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Giurisprudenza |
APPELLO ROMA, 16 maggio 2002 Brignone Presidente Bove Estensore Azienda Agricola Fratelli Lanari s.r.l. c. Unicredito Italiano s.p.a.
Le risultanze dellestratto di conto corrente bancario, allegate dalla banca a sostegno della domanda di pagamento del saldo, non solo legittimano lemissione del decreto ingiuntivo, ma nel giudizio di opposizione hanno efficacia fino a prova contraria.
La clausola del conto corrente bancario, secondo la quale gli interessi dovuti dal correntista si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, non è sufficientemente univoca e non può, quindi, giustificare la pretesa al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale.
La capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente nel conto corrente bancario, in quanto basata su un uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria, è nulla.
Motivi della decisione (Omissis) Gli appellanti deducevano che il deposito degli estratti conto del c/c n. 23790, effettuato dalla banca alludienza istruttoria del 27 marzo 1992, non può avere efficacia probatoria, essendo semplici scritture private, provenienti dallo stesso creditore.
Tale motivo dappello è infondato e va, di conseguenza, rigettato.
In proposto sosserva che la banca ha legittimamente ottenuto il richiesto decreto ingiuntivo sulla base degli estratti dei saldaconto, previsti dalla legge 7 marzo 1938, n. 141, e certificati dal funzionario competente, atteso che larticolo 102 della detta legge, secondo la costante giurisprudenza (vedi Cassazione, sezione I, n. 2460 del 3 marzo 1995), ha riconosciuto lefficacia probatoria degli stessi limitatamente al procedimento dingiunzione, mentre nel successivo processo dopposizione del decreto ingiuntivo ha attribuito ai medesimi rilievo di mero elemento indiziario, che, come tale, è liberamente apprezzabile dal Giudice unitamente ad altri elementi, cosicché può costituire valida prova dellesistenza del credito, ove confermato da altre circostanze e laddove la contestazione, mossa da controparte, sia del tutto generica. Ciò, perché le scritturazioni, contenute negli estratti conto e nel documento di saldaconto, sono assistite da una presunzione di veridicità, onde la pretesa di pagamento del saldo passivo del conto non può essere respinta sulla base di una contestazione generica, che investa, cioè, il documento nel suo complesso, o si limiti alla semplice dichiarazione di nulla dovere allistituto di credito, occorrendo piuttosto la formulazione di censure circostanziate, specificamente dirette contro singole e determinate annotazioni.
Peraltro, gli estratti di saldaconto, secondo la costante giurisprudenza (vedi Cassazione, sezione III, n. 01101 del 30 gennaio 1995), sino a prova contraria, hanno efficacia probatoria anche nei confronti del fideiussore del correntista non soltanto per la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche nel successivo giudizio dopposizione dello stesso sempre che ricorrano le su dette condizioni.
Va rilevato che nel corso del giudizio dopposizione al decreto ingiuntivo la banca ha presentato gli estratti conto, che costituiscono valida integrazione dei precedenti estratti dei salvaconto, ritualmente prodotti nella fase monitoria e legittimamente ritenuti sufficienti, al fine dellemissione del decreto ingiuntivo in esame.
La giurisprudenza (vedi Cassazione, sezione I, 07 marzo 1992, n. 2765) ha affermato che le risultanze dellestratto di conto corrente, allegate a sostegno della domanda di pagamento del saldo, non solo legittimano lemissione del decreto ingiuntivo, ma nel giudizio di opposizione hanno efficacia fino a prova contraria, con la conseguenza che possono essere disattese solo in presenza di circostanziate contestazioni, specificamente dirette contro determinate annotazioni, e non già attraverso un mero rifiuto del conto o la generica affermazione di nulla dovere.
A tal fine, peraltro, è irrilevante che dette risultanze non siano già state stragiudizialmente rese note al correntista, in quanto anche la produzione in giudizio dellestratto costituisce trasmissione, ai sensi dellarticolo 1832 c.c., ed onera il correntista stesso di provvedere alle necessarie contestazioni specifiche, ove voglia superare lefficacia probatoria della produzione.
