.1997, mentre l'art. 9 dello statuto sociale stabiliva che l'avviso di convocazione doveva essere recapitato ai soci almeno otto giorni prima della data fissata per lo svolgimento dell'assemblea.
L'attrice deduceva inoltre che il bilancio relativo all'esercizio 1996 non rispondeva ai principi di chiarezza e veridicità prescritti dal legislatore.
In particolare la signora Giessauf rilevava che nella nota integrativa l'amministratrice aveva evidenziato l'insussistenza per l'importo di L. 129.766.631 del saldo di cassa indicato nel bilancio relativo all'esercizio 1995, senza fornire nessuna spiegazione delle ragioni che l'avevano portata a formulare tale conclusione.
L'attrice deduceva inoltre che l'importo sopra indicato nonché quello di L. 20.000.000 scaturente dall'insussistenza di immobilizzazioni finanziarie riportate nel precedente bilancio erano stati contabilizzati come perdite portate a nuovo, mentre avrebbero dovuto essere iscritti fra le sopravvenienze passive.
La Giessauf lamentava che non era evincibile la destinazione data agli utili risultanti dal bilancio relativo al 1995, pari a L. 32.703.466, che avrebbero dovuto incrementare la riserva straordinaria in base alla decisione assunta dall'Assemblea che aveva approvato il bilancio di tale anno.
La Giussauf asseriva poi che l'amministratrice non aveva operato la riconciliazione fra il conto corrente bancario e le schede contabili della società e che emergevano incongruenze dal raffronto fra il valore delle rimanenze finali indicato nello stato patrimoniale e gli incrementi delle predette rimanenze rispetto all'anno precedente registrati nel conto economico così come dal raffronto fra la voce ammortamenti dello stato patrimoniale e la corrispondente voce del conto economico.
L'attrice evidenziava che gli importi delle varie voci del conto economico risultavano variati rispetto all'esercizio 1995 senza che la nota integrativa desse spiegazione di tali variazioni e che non veniva fornita idonea motivazione in ordine al mutamento dei criteri di valutazione delle singole poste rispetto al passato.
La Giessauf lamentava infine l'illegittimità della delibera relativa al compenso della signora Mancini, poiché quest'ultima era una semplice prestanome della nuora Irene Giessauf.
Con comparsa depositata il 28.4.1998 si costituivano in giudizio il Ristorante denominato Birreria Viennese s.r.l. e la signora Giovannina Mancini, eccependo preliminarmente l'incompetenza del Tribunale stante la clausola compromissoria contenuta nell'art. 20 dello statuto sociale.
Nel merito le convenute chiedevano il rigetto delle domande proposte dall'attrice, evidenziando in particolare che il bilancio relativo al 1996 era stato esaminato dall'ispettore giudiziario nominato dal Tribunale nell'ambito del procedimento ex art. 2409 c.c. promosso dall'odierna attrice e che l'ispettore aveva concluso per la sua rispondenza ai principi di prudenza e di ragionevolezza.
La signora Mancini chiedeva inoltre ex art. 89 c.p.c. la cancellazione dell'espressione "testa di legno" utilizzata dall'attrice nei suoi confronti, ritenuta ingiuriosa, e la condanna della Giessauf a risarcirle i conseguenti danni, ma rinunciava nel corso del giudizio a tale domanda a seguito dei chiarimenti forniti dall'attrice in ordine al significato nel quale aveva usato la predetta espressione.
Acquisiti vari documenti, nell'udienza di precisazione delle conclusioni del 21.12.2000 il procuratore delle convenute concludeva riportandosi a quanto dedotto nella comparsa di costituzione ed il procuratore dell'attrice chiedeva l'accoglimento delle conclusioni di merito ed istruttorie formulate nel corso del giudizio.
La causa veniva quindi rimessa al Collegio per la decisione con termine di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente osservato che in sede di comparsa conclusionale l'attrice ha eccepito che la procura rilasciata in calce alla comparsa di costituzione dalla signora Mancini sarebbe stata sottoscritta da quest'ultima solo in veste di legale rappresentante della Birreria Viennese e non già in proprio , sì che non potrebbe ritenersi la predetta Mancini validamente costituita in giudizio.
