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giugno 2002

Nuove leggi e progetti di legge

 

Proposta di legge d’iniziativa dei Deputati Bonito ed altri, recante «Norme concernenti la conciliazione e l’arbitrato»
(presentata il 6 giugno 2001 alla Camera dei Deputati, C-541)

 

Proposta di legge d’iniziativa dei Deputati Cola ed altri, recante «Norme per la promozione della conciliazione stragiudiziale professionale»
(presentata il 5 marzo 2002 alla Camera dei Deputati, C-2463)


     Per la migliore comprensione delle due proposte di legge, i loro articoli sono riportati – qui di seguito – a fronte, prendendo come base la prima proposta presentata in Parlamento in questa legislatura.

PROGETTO DI LEGGE N. C-54

PROGETTO DI LEGGE – N. C-2463

  Capo I – DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 (Finalità)

   1. La Repubblica promuove ed incentiva il ricorso alla conciliazione stragiudiziale professionale come metodo per la risoluzione consensuale delle controversie civili che vertono su diritti disponibili, nelle sedi, con le modalità e con gli effetti previsti dalla presente legge.
  Art. 2 (Definizione)
   1. Ai fini della presente legge, per conciliazione stragiudiziale professionale si intende una procedura in cui un terzo soggetto neutrale, diverso dal giudice competente, facilita la comunicazione e la negoziazione fra le parti coinvolte in una controversia al fine di promuoverne la risoluzione consensuale tramite un accordo.
  Art. 3 (Princìpi generali)
   1. La procedura di conciliazione stragiudiziale professionale è improntata ai principi di informalità, concentrazione e oralità.
   2. Il ricorso alla procedura ha carattere volontario; le parti possono parteciparvi anche senza l’assistenza di un difensore, salva diversa previsione contenuta nello statuto dell’organismo di conciliazione in relazione al valore o alla complessità tecnica della controversia.
   3. Il conciliatore non ha il potere di emettere decisioni vincolanti in merito alla controversia.
  Art. 4 (Organismi di conciliazione)
   1. Alle conciliazioni gestite con le procedure di cui alla presente legge da uno degli organismi di cui agli articoli 7, 9 e 10 sono riconosciuti gli effetti di cui all’articolo 12 e gli incentivi di cui all’articolo 13.
  Art. 5 (Riservatezza)
   1. Salvo diversa concorde volontà delle parti, e nei limiti previsti dalla presente legge, ogni elemento risultante dalla procedura di conciliazione prevista dalla medesima legge è riservato e ne sono vietate la diffusione al pubblico e la produzione, l’esibizione ed in generale l’utilizzabilità in giudizio come elemento o argomento di prova. Il conciliatore, i suoi ausiliari o collaboratori e chiunque altro venga a conoscenza della procedura per ragioni di ufficio o di servizio non possono testimoniare su fatti e circostanze relativi alla medesima procedura di conciliazione.
Capo I – CONCILIAZIONE FACOLTATIVA DINANZI ALLE CAMERE DI CONCILIAZIONE
Art. 1 (Istituzione delle camere di conciliazione)

