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ottobre 2002

Studî e commenti

GABRIELE RACUGNO

Dal bilancio ai fatti di gestione


     1. Il discorso (1) prende le mosse dal bilancio, classificabile fra le scritture contabili, che espone, ordinatamente e periodicamente, in sintesi – poiché riassume i dati delle altre registrazioni – i valori contabili del reddito e del capitale.
Il legislatore, fin dal codice civile del 1942, sottolinea il collegamento tra il bilancio e le scritture contabili: l’art. 2403 cod. civ. stabilisce che il collegio sindacale deve, fra l’altro, «accertare la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili». Nella sua estrema sintesi la norma non esaurisce, peraltro, la sequenza di passaggi che scandiscono il più articolato iter che ha il suo epilogo tipico nel bilancio di esercizio.

     2. Le disposizioni più recenti – in particolare, da ultimo, il testo unico n. 58 del 1998 – evidenziano, procedendo a ritroso, l’ulteriore nesso fra le scritture contabili e i fatti di gestione: sempre in tema di collegio sindacale l’art. 149, 1° comma, lett. c), del richiamato testo unico, assegna invero a quest’organo il compito di vigilare sull’adeguatezza del sistema amministrativo contabile della società ed in particolare sulla «affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione».
     L’art. 2403 cod. civ., ancorché la norma non sia in tal senso esplicita, presuppone dunque, necessariamente, che il controllo da parte del collegio sindacale sul bilancio non si fermi alle scritture contabili ma si estenda ai fatti di gestione. Che questa sia la ratio della disposizione trova, fra l’altro, conferma nell’art. 155, 1° comma, lett. a) del citato testo unico: questa disposizione, nel disciplinare l’attività di revisione contabile, stabilisce che la società di revisione deve nel corso dell’esercizio verificare la regolare tenuta della contabilità sociale e «la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili».
     La sequenza, sempre procedendo a ritroso, è dunque la seguente: dal bilancio alle scritture contabili e da queste ai fatti di gestione. I passaggi intermedi, come si dirà più innanzi, hanno la loro naturale scansione, secondo un ordine risalente, nelle scritture di assestamento, nella situazione contabile e nel bilancio di verifica, che prendono a loro volta le mosse dalla contabilità generale, cioè dalle rilevazioni contabili effettuate cronologicamente (libro giornale) e sistematicamente (libro mastro) con il metodo della «partita doppia», secondo le norme di un’ordinata contabilità (art. 2219 cod. civ.): nel rispetto cioè delle regole predisposte dalla ragioneria e dalle scienze aziendali in genere, in armonia con la prassi in materia quale emerge dai principi contabili nazionali ed internazionali (2).

     3. La nozione di “bilancio”, come pure quella di “scritture contabili”, costituiscono patrimonio consolidato (anche) del vocabolario del giurista; non altrettanto – quantomeno sfogliando i più diffusi manuali di diritto commerciale – può dirsi dei “fatti di gestione”.
     A dire il vero l’espressione non compare per la prima volta nel testo unico n. 58/1998 essendo stata già utilizzata dal legislatore nel d.p.r. 31 marzo 1975, n. 136, che, come è noto, in attuazione della delega di cui all’art. 2, lett. a), della legge 7 giugno 1974, n. 216, concernente il controllo contabile e la certificazione dei bilanci delle società per azioni quotate in borsa, all’art. 4, 2° comma, subordinava il rilascio della certificazione da parte della società di revisione, fra l’altro, all’esatta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili.
     Procedendo alla individuazione, seppure a campione, delle ulteriori fonti normative che menzionano i fatti di gestione (3), è possibile pervenire ad una prima definizione dell’espressione.
     Significativamente il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267), all’art. 268, rubricato Ricostituzione di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori bilancio, impone agli organi regionali di controllo l’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria e di invio alla Corte dei conti dei fatti di gestione che abbiano determinato nuovi squilibri ed in particolare il ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile con i mezzi ordinari. La norma accentua la connessione fra il fatto di gestione e le conseguenze che lo stesso determina, in positivo o in negativo, sull’amministrazione e, più in generale, sulla situazione finanziaria dell’impresa o dell’ente.
     Dai fatti di gestione possono cioè derivare variazioni numerarie (4) positive (+ denaro, + crediti di funzionamento, – debiti di funzionamento) o negative (– denaro, + debiti di funzionamento, – crediti di funzionamento).