Tale eccezione risulta tardiva ed appare comunque infondata, giacché dall'intestazione della comparsa di costituzione risulta che questa è stata redatta nell'interesse della Mancini sia in proprio che quale legale rappresentante della società ed inoltre né la firma apposta dalla predetta convenuta né il testo della procura recano limitazioni mentre la qualità di amministratrice della Birreria Viennese è richiamata solo a fianco delle generalità della Mancini dattiloscritte sopra alla sottoscrizione.
Va peraltro rilevato il difetto di legittimazione passiva della signora Mancini in proprio, essendo la società l'unico soggetto legittimato a resistere in relazione all'impugnazione di delibere assembleari.
Per ciò che attiene all'eccezione di incompetenza sollevata dalle convenute in riferimento all'art. 20 dello statuto sociale, tale articolo prevedeva che qualsiasi controversia fra i soci e la società per questioni di natura sociale doveva essere rimessa ad un collegio di tre arbitri, che avrebbe deciso quale amichevole compositore.
Stante l'utilizzo del termine decidere la clausola va interpretata come riferita ad arbitrato rituale ed essa comporta l'incompetenza del Tribunale ad esaminare la censura dell'attrice relativa al ritardo nella convocazione dell'assemblea del 3.12.1997, trattandosi di vizio attinente alla violazione di una norma statutaria posta a presidio non già di interessi generali bensì del diritto all'informazione del singolo socio, il cui riscontro condurrebbe a pronunciare l'annullamento delle deliberazioni adottate dall'assemblea del 3.12.1997 ai sensi dell'art. 2378 c.c..
L'eccezione di incompetenza va invece disattesa in riferimento alla domanda di accertamento della nullità della delibera di approvazione del bilancio per violazione dei principi di chiarezza e veridicità di cui all'art. 2423 c.c. ed alla domanda di accertamento della nullità della delibera che approvò il compenso all'amministratrice, assertivamente non dovuto, avendo tali domande ad oggetto interessi della società nel suo complesso ed interessi generali dei soci e dei terzi, la cui tutela non può essere compromessa in arbitri (vedi Cass. S.U. 2000/27, Cass. 98/3322, Cass. 88/1739).
Devono essere poi rigettate le richieste dell'attrice di esibizione di tutti gli atti e documenti della società idonei a ricostruire la consistenza della cassa e di consulenza tecnica contabile.
Quanto all'istanza di esibizione, essa appare palesemente generica né vi è necessità di espletare una consulenza contabile, poiché le censure mosse al bilancio della Birreria Viennese sono riferite essenzialmente alla violazione del precetto di chiarezza, stabilito nell'art. 2423 c.c. quale principio autonomo rispetto a quello di verità e che attiene all'idoneità del bilancio e degli allegati a fornire un'informazione sufficientemente leggibile sia ai soci che ai terzi sulla composizione del patrimonio sociale e sui singoli elementi che hanno determinato un certo risultato economico nel periodo di riferimento (si veda in questo senso, da ultimo, Cass. S.U. 2000/27, già sopra citata).
Nel merito, la domanda di accertamento della nullità della delibera di approvazione del bilancio relativo all'esercizio 1996 deve essere accolta.
Risulta fondata la censura della Giessauf in ordine alla mancanza di chiarezza della voce relativa all'insussistenza di attività ed in particolare del saldo di cassa iscritto nel bilancio del 1995.
Al passivo dello stato patrimoniale del bilancio in esame risulta alla voce (perdite) portate a nuovo l'importo di L. 165.555.763, a pagina 11 della nota integrativa si dice che il saldo di cassa all'inizio dell'esercizio si era rivelato insussistente per L. 129.766.631 e nella premessa della predetta nota si fa presente che era stato affidato a dei professionisti l'incarico di provvedere ad una totale revisione della contabilità sociale, stante la inattendibilità di quella tenuta negli anni precedenti.