   1. Presso ogni tribunale è istituita la camera di conciliazione che si avvale, per il suo funzionamento, delle strutture e del personale degli uffici del tribunale e del consiglio dell’ordine degli avvocati.
   2. La camera di conciliazione svolge funzioni di composizione non contenziosa di controversie civili aventi ad oggetto diritti disponibili, secondo le modalità e nei limiti stabiliti dalla presente legge.
   3. Il presidente del tribunale, di intesa con il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati, nomina, tra gli iscritti nell’albo degli avvocati che abbiano requisiti di professionalità, onorabilità ed esperienza, un segretario generale, che cura l’assegnazione degli affari agli esperti conciliatori e la liquidazione delle indennità ai sensi dell’articolo 3. Il segretario generale resta in carica per un biennio, rinnovabile una sola volta.
   4. La camera di conciliazione svolge la sua funzione senza alcun limite di competenza.
Art. 9 (Camere di conciliazione presso i tribunali)
   1. Ogni consiglio dell’ordine degli avvocati istituisce presso il tribunale di pertinenza una camera di conciliazione al fine di fornire la possibilità di esperire un procedimento di conciliazione.
   2. La camera di conciliazione ha sede presso il tribunale e si avvale dell’organizzazione del consiglio dell’ordine degli avvocati e delle strutture e del personale degli uffici giudiziari del circondario del medesimo tribunale.
   3. Gli statuti delle camere di conciliazione sono improntati al principio dell’assenza di profili di interesse personale e lucrativo nell’organizzazione interna e nell’erogazione del servizio.
   4. In assenza di designazione concorde ad opera delle parti, i procedimenti di conciliazione sono assegnati, secondo i criteri di automatismo previsti dagli statuti delle camere di conciliazione, ad uno degli iscritti nell’elenco dei giuristi conciliatori, cui possono accedere gli avvocati iscritti all’ordine da non meno di cinque anni. Le camere di conciliazione possono altresì istituire elenchi speciali formati da altre persone dotate dei requisiti di cui all’articolo 6, comma 2, lettera a), che siano particolarmente esperte in specifiche materie.
  Art. 10 (Camere di conciliazione per le controversie tra consumatori ed imprese)
   1. Presso ogni camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituita una camera di conciliazione per la risoluzione delle controversie di valore non superiore a 25.000 euro tra consumatori, anche associati tra loro, e imprese.
   2. Gli statuti possono inoltre estendere la competenza delle singole camere di conciliazione alle controversie di valore più elevato di quello stabilito al comma 1, in cui sia parte un consumatore o una associazione di consumatori.
   3. Ai fini di cui al presente articolo, si applica l’articolo 9, comma 3.
   4. In assenza di designazione concorde ad opera delle parti, i procedimenti di conciliazione sono assegnati, secondo i criteri di automatismo previsti dagli statuti delle camere di conciliazione, ad uno degli iscritti nell’elenco dei conciliatori, cui possono accedere gli avvocati ed i laureati in giurisprudenza, in scienze politiche e in economia. Le camere di conciliazione possono altresì istituire elenchi speciali formati da altre persone dotate dei requisiti di cui all’articolo 6, comma 2, lettera a), che siano particolarmente esperte in specifiche materie.
Art. 2 (Elenco degli esperti conciliatori)
   1. Presso ogni tribunale è istituito un elenco degli esperti conciliatori, diviso per categorie.
   2. Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate la formazione dell’elenco e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti. L’elenco è formato sentiti i competenti ordini e collegi professionali.
 
Art. 3 (Indennità)
   1. All’esperto conciliatore spetta, per ogni affare trattato, un’indennità liquidata dal segretario generale della camera di conciliazione, avuto riguardo alla natura dell’incarico, al valore della questione ed all’esito della procedura.
   2. Con regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è stabilito l’ammontare minimo e massimo delle indennità e il criterio di calcolo.
   3. L’ammontare dell’indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall’Istituto nazionale di statistica, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente.
 