     4. «Fatto di gestione» o «atto di gestione» può così essere definita ogni «operazione» (5) aziendale posta in essere dall’imprenditore, nelle imprese individuali, e dagli amministratori, nelle imprese collettive – quali una vendita, un acquisto, un incasso, un pagamento, l’ottenimento di un finanziamento – atta a influire sui processi di formazione della ricchezza di impresa, operazione che, come si dirà più avanti, costituisce la premessa logica della «rilevazione contabile» intesa come raccolta dei valori e relativa rappresentazione formale. Il momento della rilevazione o di registrazione del fatto aziendale in contabilità è generalmente individuato nell’insorgere della variazione numeraria, che normalmente coincide con l’emissione o il ricevimento della fattura o di documento analogo; non quindi, di per sé, il tempo della stipulazione del contratto e neppure della consegna del bene. È di ausilio a questo proposito la normativa fiscale che fa coincidere, seppure non sempre (6), l’emissione o il ricevimento della fattura con il momento della genesi del credito o del debito, nel quale si ha certezza e definitività dei valori. Il preordinato processo organico e continuo di rilevazioni dà luogo alla contabilità generale, la cui finalità è rappresentata dalla redazione del bilancio d’esercizio (7).
     I fatti di gestione debbono essere appositamente documentati mediante la conservazione dei relativi «documenti contabili»: fatture di vendita, fatture di acquisto, ricevute fiscali, contratti, corrispondenza, altri documenti (art. 2214, 2° comma, seconda parte, cod. civ.). La rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di gestione costituisce l’«atto contabile» (8), che consiste nell’iscrivere nelle scritture i valori dei fatti di gestione con le relative denominazioni; la rilevazione (9) determina la «rappresentazione contabile» dei valori mediante scritture sui libri e consente la misurazione degli accadimenti aziendali esprimibili in termini monetari e, quindi, la determinazione consuntiva del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento.
     L’imprenditore organizza così non solo l’attività economica dell’impresa (atti di gestione), ma anche la rilevazione della stessa nella contabilità (atti contabili), con la puntualizzazione che, mentre nella prima vale il principio della insindacabilità delle scelte di gestione essendo l’imprenditore soggetto al rischio di impresa, nella seconda trovano applicazione le regole della ragioneria, e quindi l’obbligo di tenuta delle scritture «secondo le norme di un’ordinata contabilità» (art. 2219 cod. civ.), regole che non eliminano, peraltro, il ruolo organizzativo, e quindi il potere-dovere di scelte che, anche in questo settore dell’impresa, competono all’imprenditore.

     5. Una precisazione, a questo punto, va necessariamente fatta per prevenire ogni equivoco a cui potrebbe dare adito la formula «corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili» (10).
     Nelle scritture contabili non vengono rilevati direttamente i fatti di gestione, bensì i documenti nei quali gli stessi sono descritti: la contabilità non registra cioè fatti materiali, accadimenti fisici, ma i relativi documenti che li evidenziano. Documenti questi definiti anche documenti di primo grado. Sotto questo profilo il libro giornale e il libro degli inventari sono considerati documenti di secondo grado, e il bilancio documento di terzo grado.

     6. Il controllo sulla regolarità della tenuta delle scritture contabili ha quindi la funzione, in primo luogo, di verificare che nelle scritture sia stata correttamente effettuata la «trasposizione» dei documenti evidenzianti i fatti di gestione, a cui farà seguito la verifica della corretta «sintetizzazione» nel bilancio di esercizio delle risultanze delle scritture.
     Trasposizione e sintetizzazione, pur costituendo due momenti essenziali del sistema contabile aziendale, non esauriscono l’oggetto della verifica. Secondo la giurisprudenza (11) la verifica che i fatti di gestione siano correttamente rilevati nelle scritture contabili deve necessariamente comprendere anche un controllo avente ad oggetto gli stessi fatti, e contenere un giudizio valutativo sulle singole poste di bilancio che non derivano da mere rilevazioni contabili (12). La verifica dovrà, cioè, accertare, per esempio, la corrispondenza del documento attestante l’esborso effettuato ad una legittima ragione di pagamento: in mancanza, con l’esecuzione di un controllo meramente apparente, risulterebbe, a cascata, inficiata la rappresentazione veritiera e corretta delle poste riportate nel bilancio (art. 2423, 2° comma, cod. civ.). Il revisore, prima ancora di effettuare il controllo della trasposizione dei fatti nelle scritture, dovrà verificare la realtà degli accadimenti aziendali, la liceità e la regolarità delle operazioni emergenti dai documenti contabili, la loro conformità alle disposizioni statutarie, come pure eventuali conflitti di interessi, e dovrà altresì evidenziare e segnalare i fatti censurabili risultanti dalla documentazione contabile (13).
     La revisione, peraltro, ha un limite, nel senso che al di là delle ipotesi di illiceità delle operazioni, cioè di fatti censurabili emergenti direttamente dai documenti, il revisore non sarà tenuto ad andare: non avrà pertanto ad oggetto la verifica della validità giuridica dei contratti (14) e degli atti nei quali si substanziano i fatti di gestione.
     Deve aggiungersi, infine, che, secondo la prassi e la stessa giurisprudenza, per aversi una corretta revisione contabile è sufficiente una rilevazione «a campione» delle operazioni contabili, non potendo la revisione intendersi come controllo su ogni singola operazione compiuta. Sarebbe cioè irragionevole pretendere l’esame di ogni e qualsiasi fattura, scritturazione, ricevuta, ecc., sempreché, naturalmente, non emergano elementi di sospetto che rendano necessario un più dettagliato esame.
     Alla regola del «controllo a campione» potrà sostituirsi quella del «controllo a tappeto» in ipotesi del tutto eccezionali, nelle quali, cioè, sia proprio il controllo a campione a evidenziare la necessità di più analitiche verifiche della realtà aziendale, come pure ogni qual volta, per l’eccezionalità delle operazioni, della rilevanza economica (15) e dell’atipicità in genere delle stesse non siano sufficienti le normali verifiche a campione, da svolgersi in ogni caso «con profondità inversamente proporzionale all’affidabilità del sistema di controllo interno» (16).