Nulla è detto sui criteri seguiti per pervenire al risultato enunciato e solo dalla lettura della relazione dell'ispettore giudiziario nominato nell'ambito del procedimento ex art. 2409 c.c., prodotta dalle convenute, che è atto estraneo al bilancio, è dato apprendere che il saldo della cassa al 1°.1.1996 venne ricostruito mediante il raffronto fra i documenti di costo e le data di pagamento che risultavano dalla documentazione bancaria e che l'importo di L. 147.395.231, quale saldo della cassa indicato nel bilancio del 1995, doveva considerarsi una posta solo fittizia.
Parimenti fondata risulta la censura dell'attrice in ordine all'incertezza sulla destinazione degli utili maturati nel 1995. Il bilancio relativo a tale esercizio chiuse infatti con un utile di L. 32.703.466, che l'assemblea del 15.5.1996, che approvò il documento, il cui verbale è stato prodotto dall'attrice, deliberò di destinare ad incremento della riserva straordinaria.
Nel bilancio relativo al 1996 l'importo di tale riserva risulta invariato rispetto all'anno precedente né ha pregio la difesa della Birreria Viennese, secondo la quale la predetta riserva non poteva essere incrementata da un anno all'altro, giacché tale deduzione contrasta con la delibera sopra richiamata.
Dal prospetto contenuto a pagina 11 della nota integrativa del bilancio relativo al 1996 non è possibile evincere se gli utili del 1995 siano stati sottratti dall'importo complessivo delle insussistenze di attività scoperte attraverso la revisione contabile disposta dall'amministratrice, tenuto anche conto dell'oscurità della composizione della voce relativa alle perdite portate a nuovo, già sopra evidenziata, il cui importo complessivo non coincide con la somma dell'insussistenza di titoli, pari a L. 20.000.000, che sono gli unici due dati esposti nella nota integrativa.
Disatteso risulta inoltre il disposto sia dell'art. 2423 bis, comma 6, c.c., secondo il quale la nota integrativa deve motivare le modifiche apportate ai criteri di valutazione rispetto all'esercizio precedente e indicarne l'influenza sulla rappresentazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico dell'esercizio, sia dell'art. 2427 n. 4) c.c., che stabilisce che la nota integrativa deve indicare le variazioni intervenute nelle voci dell'attivo e del passivo, norme entrambe applicabili anche al bilancio redatto in forma abbreviata, quale è quello in esame.
Nella nota integrativa l'amministratrice si limitò infatti ad enunciare i criteri di valutazione utilizzati, evidenziando che essi si discostavano da quelli usati in passato, senza però precisare quali criteri fossero stati utilizzati negli anni precedenti e quale effetto avesse comportato la modifica di essi sui risultati di bilancio e senza fornire nessun commento alle variazioni, anche consistenti, intervenute nelle varie voci del conto economico.
Per ciò che poi attiene all'iscrizione dell'insussistenza di attività come perdite dell'esercizio precedente invece che fra gli oneri straordinari e quindi come perdite dell'esercizio in corso, il rilievo risulta corretto, tuttavia, a differenza di quanto dedotto dalla Giessauf, il risultato finale del bilancio non è stato sostanzialmente modificato da tale erroneo appostamento, essendo il patrimonio netto costituito dalla somma algebrica fra il capitale, le riserve e gli utili (o le perdite) sia dell'esercizio in corso sia degli esercizi precedenti.
Vanno invece disattese le ulteriori censure dell'attrice.
Quanto alla mancata coincidenza della differenza fra le voci dello stato patrimoniale relative alle rimanenze dell'esercizio 1996 e 1995 con l'incremento indicato nella corrispondente voce del conto economico, corretto è infatti il rilievo della società, secondo la quale la voce C I dello stato patrimoniale ha un contenuto più ampio della voce B 11 del conto economico, essendo in essa accorpati, ai sensi dell'art. 2435 bis, comma 2, c.c., stante la redazione del bilancio in forma abbreviata, materie prime, sussidiarie e di consumo, prodotti in corso di lavorazione e semilavorati, lavori in corso e su ordinazione, prodotti finiti, merci e acconti.
