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luglio-agosto 2002

Giurisprudenza

Tribunale Roma, 3 maggio 2002; Giud. Costa – Corum Sud s.r.l. c. Italfondiario s.p.a.
     A seguito della legge 24/01, di interpretazione autentica della c.d. legge antiusura, non può essere eccepito il superamento del tasso soglia per i mutui contratti prima dell’entrata in vigore della legge.
     I mutui a tasso variabile sono radicalmente esclusi dall’ambito di previsione normativa della legge 24/01 in merito ai tassi di sostituzione, in quanto in tale tipo di mutuo si ha un adeguamento automatico dell’interesse alle condizioni di mercato.

 


     SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con atto di citazione notificato in data 21.5.99, la Corum Sud S.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi a questo tribunale, l’Istituto Italiano di Credito Fondiario S.p.A. per sentire accertare il tasso di interesse da applicare alle rate di mutuo in base al corrispondente contratto in data 17.6.91, relativamente alle rate successive al 17.12.97, quindi accertare l’inadempimento della banca convenuta all’obbligo di comunicazione di detto tasso di interesse per le rate scadenti successivamente a tale data, ed accertare, di conseguenza, l’avvenuta valida mora della stessa da parte di essa attrice con la lettera 17.12.97 agli effetti, tipici della mora credendi, della non addebitabilità al debitore delle conseguenze pecuniarie per il ritardo nell’adempimento, ed in particolar modo per l’addebito degli interessi di mora. Chiedeva inoltre, in via subordinata, di accertare l’illecita dei tassi applicati in quanto in violazione della legge 108/96; ed infine, la condanna della banca alla restituzione di quanto illecitamente riscosso. Il tutto con vittoria di spese ed onorari di giudizio.
     Esponeva l’attrice di essersi assunta, mediante accollo, una quota parte del mutuo erogato originariamente dalla banca convenuta che era stato concesso con rogito notarile in data 17.6.91, e precisamente una quota pari a L. 230.000.000 con un capitale residuo da versare di L. 162.096.159 e con n. 16 rate scadute. Tale mutuo era stato previsto, a mezzo di successivo atto di erogazione, con tasso indicizzato variabile, di modo che, a seguito di intervenute disposizioni normative, tra queste la L. 142/92, aveva richiesto all’istituto mutuante la rinegoziazione degli interessi in base al tasso di mercato, giacché per le rate 1.1.98; 1.7.98 e 1.1.99 la banca non aveva comunicato il tasso corrente (in base alla nuova situazione finanziaria di mercato) applicabile alle rate di mutuo da versare, e ciò in virtù della diminuzione dovuta al favorevole andamento del mercato finanziario. Pertanto, in prossimità della scadenza di tale rata aveva richiesto la determinazione e rinegoziazione del tasso applicabile, alla quale richiesta nessuna risposta era stata data dalla banca, finché in data 29.1.99 quest’ultima esaminava la richiesta e comunicava che il nuovo tasso di interesse sarebbe stato applicato a partire solo dal 1.1.99, e non dal 17.12.97 come da essa attrice richiesto. In tale modo restavano esclude dal calcolo delle rate di mutuo arretrate quelle precedenti alle quali sarebbe stato applicato il tasso precedente e, soprattutto, gli interessi di mora in quanto non pagate. Sicché, la stessa banca comunicava che era dovuto il versamento di L. 50.962.064 al 25.1.99, comprendente L. 2.942.833 per interessi di mora. Aggiungeva, inoltre, che il tasso concretamente applicato era illecito in quanto superiore a quello previsto dalla legge 108/96, quindi in considerazione del fatto che il contratto di mutuo prevedeva l’applicazione di interessi variabili in relazione all’andamento del mercato finanziario, chiedeva la rideterminazione del tasso di interesse per il periodo successivo all’entrata in vigore di quest’ultima legge, precisando che, ai sensi dell’art. 1815, II comma, c.c., nessun interesse era dovuto nel caso di pattuizione di interessi ultralegali. Ai sensi dell’art. 1218 c.c., poi, non erano dovuti interessi di mora in quanto il ritardo nel pagamento delle rate, come detto, non era imputabile ad essa attrice ma alla banca che aveva più volte disatteso la richiesta di determinazione del tasso da applicare a tali rate da pagare.
     Si costituiva l’istituto convenuto contestando le domande attrici e chiedendone il rigetto. Deduceva, in punto di fatto, che la richiesta di rinegoziazione dell’attrice del 18.12.97 aveva avuto riscontro con lettera del 12.1.98 dove era stato precisato che i tassi applicati erano stati regolarmente comunicati alla società Cofima, originaria mutuataria cui era subentrata la Corum Sud a seguito dell’accollo di parte del mutuo, ed in particolare era stato comunicato il tasso applicato del 5,2% semestrale. Quanto alla rinegoziazione del tasso di interesse sulle rate da pagare, precisava di avere indicato all’attrice la necessità di provvedere al pagamento delle rate scadute quale condizione necessaria per l’accoglimento della richiesta di rinegoziazione del tasso di interesse. Nessuna violazione della legge sulla trasparenza bancaria vi era stata relativamente alla comunicazione al cliente del tasso, giacché tale comunicazione è resa obbligatoria solo nel caso di aggravamento del tasso e non di miglioramento di questo, che nella specie si era verificato. Infine, la richiesta di rideterminazione del tasso di interesse era stata accettata dato che il tasso era stato modificato per le rate del 7/98 e del 1/99 in base alle previsioni del contratto di mutuo, e per altro verso, nessun fondamento rivestiva la domanda di accertamento della mora credendi giacché l’attrice si era resa morosa nei pagamenti, sicché nessun obbligo aveva essa convenuta di accettare pagamenti parziali; oltre al fatto che mancava del tutto la formalità della mora credendi di cui all’art. 1209 c.c.. Ed ancora, che non sussisteva alcuna ipotesi di violazione della legge 108/96, trattandosi del tasso di interesse previsto dal contratto del 1991, quindi antecedente la legge antiusura.
     Acquisiti i documenti, svolta la c.t.u., la causa era trattenuta in decisione alla scadenza dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. sulle sopra richiamate conclusioni delle parti.