     7. La rilevazione nelle scritture contabili dei documenti evidenzianti i fatti di gestione viene effettuata nel periodo amministrativo nel quale i fatti si manifestano, nel momento in cui si verifica la variazione numeraria e nella misura di questa (c.d. criterio della manifestazione numeraria), senza attendere la correlata entrata o uscita monetaria, il cui verificarsi – intesa come entrata o uscita di tesoreria – è di per sé non significativa, essendo il bilancio nel nostro ordinamento contabile impostato secondo il «criterio di competenza» e non «di cassa»: art. 2423 bis, n. 3, cod. civ. La ratio del principio di competenza è quella di far emergere i risultati economici nell’esercizio in cui si sono realizzati i relativi proventi ed oneri, indipendentemente dal verificarsi della manifestazione numeraria. La lettera d) dell’art. 31 della IV direttiva è in proposito esplicita, statuendo il principio del divieto di considerare la data del pagamento o dell’incasso.
     Il principio di competenza, che ha trovato espressa collocazione nel codice civile ad opera dell’art. 3 del d. lgs. 9 aprile 1991, n. 127, i cui prodromi li troviamo nella disciplina dei ratei e dei risconti, ha una storia risalente nella prassi contabile, rilevando nella redazione dei bilanci, secondo la scienza aziendale, i ricavi e i costi imputabili all’esercizio: ogni fatto di gestione è sottoposto ad una valutazione economica in funzione della sua partecipazione alla formazione del reddito, piuttosto che rilevato in relazione alle implicazioni finanziarie, cioè all’entrata o uscita di tesoreria che determina o determinerà.
     La corretta imputazione dei proventi e degli oneri all’esercizio consente, a sua volta, una corretta valutazione del reddito dell’impresa, la verifica degli incrementi e dei decrementi del capitale sociale.
     Deve ancora aggiungersi che nella gerarchia dei principi di redazione del bilancio è pressoché unanimemente riconosciuto un ruolo centrale alla regola, contenuta al n. 1 dell’art. 2423 bis cod. civ., in base alla quale «la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività» (17). Il bilancio d’esercizio è, innanzitutto, “bilancio di funzionamento”: prudenza e continuazione dell’attività assumono, cioè, nell’endiadi di cui alla disposizione appena richiamata, l’asse portante di tutti i criteri di valutazione.
     Che il principio di competenza vada interpretato ed applicato alla luce della regola della prudenza trova conferma nella disposizione di cui al n. 4 dell’art. 2423 bis cod. civ., che stabilisce si tenga conto, in armonia con quanto previsto nella relazione sulla gestione (art. 2428, n. 5 cod. civ.), dei fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio, ma limitatamente ai «rischi» ed alle «perdite di competenza dell’esercizio», con esclusione di ogni rilevanza dei proventi (18).

     8. Il preordinato processo organico e continuo di rilevazione dei fatti di gestione dà luogo alla contabilità generale, intesa come «il sistema di determinazione ed espressione, in linguaggio matematico, dei fatti e delle operazioni aziendali» (19): attraverso la contabilità vengono rilevati i fatti di gestione (20), con la finalità di consentire all’imprenditore di conoscere, mediante la documentazione sistematica della propria attività, la redditività dell’azienda (utili o perdite) e gli incrementi o decrementi, e quindi la consistenza del capitale di funzionamento.
     Un’esatta rilevazione quantitativa dei fatti di gestione nelle scritture contabili costituisce la premessa di un corretto funzionamento della contabilità generale, che consente all’imprenditore di determinare il reddito dell’impresa relativo ad un determinato periodo e la connessa variazione del capitale di funzionamento.
     Le scritture contabili possono così essere definite come l’insieme ordinato (21) della documentazione scritta inerente l’impresa, comprensiva sia dei singoli documenti che contengono le registrazioni contabili, cronologiche e sistematiche, che delle relative pezze di supporto, quali lettere, telegrammi, fatture, contratti ed analoghi documenti.
     Il passaggio dalla contabilità generale (22) – cioè dalle rilevazioni contabili effettuate cronologicamente (libro giornale) e sistematicamente (libro mastro) – al bilancio, inteso come documento che espone ordinatamente in sintesi i valori contabili del reddito e del capitale, ha come necessaria scansione la redazione del bilancio di verifica e della situazione contabile.
     Le operazioni di chiusura partono necessariamente dai saldi dei conti tenuti con il metodo della partita doppia (23), operazioni che, nella prassi, vengono redatte giornalmente (24) al fine di rilevare eventuali errori di contabilizzazione, considerato che la somma dei saldi che cadono nel dare dei vari conti deve essere di importo uguale alla somma di tutti i saldi che cadono nell’avere (25).
     Il bilancio di verifica è costituito da un prospetto che ricomprende, per saldi, tutti i conti movimentati nel periodo, a tal fine rilevando i fatti di gestione come emersi nel corso dell’attività, senza distinzione tra conti di reddito e conti di capitale, ed ha la funzione di verifica delle uguaglianze numeriche (26): i totali infatti dei saldi dare e il totale dei saldi avere, come si è detto, devono «quadrare», cioè essere uguali tra di loro.
     Nella situazione contabile vengono quindi riordinati i saldi emergenti dal bilancio di verifica, distinguendoli in due gruppi: conti destinati al calcolo del reddito (conto economico) e conti destinati al calcolo del capitale (situazione patrimoniale). Anche questa operazione può essere effettuata giornalmente al fine di consentire all’imprenditore di conoscere, seppure in misura parziaria, prima cioè della predisposizione delle scritture di assestamento (27), la redditività dell’azienda (utili o perdite) e gli incrementi o decrementi, e quindi la consistenza, per effetto della gestione, del capitale di funzionamento (28).