Analoghe considerazioni valgono in relazione al raffronto fra la differenza degli ammortamenti del 1996 e del 1995, quale risulta dallo stato patrimoniale, e la voce B 10 del conto economico, avendo correttamente la società evidenziato che non era suo onere indicare nella nota integrativa le variazioni degli ammortamenti, stante il disposto dell'art. 2435 bis, comma 3, c.c., che esclude l'applicabilità dell'art. 2427 n. 2) c.c. in caso di bilancio redatto in forma abbreviata.
Del tutto generica è rimasta infine la deduzione della Giessauf in ordine alla mancata riconciliazione fra la documentazione contabile della società e il conto corrente bancario.
Alla dichiarazione di nullità della deliberazione di approvazione del bilancio relativo al 1996 consegue l'obbligo dell'amministratore di provvedere alla redazione di un nuovo documento di bilancio nel rispetto del principio di chiarezza in relazione ai punti indicati in motivazione.
Deve essere infine rigettata la domanda della Giessauf di dichiarazione di nullità della delibera che accordò all'amministratrice un compenso di L. 3.000.000 mensili, essendo rimasta priva di qualsiasi riscontro probatorio la deduzione dell'attrice secondo cui la signora Mancini sarebbe una mera prestanome della nuora Irene Giessauf.
(Omissis)
II
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato il 30.7.1998 la Sig.ra Enrica Giessauf, socia del Ristorante denominato Birreria Viennese srl con una partecipazione pari al 25% del capitale, conveniva in giudizio la predetta società, chiedendo che venissero dichiarate nulle o comunque annullate le delibere adottate in data 30.4.1998, con le quali l'assemblea ordinaria della Birreria Viennese aveva approvato con il suo voto contrario il bilancio relativo all'esercizio chiuso il 31.12.1997 ed aveva deciso di portare a nuovo la perdita di L. 4.348.784 relativa all'esercizio 1996, residuata a seguito del ripianamento deliberato dall'assemblea straordinaria il 22.12.1997, essendo risultati gli utili dell'esercizio 1997 inferiori a quelli di periodo, maturati dal 1°.1 al 30.11.1997, utilizzati nella deliberazione da ultimo indicata.
L'attrice, premesso il riferimento ai contrasti insorti per ragioni successorie con la sorella Irene Giessauf ed alle conseguenti azioni giudiziarie intraprese, deduceva che l'amministratrice unica sig.ra Giovannina Mancini aveva illegittimamente autorizzato a partecipare al dibattito il dr. Francesco Alicicco, estraneo alla compagine sociale e nominato segretario dall'assemblea, con conseguente vizio nella composizione di questa.
La Giessauf deduceva inoltre che gli interventi svolti dal dr. Alicicco dimostravano che il bilancio non poteva ritenersi redatto dell'amministratrice, che non ne conosceva le singole poste.
L'attrice rilevava inoltre che dalla relazione depositata dall'ispettore nominato dal Tribunale di Roma nell'ambito del procedimento ex art. 2409 c.c. da lei promosso nei confronti della convenuta era risultata, in riferimento all'esercizio 1996, l'insussistenza di attività per L. 165.555.763 nonché la contabilizzazione come costi sociali della somma di L. 21.202.385 relativa in realtà a spese personali e lamentava che l'amministratrice non avesse iscritto nel bilancio del 1997 i corrispondenti delle predette somme.
La Giessauf deduceva inoltre che non era stato effettuato l'ammortamento delle immobilizzazioni immateriali iscritte nello stato patrimoniale per l'importo di L. 4.500.000 e che l'amministratrice non aveva fornito nessuna informazione sul contenuto di tale voce, lamentava la mancata iscrizione sia nel conto economico che nello stato patrimoniale della stazionamento per ferie maturate e non godute, l'assenza di spiegazioni nella nota integrativa in ordine alla composizione delle voci relative ai proventi ed agli oneri straordinari, rispettivamente pari a L. 53.403.598 ed a L. 57.804.353, asseriva che, stante l'attività svolta dalla convenuta, non trovava nessuna giustificazione la voce crediti verso clienti dell'importo di L. 23.080.709, che anche nell'esercizio 1997 erano stati iscritte come costi sociali spese non pertinenti all'attività sociale e che era illegittima la posta relativa al compenso corrisposto all'amministratrice unica sig.ra Mancini, essendo questa una mera prestanome della nuora Irene Giessauf.