Art. 4 (Istanza di conciliazione)
   1. La procedura di conciliazione ha inizio con atto sottoscritto congiuntamente dalle parti, che deve contenere:
   a) l’indicazione della camera di conciliazione cui l’istanza è rivolta;
   b) l’indicazione delle parti, delle rispettive pretese ed, eventualmente, le condizioni alle quali ciascuna di esse è disposta a conciliare;
   c) l’esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni che le parti pongono a fondamento delle loro posizioni;
   d) la richiesta di nomina dell’esperto conciliatore, che può anche essere concordemente indicato dalle parti tra gli iscritti nell’elenco di cui all’articolo 2.
   2. L’istanza di conciliazione è depositata presso la segreteria della camera di conciliazione; il conciliatore, designato senza ritardo, fissa la comparizione delle parti non oltre quaranta giorni dal deposito dell’istanza.
   3. L’istanza di conciliazione può essere presentata anche da una sola parte; in tale caso essa è notificata all’altra parte a cura dell’ufficio. Il conciliatore designato provvede ai sensi del comma 2.
Art. 11 (Procedura presso le camere di conciliazione)
   1. Presso le camere di conciliazione di cui agli articoli 9 e 10, il procedimento può essere avviato prima dell’instaurazione del giudizio di merito, ovvero nel corso di esso, con conseguente deroga concordata fra le parti ed il giudice al termine dilatorio massimo stabilito per i rinvii delle udienze.
   2. La procedura inizia con istanza scritta, che può essere depositata o inviata da entrambe le parti della controversia oppure da una sola di esse. L’istanza di conciliazione contiene l’indicazione delle parti, delle rispettive pretese ed una sommaria esposizione dei fatti idonea all’individuazione delle ragioni che le sostengono.
   3. In caso di istanza unilaterale, le camere di conciliazione provvedono a comunicarla sollecitamente all’altra o alle altre parti.
   4. Il conciliatore designato fissa un’udienza, da tenere entro venti giorni dalla nomina, comunicandola sollecitamente alle parti. All’udienza le parti possono comparire personalmente o tramite soggetto munito di procura a transigere e conciliare, nonché farsi assistere da un difensore.

Art. 5 (Procedimento di conciliazione)
   1. Dinanzi all’esperto conciliatore le parti devono comparire personalmente, ma possono farsi assistere da un difensore. Si applica l’articolo 183, secondo comma, del codice di procedura civile.
   2. In caso di mancata comparizione di entrambe le parti senza giustificato motivo, il conciliatore dispone l’archiviazione del procedimento.
   3. Le parti espongono oralmente i fatti e le ragioni delle rispettive pretese e propongono le condizioni per la conciliazione; il conciliatore può ascoltare le persone presenti che sono informate dei fatti, ed autorizzare la produzione o l’esibizione di documenti.
   4. Il conciliatore, su istanza di parte, può rinviare una sola volta la trattazione del procedimento.
   5. Al termine della discussione, il conciliatore formula la proposta di conciliazione.
   6. Della trattazione è redatto sommario processo verbale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Segue art. 11)
   5. Il conciliatore sente le parti, anche separatamente, e può ascoltare persone informate sui fatti, prendere visione di documenti e procedere ad una sommaria istruzione.
   6. Se una parte chiamata ad intervenire all’udienza non si presenta, la parte che si è presentata ha diritto al rilascio della copia del verbale che attesta la mancata comparizione. Il comportamento della parte che non compare all’udienza senza giustificato motivo può essere valutato ai fini delle condanna alle spese processuali nell’eventuale giudizio di merito.
   7. All’esito del procedimento il conciliatore formula una proposta di conciliazione. Se la proposta è accettata, viene redatto processo verbale sottoscritto dal conciliatore e dalle parti o dai loro procuratori. In caso contrario, ciascuna delle parti indica al conciliatore la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare; viene redatto processo verbale sottoscritto dal conciliatore e dalle parti o dai loro procuratori; nel caso in cui le parti rifiutino di sottoscriverlo, ne viene dato atto e vengono indicate le ragioni del rifiuto.
   8. Se il procedimento di conciliazione è stato avviato su istanza di tutte le parti, le posizioni assunte davanti al conciliatore sono valutabili, nell’eventuale giudizio di merito, in sede di decisioni sulle spese processuali. In particolare, il giudice, valutando comparativamente le posizioni assunte nel processo di conciliazione, le pretese formulate nel giudizio di merito e le posizioni definite con la sentenza che pronuncia sul merito, può escludere in tutto o in parte la ripetizione delle spese sostenute dalla parte che abbia ingiustificatamente rifiutato di conciliare sulla base delle medesime o più favorevoli condizioni rispetto a quelle riconosciute in sentenza, ovvero condannarla in tutto o in parte al rimborso delle spese sostenute dalla parte che abbia aderito alla proposta di conciliazione.
Art. 6 (Effetti del procedimento di conciliazione)
   1. Se la conciliazione riesce è redatto separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Il verbale costituisce titolo esclusivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
   2. Se la conciliazione non riesce, ciascuna delle parti deve indicare la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali sarebbe disposta a conciliare.
   3. La mancata comparizione di una delle parti e le posizioni assunte dinanzi al conciliatore sono successivamente valutate in sede di decisione sulle spese processuali, anche ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile. Il giudice, valutando comparativamente le posizioni indicate dalle parti e il contenuto della sentenza che chiude il processo dinanzi a lui, può escludere, in tutto o in parte, la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la conciliazione, e può anche condannarlo, in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente.
 