     9. Il bilancio di esercizio presuppone infine la predisposizione delle scritture «di assestamento» o «di rettifica» (29), cioè sia la rilevazione di quei fatti di gestione che di per sé non abbiano ancora dato luogo a manifestazioni numerarie o assimilate (come la determinazione dei ratei e delle fatture da emettere e da ricevere), sia la riclassificazione delle variazioni economiche secondo il principio di competenza (30) (quali il calcolo dei risconti e delle quote di ammortamento).
     È nel passaggio dalla situazione contabile al bilancio d’esercizio che trova applicazione il fondamentale principio (art. 2423 bis n. 3 cod. civ.) che impone la rilevazione di tutti i valori di competenza economica dell’esercizio indipendentemente dalla contabilizzazione (31).
     Il passaggio dalla contabilità generale al bilancio di esercizio presuppone ancora la capitalizzazione dei costi (32) dei fattori produttivi utilizzati per la produzione interna di cespiti, già rilevati fra i costi d’esercizio, capitalizzazione che può riguardare sia le immobilizzazioni materiali che quelle immateriali.
     Del bilancio costituisce il primo documento lo «stato patrimoniale» (art. 2423, 1° comma, cod. civ.), definibile come una sintesi o riassunto dell’«inventario», che, a sua volta, «è un elenco analitico, descrittivo e valutativo degli elementi patrimoniali attivi e passivi» (33), redatto anche con l’ausilio della ricognizione fisica dei beni aziendali, che riflette lo stato patrimoniale dell’imprenditore, peraltro senza l’organicità del bilancio (34).
     Terminate le operazioni necessarie a rendere il bilancio rispondente al sistema normativo, sia lo stato patrimoniale che il conto economico sono nella prassi soggetti a riclassificazioni (35), cioè a rappresentazione secondo tecniche differenti dei valori di bilancio, al fine di consentire un’analisi interpretativa dei fatti di gestione e fare emergere ulteriori informazioni sulla vita dell’impresa: grado di liquidità degli investimenti, esigibilità degli indebitamenti, concorso delle diverse aree dell’impresa alla formazione del risultato di esercizio, e quelle ulteriori che, di volta in volta, in funzione delle concrete esigenze operative, risultino utili sia per la valutazione dello stato di salute dell’impresa (36) che per la programmazione e il controllo della gestione futura.
     Attraverso il raggruppamento e la rielaborazione secondo opportuni criteri delle poste di bilancio (37) si rendono omogenei i valori esposti, agevolandone il confronto, ed è possibile sia procedere ad una corretta «analisi di bilancio» (38), sia alla determinazione degli «indici di bilancio» (39), e pervenire così ad una interpretazione dei risultati della gestione tenendo conto della complessità degli andamenti aziendali.

     10. Può a questo punto conclusivamente affermarsi che se da un lato la contabilità rispecchia le operazioni d’impresa, dall’altro va tenuto presente che la rilevazione contabile non è un atto formale, non si riduce ad una mera fotografia degli atti di gestione. L’atto contabile implica un giudizio, una valutazione, l’assunzione di decisioni: in altri termini, una scelta, naturalmente nei limiti della ragionevolezza e delle regole. La gestione dell’impresa presuppone le conoscenze e le scelte che hanno presieduto la rilevazione contabile: gestione e contabilità appartengono entrambe all’organizzazione dell’impresa (art. 2082 cod. civ.).

 

NOTE

     (1) Lezione per il corso di “Dottorato di ricerca in diritto ed economia dei sistemi produttivi” della Facoltà di giurisprudenza di Sassari, che riprende il mio recente studio L’ordinamento contabile delle imprese, in Trattato di diritto commerciale diretto da V. Buonocore, sez. 1, t. 5, Giappichelli, Torino, 2002. Scritto destinato agli Studi in onore di Ugo Majello e che sarà pubblicato su Giurisprudenza commerciale.

     (2) Cfr. S. FORTUNATO, I principi contabili nell’ordinamento giuridico italiano, in Contabilità, finanza e controllo, 2001, p. 555 ss.; E. SANTESSO– U. SÒSTERO, I principi contabili per il bilancio d’esercizio, con Prefazione di G.E. Colombo, Il Sole 24 Ore, Milano, 1999.