L'attrice rilevava infine di avere impugnato anche la delibera del 31.12.1997 di approvazione del bilancio relativo all'esercizio 1996 e la delibera del 22.12.1997 di ripianamento delle perdite e chiedeva la riunione del presente giudizio ai precedenti.
Con comparsa depositata il 14.10.1998 si costituiva in giudizio il Ristorante denominato Birreria Viennese srl, eccependo preliminarmente l'incompetenza del Tribunale stante la clausola compromissoria contenuta nell'art. 20 dello statuto sociale.
Nel merito la convenuta chiedeva il rigetto delle domande proposte dall'attrice, deducendo che era pacifico in dottrina che al dibattito assembleare potessero partecipare soggetti estranei alla società e che il bilancio potesse essere materialmente redatto da consulenti dell'amministratore.
La convenuta rilevava inoltre che non vi era necessità di chiarire il contenuto delle voci relative alle immobilizzazioni immateriali ed ai proventi ed oneri straordinari, essendo il bilancio redatto in forma abbreviata, che del tutto generiche era le prestazioni dell'attrice in ordine alla voce crediti verso clienti, peraltro di ammontare diverso da quello indicato dalla Giessauf, ed all'iscrizione di spese personali fra i costi sociali, che l'attrice non aveva fornito nessuna prova che la Sig.ra Mancini non fosse la vera amministratrice, che l'indennità per ferie non godute non era stata inserita perché al momento della redazione del bilancio tutte le ferie pregresse erano state fruite dai dipendenti e che dalla relazione dell'ispettore nominato ex art. 2409 c.c. emergeva che l'insussistenza della cassa iscritta nel bilancio relativo al 1995 dipendeva non già dall'approvazione di denaro da parte di terzi, ma dalla natura puramente fittizia della voce inserita nel bilancio di quell'anno.
Acquisiti vari documenti, nell'udienza di precisazione delle conclusioni del 2112.2000 il procuratore della convenuta concludeva riportandosi a quanto dedotto nella comparsa di costituzione ed il procuratore dell'attrice chiedeva l'accoglimento delle conclusioni di merito ed istruttorie formulate nel corso del giudizio.
La causa veniva quindi rimessa al Collegio per la decisione con termine di legge alle parti per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere preliminarmente respinta l'istanza dell'attrice di riunione del presente giudizio a quelli vertenti fra le stesse parti ed aventi ad oggetto l'impugnazione della delibera di approvazione del bilancio relativo all'esercizio 1996 e della delibera di ripianamento delle perdite.
Non si ravvisano infatti ragioni di economia processuale che rendano opportuno tale provvedimento, tenuto conto che la delibera di approvazione del bilancio relativo all'esercizio 1997 è stata impugnata dall'attrice per motivi diversi ed autonomi rispetto alle censure mosse alle precedenti deliberazioni e considerato inoltre che, vertendo le doglianze della Giessauf in ordine al bilancio dell'esercizio 1996 ed alla delibera del 22.12.1997 sulla violazione del principio di chiarezza e su ragioni formali, attinenti al deposito ed ai criteri di redazione della situazione patrimoniale ex art. 2446 c.c., l'accertamento nei predetti giudizi della fondatezza della domanda con travolte necessariamente le successive determinazioni assembleari che trovano il loro presupposto nelle delibere dichiarate nulle, ben potendo i nuovi documenti redatti dall'amministratore in ossequio alle esigenze di chiarezza e precisione pervenire allo stesso risultato economico dei precedenti.