La banca, al fine di dimostrare lentità del credito, vantato nei confronti della G.s.l.e. S.p.A. e garantito dagli appellati, ha sostenuto che, ai sensi dellarticolo 8/4 delle prodotte «norme , che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi», «i libri e le altre scritture contabili dellazienda di credito fanno piena prova nei confronti del correntista» e, quindi, anche del fideiussore.
Peraltro, come evidenziato dalla banca, la stessa G.s.l.e. S.p.A. con la prodotta lettera in data 7 febbraio 1991, indirizzata allI.c.i.r. S.p.A., allAzienda Agricola Fratelli Lanari, alla Lanari Estero di Alessio S.r.L. ha riconosciuto dessere debitrice nei confronti della banca di L. 8.449.029.910 sul massimo scoperto sino al 31-12-1990 sul c/c n. 23790. Successivamente il liquidatore della G.s.l.e. S.p.A., con la prodotta lettera senza data, ha comunicato alla banca di riconoscere di «essere debitrice verso il pool dellimporto di L. 10.294.444.769».
La descritta documentazione (estratti di saldaconto, estratti di conto corrente e lettere su citate) dimostrano, pertanto, la reale entità del credito, vantato dalla banca nei confronti del debitore principale G.s.l.e. S.p.A., garantito dai fideiussori.
Gli appellanti col quinto motivo dimpugnazione hanno lamentato che il Tribunale non ha esaminato la loro eccezione in ordine alle eccepite nullità, inefficacia o, comunque, non operatività della fideiussione, dagli stessi prestata, avendo trattato genericamente di unastratta fideiussione senza tenere conto che il decreto ingiuntivo in esame era stato emesso dal Presidente del Tribunale sulla base duna pluralità di dichiarazioni fideiussorie, diverse tra loro per contenuto e per data di rilascio, che, lungi dal garantire qualsiasi delle obbligazioni, anche future, assunte della G.s.l.e. S.p.A., individuano in modo puntuale le obbligazioni, garantite dai fideiussori, come le due fideiussioni in data 27-4-1981, sottoscritte la prima dal Carlo Lanari, dal Sante Lanari e dallAldo Lanari, e la seconda dallAzienda Agricola Fratelli Lanari, in cui sono specificati i rapporti garantiti il tipo degli stessi, i numeri dei c/c e lesposizione debitoria al momento del rilascio della fideiussione. Detti atti, precisavano agli appellati, sono diversi dalle altre fideiussioni ed in particolare da quella rilasciata dal Paolo Lanari, che, per il suo contenuto, rientra nel novero delle fideiussioni omnibus vere e proprie.
La banca ha eccepito che tale domanda è stata spiegata per la prima volta in sede di atto di citazione in appello e, pertanto, ne ha rilevato linammissibilità, ai sensi dellarticolo 345 c.p.c., dichiarando, comunque, di non accettare il contraddittorio su detto punto. In proposito sosserva che, con latto di citazione in opposizione del decreto ingiuntivo, i detti appellati hanno esposto che «a differenza di altri garanti, la fideiussione, prestata dagli opponenti, è limitata alle esposizioni debitorie relative ai c/c n. 56793 (ordinario), n. 58548 (anticipi) nonché agli altri anticipi specificamente indicati nel contratto, tutti accesi presso lagenzia n. 9 del Credito Italiano».
Alludienza istruttoria del 29-1-1993 dinanzi al Tribunale gli appellati hanno precisato le conclusioni, chiedendo che il decreto ingiuntivo opposto fosse dichiarato nullo e privo defficacia con conseguente revoca dello stesso. Con la comparsa conclusione, avente la funzione di illustrare le prese conclusioni, e con la comparsa di replica gli appellati hanno eccepito davere prestato fideiussione limitatamente ad alcuni rapporti contrattuali, intercorsi fra la G.s.l.e. e la banca, con esclusione delle garanzie, che esulano dagli specificati rapporti, non avendo, fra laltro, la banca provato lestensione della loro fideiussione a rapporti ulteriori rispetto a quelli contrattualmente assunti.