Art. 7 (Imposte e spese. Esenzione fiscale)
   1. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di conciliazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
   2. Il verbale di conciliazione è soggetto ad imposta di registro soltanto se il valore della controversia supera i 50 milioni di lire.
   (Vedi art. 13)
 

Capo II – ORGANISMI E PROCEDURE DI CONCILIAZIONE
Art. 6 (Princìpi generali)

   1. Gli organismi privati di conciliazione di cui all’articolo 7 adottano le misure idonee ad assicurare che:
   a) i propri conciliatori abbiano frequentato un apposito corso di formazione sulle tecniche di conciliazione, di durata non inferiore a quaranta ore, con superamento di esami finali, e abbiano svolto il ruolo di assistente in almeno dieci conciliazioni;
   b) il conciliatore a cui è affidata una controversia abbia adeguata competenza nella materia oggetto del contendere.
   2. Gli organismi di conciliazione di cui agli articoli 9 e 10 adottano, nei rispettivi statuti, le misure idonee ad assicurare che:
   a) i conciliatori iscritti nei propri elenchi abbiano frequentato un apposito corso di formazione sulle tecniche di conciliazione, di durata non inferiore a trenta ore, con superamento di esami finali, e abbiano svolto il ruolo di assistente in almeno tre conciliazioni;
   b) il conciliatore a cui è affidata una controversia abbia adeguata competenza nella materia oggetto del contendere.
   3. Gli organismi di conciliazione forniscono informazioni chiare ed accurate circa:
a) la natura dei servizi offerti e le relative tariffe;
b) la formazione, l’esperienza e i requisiti dei propri conciliatori.
   4. Gli organismi di conciliazione comunicano l’esistenza di qualsiasi relazione con le parti che potrebbe ragionevolmente compromettere la propria imparzialità o indipendenza. In particolare, gli organismi di conciliazione comunicano alle parti:
   a) ogni interesse, economico o di altro tipo, in relazione all’esito della controversia;
   b) ogni legame, finanziario, aziendale, organizzativo o professionale rilevante, esistente con le parti, inclusi gli accordi contrattuali che rinviano all’organismo la risoluzione delle controversie.
   5. Gli organismi di conciliazione richiedono al propri conciliatori di sottoscrivere un apposito codice etico, indipendentemente dall’applicabilità agli stessi di altri codici etici professionali.
   6. Gli organismi di conciliazione che offrono servizi volti ad agevolare la risoluzione consensuale delle controversie tra consumatori ed imprese sono tenuti, altresì a conformarsi ai principi indicati nella raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, sui princìpi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo.
   7. Gli organismi di cui agli articoli 9 e 10 possono stipulare tra loro convenzioni per la gestione congiunta dell’attività di conciliazione, ed avvalersi, tramite accordi di diritto privato, di servizi offerti dagli organismi di cui all’articolo 7.

Capo II – CONCILIAZIONE FACOLTATIVA DINANZI AD ALTRI ORGANISMI
Art. 8 (Organismi di conciliazione)