Per quanto attiene all'esercizio di incompetenza sollevata dalla convenuta in riferimento all'art. 20 dello statuto sociale, va osservato che tale articolo prevedeva che qualsiasi controversia fra i soci e la società per questioni di natura sociale doveva essere rimessa ad un collegio di tre arbitri, nominati i primi due da ciascuna delle parti ed il terzo di comune accordo, che avrebbe deciso quale amichevole compositore.
Stante l'utilizzo del termine decedere la clausola va interpretata come riferita ad arbitrato rituale ed essa comporta l'incompetenza del Tribunale ad esaminare la censura dell'attrice relativa alla partecipazione al dibattito assembleare del dr. Francesco Alicicco, giacché ove tale circostanza fosse configurabile come vizio della deliberazione, si tratterebbe comunque di una violazione delle norme di legge e statutarie relative alla composizione dell'assemblea, poste a presidio non già di interessi generali, ma dei diritti dei singoli soci, con conseguente compromettibilità in arbitri delle relative controversie.
L'eccezione di incompetenza va invece disattesa riferimento alla domanda di accertamento della nullità della delibera di approvazione del bilancio per violazione dei principi di chiarezza e veridicità di cui all'art. 2423 c.c. e per essere stato il bilancio redatto da soggetto estraneo all'amministrazione, avendo tali domande ad oggetto interessi della società nel suo complesso ed interessi generali dei soci e dei terzi, la cui tutela non può essere compromessa in arbitri (vedi Cass. S.U. 2000/27, Cass. 98/3322, Cass. 88/1739).
Devono essere poi rigettate le istanze istruttorie reiterate dall'attrice in sede di conclusioni.
Quanto all'istanza di esibizione di tutti i documenti societari relativi alle censure di cui all'atto di citazione, essa appare palesemente generica né vi è necessità di espletare una consulenza contabile, poiché le doglianze della Giessauf in riferimento al bilancio della Birreria Viennese sono riferite essenzialmente alla violazione del precetto di chiarezza, stabilito nell'art. 2423 c.c. quale principio autonomo rispetto a quello di verità e che attiene all'idoneità del bilancio e degli allegati a fornire un'informazione sufficientemente leggibile sia ai soci che ai terzi sulla composizione del patrimonio sociale e sui singoli elementi che hanno determinato un certo risultato economico nel periodo di riferimento (si veda in questo senso, da ultimo, Cass. S.U. 2000/27, già sopra citata).
Vanno altresì disattese le istanze di interrogatorio formale e di prova per testi volte a dimostrare che alcuni acquisti addebitati alla società convenuta erano stati in realtà eseguiti dalla socia Irene Giessauf e dal marito per esigenze personali.
Tale accertamento risulta infatti irrilevante, giacché il bilancio di esercizio, per il principio di verità, deve esporre tutte i costi sopportati dalla società, anche per spese no inerenti ad attività sociali, salva l'eventuale responsabilità degli amministratori e dei terzi che si dimostri essersi appropriati di beni sociali.
Nel merito la domanda proposta dall'attrice deve essere rigettata.
Appare priva di riscontri probatori la deduzione della Giessauf, secondo cui il bilancio non sarebbe riferibile all'amministratrice, basata sulla notazione che nel corso dell'assemblea la sig.ra Mancini demandò al dr. Alicicco, che su suo incarico aveva curato la revisione della contabilità sociale, di rendere chiarimenti su singole voci.
Inoltre la on delegabilità della redazione di bilancio, ai sensi dell'art. 2381 c.c., non può intendersi come divieto per gli amministratori di avvalersi della collaborazione di esperti in materia contabile per la stesura di esso, tenuto conto della natura tecnica delle questioni trattate e del fatto che ciò che la norma richiede è che all'organo amministrativo siano riferibili le scelte gestionali sottese al bilancio di esercizio.
Infondate risultano le deduzioni dell'attrice in ordine alla mancata iscrizione in bilancio dei crediti corrispondenti al recupero delle attività rivelatesi insussistenti nel 1996.
Quanto all'insussistenza della cassa iscritta nel bilancio del 1995, emerge dalla relazione dell'ispettore giudiziario nominato nell'ambito del procedimento ex art. 2409 c.c., prodotta dalla convenuta, che tale voce doveva considerarsi una posta solo fittizia e che il saldo effettivo della cassa al 1°.1.1996 venne ricostruito mediante il raffronto fra i documenti di costo e le date di pagamento che risultavano dalla documentazione bancaria.