Quanto su riferito consente daffermare che, contrariamente a quanto eccepito dalla banca, gli appellanti non hanno proposto alcuna domanda nuova nel presente grado di giudizio e, conseguentemente, va rigettata leccezione dinammissibilità della stessa.
Passando allesame della eccezione in ordine alle nullità, inefficacia o, comunque, non operatività della fideiussione, eccepite dagli appellati, va rilevato preliminarmente che il decesso del Carlo Lanari, ha determinato la successione nel contratto di fideiussione dellAlda Bassi, atteso che, secondo la giurisprudenza (vedi Cassazione, sezione III, 13-4-200, n. 4801), la morte del garante non estingue il contratto di fideiussione omnibus, e gli eredi, che abbiano accettato leredità con accettazione pura e semplice, succedono nel contratto (senza che occorra una comunicazione da parte della banca) e rispondono anche delle obbligazioni, contratte dopo la morte del de cuius, secondo la disciplina anteriore al 1992, considerato che, nella specie, la stipulazione del contratto era avvenuta in epoca anteriore al 1992 e la morte del de cuius in epoca successiva.
Ciò precisato, sosserva che nella specie le due fideiussioni, contratte dagli appellati in data 27 aprile 1981, specificano nella premessa qual era, al momento della stipulazione del contratto, la situazione debitoria totale del debitore principale G.s.l.e. S.p.A. nei confronti della banca, elencando i singoli debiti, di cui solo alcuni sono rilevati ai c/c n. 56793 e n. 58548 presso lagenzia n. 9 della banca.
Ciò posto, sosserva che nel contesto della fideiussione la garanzia non risulta prestata limitatamente alla detta elencata esposizione, esistente alla data 27 aprile 1981. Infatti, come si legge nei detti due contratti, «ciò premesso, con la presente ci costituiamo fideiussori della G.s.l.e. S.p.A. o di chi avesse, comunque, a subentrare nei suoi rapporti con codesta banca per ladempimento di qualsiasi obbligazione verso codesta banca, dipendente da operazioni bancarie di qualunque natura già consentite o che venissero in seguito consentite al predetto nominativo o a chi gli fosse subentrato». Successivamente è specificato che la «fideiussione garantisce qualsiasi altra obbligazione, che il debitore principale si trovasse in qualsiasi momento ad avere verso codesta banca in relazione ad operazioni, consentite a terzi per qualsivoglia titolo o causa».
Tale fideiussione, lungi dallessere limitata, come sostenuto dagli appellati, senza presentare laffermata «incertezza ermeneutica circa il valore della precisa individuazione delle obbligazioni garantite» estende la sua garanzia a tutte le obbligazioni presenti e future del debitore nei confronti della banca e, quindi, rientra nellambito delle c.d. fideiussioni omnibus senza le dedotta limitazione ai soli conti correnti, richiamati nel contratto.
Gli appellanti hanno sostenuto che la fideiussione è, comunque, nulla, avendo la banca erogato il credito alla G.s.l.e. S.p.A. in modo arbitrario senza rispettare le norme sulla concessione del credito ed in modo non conforme allattività del buon banchiere, trovandosi la G.s.l.e. S.p.A. già alla fine dellanno 1982 in gravissime difficoltà finanziarie, alla stregua dei risultati dei bilanci, resi pubblici con il deposito del Registro delle Imprese, sicuramente forniti prima alla banca, sua unica finanziatrice.
In proposito sosserva che, come rilevato dalla banca, la lettera a) del contratto di fideiussione, specificamente approvata per iscritto, ai sensi dellarticolo 1341/2 c.c., obbliga il fideiussore ad avere «cura di tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali del debitore ed, in particolare, di informarsi presso lo stesso dello svolgimento, dei suoi rapporti con la banca, la quale è dispensata dal chiedere al fideiussore la speciale autorizzazione, prevista dallarticolo 1956 c.c. per fare credito al debitore».