     (3) Fra le tante, senza pretesa di completezza, possono ricordarsi: gli artt. 194 e 268 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali); l’art. 23 del d.m. 22 aprile 1997, in Gazz. uff., 20 gennaio 1998, n. 15 (Approvazione del regolamento amministrativo-contabile dell’Ente nazionale di assistenza al volo); l’art. 41 del d.m. 27 aprile 1995, n. 392, in Gazz. uff., 21 settembre 1995, n. 221 (Regolamento recante norme sull’organizzazione, il funzionamento e la gestione finanziaria ed economico-patrimoniale degli istituti italiani di cultura all’estero); l’art. 38 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 marzo 1995, n. 207, in Gazz. uff., 31 maggio 1995, n. 125 (Regolamento recante disposizioni per l’organizzazione ed il funzionamento della Scuola superiore della pubblica amministrazione); l’art. 73, 8° comma, del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 175, in suppl. ord. della Gazz. uff., 18 maggio, n. 114 (Attuazione della direttiva 92/49/-CE in materia di assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita); gli artt. 21 e 62, 8° comma, del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 174, in suppl. ord. n. 56, della Gazz. uff., n. 114, del 18 maggio (Attuazione della direttiva 92/96/-CE in materia di assicurazione diretta sulla vita); l’art. 26 del d.m. 16 gennaio 1995, in Gazz. uff., 4 febbraio, n. 29 (Approvazione del regolamento di amministrazione e contabilità dell’Ente Poste Italiane); l’art. 2, 19° comma, del d.l. 27 agosto 1994, n. 515, in suppl. ord. della Gazz. uff., 29 agosto, n. 201, convertito in l. 28 ottobre 1994, n. 596, in suppl. ord. della Gazz. uff., 28 ottobre, n. 253 (Provvedimenti urgenti in materia di finanza locale per l’anno 1994); l’art. 80, 5° comma, del d.l. 29 aprile 1994, n. 257, in Gazz. uff., 30 aprile, n. 99 (Disposizioni urgenti in materia di differimento di termini previsti da disposizioni legislative); l’art. 16 del d. lgs. 27 gennaio 1992, n. 88, in suppl. ord. della Gazz. uff., n. 37, del 14 febbraio (Attuazione della direttiva n. 253/84/CEE, relativa all’abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili); l’art. 23 del d. lgs. 9 aprile 1991, n. 127, in Gazz. uff., 17 aprile, n. 90 (Attuazione delle direttive n. 78/660/CEE e 83/349/CEE in materia societaria, relative ai conti annuali e consolidati, ai sensi dell’art. 1, della l. 26 marzo 1990, n. 69); l’art. 25 del d.l. 2 marzo 1989 n. 66, in Gazz. uff., 2 marzo, n. 51 e convertito in legge, con modificazioni, con l’art. 1, 1° comma, l. 24 aprile 1989, n. 144, in Gazz. uff., 26 aprile, n. 96 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale); l’art. 30 della l. 22 ottobre 1986, n. 742, in Gazz. uff., 7 novembre, n. 259 (Nuove norme per l’esercizio delle assicurazioni private sulla vita); l’art. 29 del d.p.r. 28 marzo 1986, n. 157, in Gazz. uff., del 13 maggio, n. 109 (Nuove norme di attuazione della legge 16 febbraio 1942, n. 426, recante costituzione e ordinamento del Comitato olimpico nazionale italiano (C.O.N.I.); l’art. 7 del d.m. 9 luglio 1985, in Gazz. uff., 28 agosto, n. 202 (Linee direttive per la formulazione dei programmi di utilizzazione delle quote del Fondo sanitario nazionale con vincolo di destinazione, a norma dell’art. 17 della legge 22 dicembre 1984, n. 887); l’art. 25 del d.p.r. 4 marzo 1982 n. 371, in suppl. ord. della Gazz. uff., 19 giugno, n. 167 (Regolamento per l’amministrazione e la contabilità generale delle Università e degli istituti di istruzione universitaria); l’art. 4 del d.p.r. 31 marzo 1975, n. 136 [abrogato dall’art. 214, 1° comma, lett. t), del d. lgs. n. 58/1998], in Gazz. uff., 7 maggio, n. 119 (Attuazione della delega di cui all’art. 2, lettera a), della legge 7 giugno 1974, n. 216); l’art. 14 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, in suppl. ord. n. 1 della Gazz. uff., 16 ottobre, n. 268 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi); l’art. 2 del d. m. 7 dicembre 1967, in Gazz. uff., 27 febbraio, n. 52 (Approvazione delle norme sulle ispezioni ordinarie e straordinarie alle società cooperative e loro consorzi e sulla formazione e tenuta dell’elenco degli ispettori); l’art. 3 della l. 4 dicembre 1956, n. 1404, in Gazz. uff., 28 dicembre, n. 325 (Soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale); l’art. 12 del r.d.l. 20 gennaio 1944, n. 26, in Gazz. uff., 20 ottobre, n. 71 (Disposizioni per la reintegrazione nei diritti patrimoniali dei cittadini italiani e stranieri già dichiarati o considerati di razza ebraica); l’art. 34 del r.d. 15 aprile 1937, n. 1777, in Gazz. uff., 27 ottobre, n. 251 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della l. 20 giugno 1935, n. 1251, concernente la costituzione dell’Ente autonomo per il Monte di Portofino).
     L’espressione “fatti di gestione” non mi pare compaia mai nel codice civile, dove viene utilizzata la dicitura, peraltro equivalente come si dirà più innanzi, “atti di gestione”: cfr. gli artt. 703, 4° comma, 2031, 2° comma, 2544, e, sostanzialmente, l’art. 2637.
     Ampia menzione dei fatti di gestione si rinviene nei programmi delle scuole superiori e delle accademie per l’insegnamento della ragioneria e dell’economia aziendale, nonché nelle comunicazioni della Consob, nei provvedimenti della Banca d’Italia e nelle deliberazioni della Corte dei Conti.

     (4) Quella di numerario è una funzione tipica della moneta nella quale sono espressi i prezzi, intesi come quantità di moneta che viene scambiata con un’unità di un bene. La dottrina ragionieristica, seppure con diverse sfumature di significato, utilizza, quali sinonimi, i termini «numerario», «monetario» e «finanziario», ed in tal senso, senza una precisa valenza differenziale, i vari termini vengono utilizzati nel corso dell’esposizione.