     MOTIVI DELLA DECISIONE – Preliminarmente appare necessario individuare il thema decidendum del presente giudizio in relazione alle domande svolte dall’attrice con l’atto di citazione ed a quelle indicate con memoria ex art. 183, ul. Co., c.p.c., atteso che rispetto a tali ulteriori domande la difesa della banca convenuta ha eccepito la mutatio libelli, quindi l’inammissibilità delle stesse in quanto domande nuove.
     L’eccezione difensiva cennata è fondata.
     La Corum Sud, infatti, ha agito inizialmente per la determinazione del tasso d’interesse applicabile in base al contratto di mutuo tra le parti del 17.6.91, per il periodo dal 17.12.97 e per tutte le rate di mutuo ancora dovute da tale data in avanti; nonché per accertare i parametri di determinazione delle rate di mutuo con scadenza successiva al giudizio stesso, oltre alla domanda di accertamento dell’inadempimento della banca convenuta all’obbligo di comunicazione del tasso di interesse applicato ed a quella di accertamento della messa in mora della banca stessa (mora credendi), con effetto liberatorio per essa attrice rispetto alle conseguenze pecuniarie per il ritardato pagamento delle rate di mutuo, quindi per gli interessi moratori relativi alle rate scadute. In via subordinata, ha chiesto di accertare l’illiceità dei tassi di interesse ai sensi della legge 108/96 e dell’art. 1815 c.c.. Per altro verso, ha formulato domanda di condanna della banca alla restituzione delle somme illecitamente percepite.
     A dette domande - con memoria ex art. 183, ul. co., c.p.c. - l’attrice ha aggiunto le ulteriori domande di: ordinare alla banca l’adeguamento automatico dei tassi di interesse sino all’estinzione del mutuo; fissare le modalità per il versamento, da parte dell’attrice, del capitale relativo alle rate di mutuo scadute sino alla sentenza, e dichiarare l’illegittimità dei tassi applicati in quanto usurari, quindi non dovuti ai sensi dell’art. 1815 c.c.. Inoltre, le domande di: accertamento della violazione da parte della banca delle norme in materia di trasparenza bancaria, di riservatezza e quelle di buona fede contrattuale, con conseguente condanna della stessa al risarcimento dei danni da quantificare in corso di causa; e di condanna della banca alla restituzione di quanto indebitamente ricevuto a titolo di interessi sulle rate pagate, ed in via subordinata di accertamento dell’illiceità della causa del contratto per violazione degli artt. 1343 e 1346 c.c. con riduzione a legge dei tassi di interesse.
     Dalla semplice indicazione delle varie domande proposte appare evidente l’allargamento del thema decidendum da parte dell’attrice, attesa la notevole differenza intercorrente tra le domande inizialmente proposte con l’atto di citazione e quelle viceversa indicate e proposte con la memoria di cui sopra. Dunque, deve dichiararsi, per tale domande nuove, l’inammissibilità per violazione del combinato degli artt. 183 e 189 c.p.c., dal quale si trae il principio della formulazione di domande nuove per l’attore solo in relazione alle eventuali domande riconvenzionali del convenuto, escludendole implicitamente in tutti gli altri casi. Poiché nella specie non sussiste tale evenienza, non essendo state proposte domande riconvenzionali, non può esservi spazio alcuno per la formulazione di domande diverse da quelle contenute nell’atto introduttivo.
     In particolare, vanno dichiarate inammissibili le domande fissazione delle modalità di versamento banco iudicis di quanto alla banca; di accertamento delle violazioni alle norme sulla trasparenza bancaria, sulla riservatezza e sulla buona fede negoziale e quella risarcitoria connessa a tali violazioni; di condanna alla restituzione delle somme percepite in generale, e non dall’entrata in vigore della legge 108/96, come inizialmente richiesto.