   1. Le parti possono tentare la conciliazione delle controversie civili relative a diritti disponibili anche dinanzi ad organismi istituiti da enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza e che siano iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.
   2. Con il regolamento di cui all’articolo 2, comma 2, il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 1 del presente articolo.
   3. L’organismo di conciliazione, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunica successivamente le eventuali variazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 7 (Organismi privati di conciliazione)
   1. Gli organismi privati di conciliazione:
   a) sono costituiti in forma di società per azioni;
   b) hanno capitale conferito per oltre il 50 per cento da soggetti iscritti agli albi degli avvocati e dei dottori commercialisti nonché, eventualmente, da altre categorie professionali individuate con decreti del Ministro della giustizia;
   c) hanno come oggetto sociale esclusivo l’erogazione di servizi di risoluzione delle controversie, incluse la consulenza e la formazione in tale materia;
   d) includono nella denominazione sociale o nei segni distintivi la dicitura “società di conciliazione”; possono inoltre includere la dicitura “risoluzione alternativa delle controversie”;
   e) hanno sede legale ed almeno due sedi operative nel territorio nazionale.
   2. Nessun socio può partecipare a più di una società di conciliazione.
   3. L’amministrazione delle società di conciliazione spetta esclusivamente ai soci di cui al comma 1, lettera b).
   4. Le azioni delle società di conciliazione possono essere cedute per atto tra vivi solo con il consenso di tutti i soci, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo. In caso di morte di uno dei soci di cui al comma 1, lettera b), gli altri soci delle società di conciliazione possono liquidarne la quota agli eredi, ove non intendano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi medesimi.
   5. Presso il Ministero della giustizia è istituito il registro nazionale degli organismi privati di conciliazione. Condizioni per l’iscrizione al registro sono il rispetto dei requisiti di cui al comma 1 e dei princìpi generali di cui agli articoli 3 e 6.
   6. L’iscrizione al registro di cui al comma 5 del presente articolo costituisce requisito per l’esercizio della conciliazione civile in materia societaria ai sensi dell’articolo 12, comma 4, della legge 3 ottobre 2001, n. 366.
   7. Fermo restando quanto disposto dagli articoli 9 e 10, l’uso, nella denominazione sociale o in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, delle diciture “società di conciliazione” e “risoluzione alternativa delle controversie” da parte di soggetti non iscritti al registro di cui al comma 5 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro. Alla predetta sanzione non si applica l’articolo 16 delle legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.
   8. Gli organismi privati di conciliazione ottengono la certificazione ISO 9000 entro diciotto mesi dalla loro iscrizione al registro di cui al comma 5, a pena di cancellazione dallo stesso.

  Art. 8 (Procedura di conciliazione presso gli organismi privati di conciliazione)
   1. La procedura di conciliazione è approvata per iscritto dalle parti che possono, d’accordo con l’organismo di conciliazione e con il conciliatore incaricato, modificarla per agevolare ulteriormente la comunicazione e la negoziazione tra loro, fatto salvo, in ogni caso, il rispetto dei princìpi generali di cui agli articoli 3 e 6.
Art. 9 (Verbale di conciliazione)
   1. Il procedimento di conciliazione si conclude con una proposta rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare. Si applica il comma 3 dell’articolo 6.
   2. Il verbale di conciliazione, sottoscritto dalle parti, può essere depositato, per l’omologazione, nella cancelleria del tribunale del luogo ove si è svolto il procedimento.
   3. Il giudice, accertata la regolarità del processo verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto. Il giudice può assumere informazioni al fine di accertare le garanzie di imparzialità dell’organo di conciliazione. Si applica l’articolo 825, quinto comma, del codice di procedura civile.
   4. Il verbale di conciliazione omologato costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Capo III – NORME PER FAVORIRE IL RICORSO ALLA CONCILIAZIONE
STRAGIUDIZIALE PROFESSIONALE
Art. 12 (Effetti del verbale di conciliazione)