     (5) Sulla coincidenza dei termini, cfr. Ant. AMADUZZI, Economia aziendale. Fondamenti e applicazioni programmate, Cacucci, Bari, 1999, p. 130. Per un’analisi dei fenomeni di gestione, detti anche «fatti amministrativi», cfr. P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffrè, Milano, 1970, p. 69 ss.

     (6) Per esempio, per le prestazioni di servizi l’art. 6 del d.p.r. n. 633/72 prevede che la fattura debba essere emessa al momento del pagamento. Sui procedimenti di rilevazione contabile, cfr. L. MARCHI, Introduzione alla contabilità d’impresa, Giappichelli, Torino, 1999, p. 105 ss.; G. MELIS, Elementi di economia aziendale, Giuffré, Milano, 2001, p. 173 ss., ove il processo di rilevazione viene esaminato nei suoi momenti tipici.

     (7) La vita continua dell’azienda viene, cioè, suddivisa in unità temporali denominate “esercizi”, che corrispondono normalmente ad una durata di dodici mesi. Sulle problematiche attinenti alle esigenze di ripartizione o di raggruppamento dei valori, sia nel conto economico che nello stato patrimoniale, in relazione alla suddivisione della gestione dell’impresa in determinate scansioni temporali, cfr. F. SUPERTI FURGA, Il falso in bilancio nella prospettiva economico-aziendale, in Giur. comm., 1996, I, p. 219 ss.

     (8) Ant. AMADUZZI, Economia aziendale, cit., p. 130.

     (9) Che può essere effettuata secondo un ordine temporale (rilevazione cronologica) o secondo un particolare criterio di classificazione (rilevazione sistematica), ma in ogni caso «in modo oltre che veritiero, anche completo, esauriente e tecnicamente adeguato»: TAR Lazio, 2 novembre 1995, n. 1887, in T.A.R. 1995, I, p. 4717.

     (10) Così, per esempio, il citato art. 155, 1° comma, lett. a), del d. lgs. n. 58/1998.

     (11) Trib. Roma, 26 aprile 1999, in Giur. comm., 2000, II, p. 701, con nota di L. QUAGLIOTTI, Il diligente modus operandi nella verifica della corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili; Cons. Stato, 28 aprile 1998, n. 572.

     (12) «La verifica si estende alla corrispondenza non solo tra i documenti di base e le registrazioni contabili, ma anche tra i documenti di base e la realtà fattuale»: G.E. COLOMBO, Revisione contabile, in Testo unico della finanza, Commentario diretto da G. F. Campobasso, vol. II, Utet, Torino, 2002, p. 1290.

     (13) È il noto esempio dell’amministratore che abbia documentato di aver erogato finanziamenti illeciti ad un partito: se la revisione dovesse essere limitata unicamente all’accertamento della verità o falsità dei fatti di gestione, dovrebbe considerare censurabile la condotta del nostro amministratore solo laddove risultasse che il finanziamento illecito non è stato erogato o è stato erogato in misura diversa da quella documentata. Per un esame delle norme tecniche di svolgimento della revisione, cfr. Il controllo legale dei conti e la revisione contabile, a cura di Pricewaterhouse Coopers, Il Sole 24 Ore, Milano, 1999, p. 55 ss.
     Sul rilievo della distinzione «tra documenti falsi, che deformano la realtà fattuale, e documenti che registrano fedelmente operazioni scorrette», cfr. F. SUPERTI FURGA, Il falso in bilancio nella prospettiva economico-aziendale, cit., p. 227: osserva questo A. come la documentazione relativa al pagamento del prezzo per l’acquisto di un immobile notevolmente superiore a quello di mercato «per finalità contrastanti con la corretta gestione aziendale … non darà luogo a un bilancio falso, ma metterà in evidenza un’operazione di mala gestio», che riguarda non già il bilancio, che ha la funzione di “fotografare” l’esistente, ma la responsabilità degli amministratori. Sulla confusione tra merito della gestione e falsità del bilancio, v. G.E. COLOMBO, La «moda» dell’accusa di falso in bilancio nelle indagini delle Procure della Repubblica, in Riv. soc., 1996, p. 713 ss. ed, ivi, in particolare, p. 721, il paragrafo n. 3 intitolato «La contabilizzazione di costi (effettivamente sostenuti) per prestazioni illecite non dà luogo a falsa comunicazione; il bilancio deve riflettere l’essere, non il dover essere». Di qui la netta distinzione tra azione di responsabilità e azione di impugnativa di bilancio.

     (14) Ma, cfr. Trib. Roma, 26 aprile 1999, loc. cit., e in Società, 1999, p. 1235, con nota di V. SALAFIA, Iscrizione in bilancio di contratti nulli e responsabilità della società di revisione.

     (15) Quali pagamenti per consulenze professionali che appaiano eccessivi rispetto al servizio reso.

     (16) G.E. COLOMBO, Revisione contabile, cit., p. 1290.

     (17) Il c.d principio del going concern: quindi con riferimento ad un’impresa in funzionamento, che si contrappone ad una valutazione in funzione liquidatoria: cfr. M.S. DESARIO, Bilancio ordinario e bilanci di liquidazione nelle società per azioni, Giuffrè, Milano, 1998, p. 49 ss.