     All’esito resto in buona sostanza da accertare la regolarità e legittimità dei tassi di interesse applicati dalla banca alle rete di un mutuo pagate dall’attrice, con conseguente accertamento dell’eventuale maggiore somma percepita indebitamente, quindi della restituzione all’attrice della stessa somma, coevamente all’accertamento del superamento o meno del limiti di legge dei tassi applicati in virtù della L. 108/96.
     Preliminarmente è opportuno sgombrare il campo dal problema della contestata il legittimità, per violazione della legge antiusura (108/96), dei tassi di interesse applicati dalla banca.
A tale riguardo, va rilevato che il rapporto da cui la presente controversia scaturisce è il contratto di mutuo stipulato in data 17.6.91 (cfr. doc. 1 attr.) a rogito del notaio Cerini di Roma, cui a fatto seguito l’atto di erogazione e quietanza del 28.6.91 (cfr. doc. 2 attr.) col quale è stata risolta l’iniziale riserva negoziale sul tipo di tasso applicabile, acclarando e pattuendo che il mutuo sarebbe stato indicizzato, ossia con interesse variabile, di cui, lo stesso contratto di mutuo, contemplava il sistema di indicizzazione (come poi accertato e compiutamente illustrato dal consulente d’ufficio nella propria relazione).
     Orbene, ai sensi della recente disposizione normativa (ossia il D.L. 29 dicembre 2000, n. 394 convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 2001, n. 24, di interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108 in materia di usura), la valutazione della usurarietà degli interessi nei finanziamenti stipulati nella forma dei mutui deve essere ricollegata temporalmente al momento in cui gli interessi stessi, a qualunque titolo convenuti, sia stati promossi o comunque pattuiti, di modo che, nel caso di specie, tale valutazione deve essere ricondotta alla stregua dei tassi applicati ed applicabili alla data del contratto di mutuo 17.6.91.
     Sulla scorta della documentazione allegata (contratto di mutuo) e delle stesse pacifiche allegazioni fattuali delle parti, non sussiste in alcun modo tale usurarietà alla data del citato contratto, di conseguenza gli interessi pattuiti tra le parti del negozio non possono considerarsi ultralegali ai fini dell’applicazione della sanzione prevista, in caso di usurarietà, dall’art. 1815, II comma, c.c., ossia della non spettanza di alcun tipo di interesse.
     Non di meno, il dato più rilevante è costituito dal fatto che nella specie, come detto, si verte in un caso di mutuo a tasso variabile, quindi indicizzato, e dunque escluso per definizione dalla previsione normativa della legge 28 febbraio 2001, n. 24, laddove espressamente riferisce la sostituibilità dei tassi di interesse legale ai mutui a tasso fisso.
     La ratio di tale previsione normativa appare di intuitiva evidenza, giacché solo dalla rigidità del tasso di interesse cosiddetto fisso può aversi il superamento del tasso legale introdotto con la legge 108/96, mentre per i tassi indicizzati, quindi variabili per effetto dell’andamento del costo della vita e del mercato, tale adeguamento è un effetto naturale di tale tipo di pattuizione che assolve proprio allo scopo di evitare possibili ed iniqui aggravi a carico del beneficiario del finanziamento per effetto di una originaria pattuizione dei tassi risultano, nel tempo, particolarmente onerosi.
(Omissis)

 

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