In proposito sosserva che, secondo la giurisprudenza costante (vedi Cassazione, sezione I, 28-7-1999, n. 8176), in tema di fideiussione omnibus in favore di un istituto di credito, stipulata, come nella specie, in epoca anteriore allentrata in vigore della legge n. 154/92, la stessa è valida ed efficace, a condizione che listituto bancario tenga, nel corso del rapporto, un comportamento improntato ai principi di buona fede e correttezza, con la conseguenza che le anticipazioni, accordate dalla banca in modo arbitrario al debitore sono escluse dalla garanzia, ma la prova della violazione di detti principi grava sul fideiussore, che ne assuma la violazione.
Nella specie, gli appellati, pur avendone lonere, non hanno fornito alcuna prova di avere adempiuto a tale esplicito incombente, non avendo provato che le anticipazioni, concesse dalla banca alla G.s.l.e. S.p.A., erano state arbitrarie e scorrette.
In proposito va ancora rilevato che, secondo costante giurisprudenza (vedi Cassazione, sezione III, 17-11-1999, n. 12743), larticolo 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 154, che ha modificato gli articoli 1938 e 1956 c.c., condizionando lammissibilità della fideiussione per obbligazioni future alla preventiva determinazione dellimporto massimo garantito e negando la possibilità della anticipata rinuncia del fideiussore di invocare la propria liberazione per crediti, concessi nonostante le sopravvenute difficoltà economiche del debitore, non costituisce interpretazione autentica delle norme del codice e, quindi, non ha natura retroattiva, con conseguente sua inefficacia rispetto al contratto inter partes anteriore allentrata in vigore della legge.
Gli appellati hanno ancora dedotto che, quando la fideiussione omnibus è rilasciata a tempo indeterminato, la garanzia del fideiussore incontra i limiti della determinabilità delloggetto del contratto anche sotto il profilo temporale e che, pertanto, la stessa non può valere al di là della prevedibilità al momento del rilascio della fideiussione. In proposito hanno eccepito la nullità della clausola, di cui alla lettere e), affermando che la stessa rientra fra quelle vessatorie, che hanno bisogno della specifica approvazione scritta, ai sensi dellarticolo 1341/2 c.c., ed hanno rilevato davere comunicato il loro recesso dal contratto con la lettera in data 9 loglio 1990, inviata alla banca.
In proposito sosserva che la clausola e), che predispone, a carico del fideiussore, lonere dinformarsi delle condizioni economiche del debitore ed in particolare dei suoi rapporti con la banca, è stata specificatamente approvata per iscritto dagli appellati unitamente alle clausole f), g), i), m) e p).
In ordine al dedotto recesso dal contratto fideiussorio, sosserva che, ai sensi della lettera d) del contratto, «il fideiussore può recedere dalla garanzia, dandone comunicazione alla banca con lettera raccomandata», che nella specie è stata ritualmente inviata e ricevuta. Nella stessa lettera d) è specificato, che «il fideiussore risponde oltre che delle obbligazioni del debitore in essere al momento in cui la banca ha preso conoscenza del recesso di ogni obbligazione, che venisse a sorgere successivamente in dipendenza dei rapporti esistenti al momento indicato».
La banca ha documentalmente dimostrato lentità del debito dei fideiussori prima della dichiarazione di recesso in esame, specificando che limporto, richiesto col decreto ingiuntivo, era stato raggiunto con il conteggio degli interessi di mora.
A proposito di detti interessi gli appellanti hanno rilevato che erroneamente il Tribunale ha applicato gli interessi del prime rate in luogo degli interessi legali, pur avendo la banca, su cui gravava il relativo onere, omesso di provare lentità dei convenuti interessi duso ed avendo, anzi, la stessa applicato sempre interessi superiori agli interessi del prime rate, cosicché, essendo il credito, vantato dalla banca, composto per la massima parte dinteressi anatocistici, che non possono essere applicati, chiedevano che leventuale credito della banca fosse depurato sia degli interessi ultra legali sia dellanatocismo, essendo stati entrambi applicati abusivamente.