     (18) Parimenti secondo il c.d. «principio di asimmetria o di disparità» le perdite vengono esposte in bilancio anche se solo temute, mentre è vietata l’iscrizione degli utili soltanto sperati: cfr. E. BOCCHINI, Manuale di diritto della contabilità delle imprese, Utet, Torino, 1995, p. 129.

     (19) A. NIGRO, Imprese commerciali e imprese soggette a registrazione, D) Le scritture contabili, in Trattato di dir. priv. diretto da P. Rescigno, vol. 15, t. 2, Utet, Torino, 2001, p. 708 ss. Sui profili della rilevazione delle quantità e di determinazione dei valori, cfr. E. BOCCHINI, Manuale di diritto della contabilità, cit., p. 6.

     (20) Intesi, come si è detto, non come fatti materiali o accadimenti fisici, bensì come documenti in cui tali accadimenti sono descritti.

     (21) Cfr. S. FORTUNATO, Il diritto contabile e l’impresa, in AA.VV., Diritto commerciale, Monduzzi, Bologna, 1999, p. 653. Esulano dalle scritture contabili i libri sociali (art. 2421), in quanto documenti non rappresentativi di fatti gestionali e non contenenti rappresentazioni di tipo simbolico-matematico (G. MINERVINI, Le scritture contabili fra diritto e ragioneria, in Riv. soc., 1965, p. 390), come pure quei libri e registri tenuti in funzione di successivi controlli quali quelli imposti dalla legislazione antiriciclaggio (d. lgs. 3 maggio 1991, n. 143, conv. dalla legge 5 luglio 1991, n. 197): su quest’ultimo profilo, espressamente, A. NIGRO, Imprese commerciali, cit., p. 709, nota 278.

     (22) Il modello contabile detto contabilità generale in senso proprio è appunto finalizzato alla determinazione consuntiva del reddito d’esercizio e del connesso capitale di funzionamento e si contrappone alle c.d. contabilità speciali (quali, la contabilità di magazzino, la contabilità di mano d’opera, la contabilità industriale, ecc.), cfr. G. FERRERO – F. DEZZANI – P. PISONI – L. PUDDU, Contabilità e bilancio d’esercizio, Giuffrè, Milano, 2000, p. 3. Sulla contabilità generale, quale «banca dati» da cui è possibile attingere per ogni esigenza conoscitiva e di elaborazione della vita dell’azienda, v. A. PAVAN, L’amministrazione economica delle aziende, Giuffrè, Milano, 2001, p. 346. Per il collegamento tra contabilità generale e bilancio, cfr. G. FRATTINI, Contabilità e bilancio, Egea, Milano, 2001, p. 348. L’imprescindibilità della connessione tra contabilità e bilancioè ampiamente sottolineata da A. NIGRO, Le scritture contabili, in Trattato di dir. comm. e di dir. pubbl. dell’economia diretto da F. Galgano, vol. II, Cedam, Padova, 1978, p. 221.

     (23) Su questa tematica che, pur essendo propria della ragioneria e della tecnica aziendale, costituisce la premessa indefettibile per lo studio dei profili giuridici delle scritture contabili, mi permetto rinviare al mio L’ordinamento contabile delle imprese, cit., p. 40 ss., ove riferimenti.

     (24) Non più mediante interventi manuali, ma con sistemi automatici che consentono la rilevazione dei dati e le quadrature contabili con controlli e riscontri assicurati dalle procedure.

     (25) Sui bilanci di verifica e sulle situazioni contabili, v. G. FERRERO – F. DEZZANI – P. PISONI – L. PUDDU, Contabilità e bilancio, cit., p. 245 ss.

     (26) Il bilancio di verifica – quando la contabilità veniva tenuta a mano su supporti cartacei, prima cioè dell’introduzione dei riscontri mediante i software contabili – aveva la funzione di consentire il controllo della correttezza delle scritture a giornale e dei riporti a mastro. In argomento, cfr. G. FRATTINI, Contabilità e bilancio, cit., pag. 146 ss. Sul passaggio dai valori di conto ai valori di bilancio, v. Ant. AMADUZZI, Economia aziendale, cit., p. 167 ss.

     (27) Sulle procedure per la contabilizzazione delle rettifiche di assestamento, cfr. G. MELIS, Elementi di economia aziendale, cit., p. 293 ss.

    (28) Definito anche capitale proprio o patrimonio netto. Per un’impostazione della materia, diffusamente, cfr. G. ZAPPA, Le produzioni nell’economia industriale, vol. II, Giuffrè, Milano, 1957, p. 559 ss.

     (29) Cfr. G.E. COLOMBO, Il bilancio d’esercizio, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 7, t. 1, Utet, Torino, 1994, p. 76.

     (30) È questo il momento nel quale vengono introdotti nel processo di rilevazione contabile elementi di soggettività da parte di chi procede alla determinazione dei valori, mancando la certezza dei processi di misurazione: di qui la tradizionale suddivisione dei valori economici di bilancio in valori certi, valori stimati e valori congetturati. Sulla contrapposizione tra quantità soggettive e quantità oggettive, cfr. la tabella di riferimento contenuta a p. 623 dello studio di A. PAVAN, L’amministrazione economica, cit., p. 623. In ordine alle tecniche di rilevazione dei valori stimati e congetturati di fine esercizio, cfr. G. FRATTINI, Contabilità e bilancio, cit., p. 153 ss. Il problema della stima accompagna anche le operazioni che hanno origine numeraria, che talvolta necessitano di successive rettificazioni: per un’impostazione della materia, v. G. ZAPPA, Le produzioni, cit., p. 847, ove viene esaminata, in particolare, l’ipotesi di differimento del regolamento delle vendite.