Ne consegue che non vi era stata nessuna illecita approvazione di denaro sociale e che non vi era nessun corrispondente credito della società da iscrivere in bilancio.
Analoga conclusione deve trarsi in riferimento alla rilevazione di costi sostenuti per acquisti non inerenti all'attività sociale.
Nel bilancio possono essere infatti iscritti solo crediti certi, con la conseguenza che, salva l'eventuale responsabilità dell'amministratore per non essersi attivato al fine di recuperare denaro della società di cui soci o terzi si siano appropriati, non può essere inserita nell'attivo una mera pretesa creditoria contestata dal presunto debitore e non accertata giudizialmente (vedi in tal senso Cass. 82/6431, Trib. Napoli 10.6.1994 PM c. Soc. Sportiva Napoli).
Infondata è anche la doglianza dell'attrice relativa alla voce immobilizzazioni immateriali.
Correttamente la società ha evidenziato che, essendo stato il bilancio redatto in forma abbreviata ai sensi dell'art. 2435 bis c.c., non vi era necessità di riportare nella nota integrativa le indicazioni prescritte dall'art. 2427 n. 2) c.c. in ordine ai movimenti della predetta voce.
Incensurabile appare inoltre la scelta della società di operare l'ammortamento diretto di tale posta, in mancanza di specifiche censure da parte dell'attrice che evidenzino l'incongruità della scelta operata e tenuto anche conto della modestia degli importi di cui si discute.
Analogamente incensurabile perché non irragionevole risulta la scelta della società di non istituire nel bilancio l'accantonamento per ferie non godute, essendo state queste già fruite dai dipendenti alla data di approvazione della delibera, circostanza questa non contestata dalla Giessauf, e non essendosi pertanto consolidato il relativo debito verso il personale dipendente, ancora incerto nell'an nel quantum nel corso dell'esercizio 1997.
Parimenti fondata è la giustificazione addotta dalla società in ordine all'insussistenza dell'obbligo di indicare nella nota integrativa la composizione delle voci proventi ed oneri straordinari del conto economico, escluso ai sensi dell'art. 2435 bis, comma 3, c.c. con riferimento all'art. 2427 n. 13) c.c., essendo stato il bilancio redatto in forma abbreviata, fermo restando che sia nella nota integrativa che nel corso dell'assemblea risulta precisato che la voce proventi straordinari si riferiva al recupero di costi che erano stati originariamente classificati come inerenti l'attività sociale e che erano invece ad essa estranei.
Immotivata e generica risulta la contestazione della Giessauf in ordine alla presunta mancanza di giustificazione della voce crediti verso clienti dell'importo di L. 19.997.139 (e non L. 23.080.709 come indicato in citazione) a fronte dell'attività di ristorazione esercitata dalla convenuta.
Per ciò che attiene ai costi non inerenti all'attività sociale che secondo l'attrice sarebbero stati sostenuti dalla Birreria Viennese anche nel corso dell'esercizio 1997 vale quanto già detto in sede di rigetto delle istanze istruttorie articolate sul punto dall'attrice, dovendo tali spese, in quanto effettivamente sopportate dalla società, essere rappresentate in bilancio, ferma l'eventuale responsabilità per la dispersione del patrimonio societario.
Sul punto va peraltro aggiunto che le deduzioni della Giessauf in ordine a tali spese sono rimaste del tutto generiche, avendo l'attrice indicato a quali costi si riferiva solo in sede di deposito delle memoria istruttoria ex art. 184 c.p.c. mediante il deposito di alcune fatture, decorsi i termini di cui all'art. 183 c.p.c. per la precisazione della domanda.
Analoghe osservazioni valgono per il compenso percepito dall'amministratrice, che essendo stato pagato dalla società doveva essere riportato in bilancio, prescindendosi in questa sede dalla questione della sua spettanza.
(Omissis)