La banca a tale eccezione ha opposto larticolo 7/2 e 3 delle prodotte norme, disciplinanti il c/c in esame, su citato. Il primo comma prevede che «i rapporti di dare ed avere vengono chiusi contabilmente, in via normale, a fine dicembre di ogni anno». Il secondo comma che «i conti, che risultano, anche saltuariamente, debitori vengono, invece, chiusi contabilmente, in via normale, trimestralmente e, cioè, fine marzo, giungo, settembre e dicembre» ed il comma terzo che «gli interessi, dovuti dal correntista allazienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni, praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, e producono, a loro volta, interessi nella stessa misura».
In proposito sosserva che, secondo la consolidata giurisprudenza (vedi Cassazione, sezione I, 07-013-1992, n. 2765) lobbligo della forma scritta, imposto dallarticolo 1284, 3° comma c.c., per la pattuizione di interessi in misura superiore a quella legale, non postula necessariamente che il documento negoziale contenga lindicazione in cifra del tasso pattuito, ma può essere adempiuto, secondo i principi generali sulla determinatezza o determinabilità delloggetto del contratto, contenuto nellarticolo 1349 c.c., anche in richiamo, operato per iscritto dalle parti, a prestabiliti criteri o elementi estrinseci obiettivamente e sicuramente individuabili, che consentano la concreta determinazione di quel tasso nel corso del rapporto contrattuale.
Inoltre, secondo la Cassazione, sezione I, 08-05-1998, n. 4696, la clausola del contratto di conto corrente di corrispondenza, stipulata anteriormente allentrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 154, con cui la misura degli interessi ultra-legali è fissata mediante rinvio alle condizioni, praticate usualmente dalle banche su piazza, è valida a condizione che la fonte, ivi richiamata, sia univoca, tale, cioè, da consentire di determinare detta misura in modo oggettivo.
Nella specie, però, tale clausola (gli interessi, dovuti dal correntista allazienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni, praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza) non è sufficientemente univoca e non può, quindi, giustificare la pretesa al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale, in quanto, data lesistenza di diverse tipologie di interessi, essa non consente, per la sua genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso concretamente rifarsi (vedi Cassazione, sezione I, 10-11-1997, n. 11042).
Tale clausola è nulla per violazione dellarticolo 1284, 3° comma c.c. e, conseguentemente, in accoglimento di tale punto della doglianza, proposta dagli appellati, gli interessi sono determinati nella misura legale. (Omissis)
La banca ha lamentato che lAlda Bassi in sede di precisazione delle conclusioni abbia introdotto la domanda nuova di accertamento dellillegittima applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi da parte della banca stessa.
Tale domanda non è nuova, atteso che, in sede di citazione in appello, il Carlo Lanari, dante causa dellAlda Bassi, e lAzienda Agricola Fratelli Lanari S.r.L. hanno fatto rilevare che il credito, vantato dalla banca, è composto per la massima parte dinteressi anatocistici, che non possono essere applicati, poiché non esistono usi, contrari alla regola, di cui allarticolo 1283 c.c.. Hanno chiesto, quindi, che il debito della G.s.l.e. nei confronti della banca sia depurato degli interessi ultralegali e dellanatocismo, abusivamente applicati. Tale applicazione trova la sua fonte nella determinazione degli interessi trimestrali, i quali producono, a loro volta, interessi.
In proposito sosserva che la Cassazione, sez. I civile, con la sentenza n. 2374 del 16 marzo 1999, ha stabilito la nullità della clausola, contenuta in un contratto bancario, che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi, dovuti dal cliente, in quanto basata su un uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria, con conseguente illegittimità dellanatocismo. (Omissis)