     (31) Il passaggio dai valori di conto ai valori di bilancio è in funzione della determinazione della competenza «in modo che i valori dei conti siano valori di competenza dell’esercizio». Il principio di competenza, che non può essere rispettato nella contabilizzazione delle operazioni durante l’esercizio, costituisce «il principio fondamentale per la formulazione del bilancio di esercizio»: per i virgolati, cfr. Ant. AMADUZZI, Economia aziendale, cit., p. 169. Sulle tecniche ragionieristiche di imputazione all’esercizio dei valori secondo il principio di competenza economica, v. F. SUPERTI FURGA, Il falso in bilancio nella prospettiva economico-aziendale, cit., p. 218.

     (32) «Capitalizzare un costo vuol dire non considerarlo più come un componente negativo del reddito dell’esercizio in cui ha avuto manifestazione numeraria, ma, attraverso il suo rinvio ai successivi esercizi, considerarlo invece un elemento attivo del capitale di funzionamento»: così G. FERRERO – F. DEZZANI – P. PISONI – L. PUDDU, Contabilità e bilancio, cit., p. 272, ove vengono illustrate le scritture di capitalizzazione dei costi, destinate ad evidenziare – ove le immobilizzazioni siano state utilizzate nell’esercizio in cui avviene la capitalizzazione – anche la quota di ammortamento di competenza.

     (33) G.E. COLOMBO, Il bilancio d’esercizio, cit., p. 77.

     (34) La notazione da ultimo riferita in corsivo nel testo è di G. COTTINO, L’imprenditore, Diritto commerciale, vol. I, t. 1, Cedam, Padova, 2000, p. 259.

     (35) Sul punto, cfr. G. FRATTINI, Contabilità e bilancio, cit., p. 383 ss.; A. PAVAN, L’amministrazione economica, cit., p. 647. Sul bilancio come «contenitore di informazioni da elaborare», v. P. CAPALDO, Reddito, capitale e bilancio di esercizio. Una introduzione, Giuffrè, Milano, 1998, p. 414.

     (36) Cioè la sua capacità di produrre reddito, la sua situazione di liquidità, il grado di rigidità o elasticità della sua struttura finanziaria, e così via. L’impresa, è stato osservato, «non vale tanto per i beni di cui dispone, quanto per gli utili che essa è in grado di generare»: P. CAPALDO, Reddito, capitale e bilancio, cit., p. 133. Che le imprese valgono per ciò che rendono, e non per ciò che sono, è conclusione non solo delle dottrine aziendalistiche ma anche di quelle giuridiche: cfr. B. LIBONATI, I bilanci d’impresa: un inquadramento giuridico, in Annali 1996, Università degli studi della Tuscia, Quaderni dell’istituto giuridico, Agnesotti, Viterbo, 1997, p. 52 ss., ove viene esaminata la relazione tra la redditività di un’impresa e il suo valore di mercato.

     (37) Particolare rilievo assumono in proposito le riclassificazioni degli schemi dello stato patrimoniale e del conto economico nella prospettiva dell’informazione finanziaria al fine di farne conoscere le relative dinamiche: cfr. M.A. REA, Informazione di bilancio e situazione finanziaria d’impresa, Giappichelli, Torino, 2001, p. 109 ss. e p. 161 ss.

     (38) Avente la funzione di elaborare i dati di bilancio con l’obiettivo di ottenere un sistema di informazioni su: la solidità del patrimonio; la redditività degli investimenti aziendali; l’equilibrio finanziario ed economico della gestione; la capacità dell’azienda di utilizzare al meglio le risorse a disposizione. Per una riconversione dei valori esposti nei documenti contabili di sintesi nei corrispondenti andamenti economico finanziari, cfr. F. PODDIGHE (a cura di), Analisi di bilancio per indici. Aspetti operativi, Cedam, Padova, 2001, ove vengono sviluppati criticamente una serie di casi reali relativi ad aziende primarie operanti in vari contesti produttivi (ivi, p. 243 ss.).

     (39) Distinti in economici e finanziari, a seconda che forniscano informazioni dell’uno o dell’altro tipo, detti anche ratios, definibili come rapporti (o quozienti) fra determinate poste dello stato patrimoniale o del conto economico o fra poste di questi due prospetti contabili, destinati ad essere utilizzati nell’analisi di bilancio, che, a sua volta, non può prescindere dalle correlazioni degli elementi che la compongono e dagli opportuni raffronti dell’andamento degli indici nel tempo. Fra gli indici di bilancio finanziari assume particolare rilievo il leverage dato dal rapporto tra i debiti finanziari e il totale dei mezzi di finanziamento: quanto più elevato è questo indice tanto meno equilibrataè la struttura delle fonti finanziarie dell’impresa. Sulle problematiche del leverage in un’ottica giuridica, anche alla luce dei più recenti progetti e interventi legislativi, cfr. M. LAMANDINI, Struttura finanziaria e governo nelle società di capitali. Le prospettive di riforma, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 158 ss.

 

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