   1. Il verbale di conciliazione redatto dagli organismi di conciliazione di cui all’articolo 7 può essere sottoposto all’omologazione con ricorso al tribunale del luogo ove ha sede l’organismo o del luogo ove è stato sottoscritto il verbale. All’esito favorevole del procedimento di omologazione, nel corso del quale viene verificata la regolarità formale dell’accordo, la scrittura privata acquisisce forza esecutiva per l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica, l’iscrizione di ipoteca giudiziale e la trascrizione nei pubblici registri.
   2. Il verbale di conciliazione redatto dagli organismi di conciliazione di cui agli articoli 9 e 10 costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica, l’iscrizione di ipoteca giudiziale e la trascrizione nei pubblici registri.
  Art. 13 (Incentivi)
   1. Il verbale di conciliazione e tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di conciliazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
   2. Il verbale di conciliazione è esente dall’imposta di registro senza alcun limite di valore.
   3. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all’articolo 10, comma 1, dopo la lettera l-ter) è aggiunta la seguente:
   «l-quater) le somme corrisposte agli organismi pubblici e privati di conciliazione riconosciuti dalla legge, per l’esperimento delle procedure di conciliazione stragiudiziale professionale delle controversie civili e commerciali»;
   b) all’articolo 110, comma 1, le parole: «lettere a), f) e g)» sono sostituite dalle seguenti: «lettere a), f), g) e l-quater)».
   4. Chiunque, prima di intraprendere una azione giudiziaria, dimostra di aver infruttuosamente esperito una procedura di conciliazione, ai sensi della presente legge, della durata di almeno otto ore, ha diritto alla riduzione alla metà dell’importo dovuto a titolo di contributo unificato per le spese degli atti giudiziari di cui all’articolo 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
  Art. 14 (Obbligo informativo per gli avvocati)
   1. All’articolo 11 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
   «È obbligo dell’avvocato informare il cliente di tutte le possibilità conciliative della controversia, prima di procedere alla proposizione del giudizio e nel corso dello stesso».
   2. L’avvocato ed il cliente, qualora intendano procedere senza prima aver tentato di risolvere la controversia ricorrendo ad uno degli organismi di conciliazione previsti dalla presente legge sottoscrivono uno stampato, predisposto dal consiglio dell’ordine di appartenenza, nel quale danno atto di aver valutato negativamente tale opportunità. La violazione del presente comma comporta l’improcedibilità dell’azione.
  Art. 15 (Conciliazione stragiudiziale raccomandata dal giudice)
   1. Il giudice, qualora ritenga che vi siano gli estremi per il successo di una conciliazione stragiudiziale, invita le parti a rivolgersi ad uno degli organismi previsti dalla presente legge.
  Art. 16 (Interruzione dei termini di prescrizione)
   1. La proposizione di un’istanza di conciliazione presso uno degli organismi di cui agli articoli 7, 9 e 10 della presente legge costituisce atto di interruzione della prescrizione ai sensi dell’articolo 2943 del codice civile.
  Art. 17 (Condizioni generali di contratto)
   1. Le imprese possono attestare nella pubblicità e nelle altre forme di comunicazione rivolte al pubblico il loro impegno inserito nelle condizioni generali di contratto, a:
   a) negoziare la risoluzione delle eventuali controversie direttamente con la controparte, anche assistita da associazioni di consumatori, istituendo appositi sportelli reclami e numeri telefonici facilmente conoscibili e accessibili per i consumatori;
   b) valutare, ovvero approvare preventivamente su proposta della controparte, la partecipazione, in caso di fallimento del negoziato di cui alla lettera a), ad una procedura di conciliazione stragiudiziale professionale presso uno degli organismi di conciliazione di cui alla presente legge prima di avviare un arbitrato o un giudizio ordinario.
   2. L’impegno di cui al comma 1 è certificato dagli organismi di conciliazione di cui alla presente legge in quanto espressione di una politica di mercato favorevole agli utenti; la certificazione può essere utilizzata nella pubblicità e nelle altre forme di comunicazione rivolte al pubblico.
   3. La falsità dell’attestazione di cui al comma 1 o della certificazione di cui al comma 2 del presente articolo costituisce pubblicità ingannevole e ne è in ogni caso disposta la sospensione provvisoria ai sensi dell’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, e successive modificazioni. È inoltre in ogni caso disposta la pubblicazione della pronuncia e dell’apposita dichiarazione rettificativa di cui all’articolo 7, comma 6, del medesimo decreto legislativo n. 74 del 1992, e successive modificazioni.
  Art. 18 (Informazione)
   1. Il Ministro della giustizia provvede al coordinamento delle informazioni e dei siti telematici di livello distrettuale e promuove, di intesa con il Ministro delle attività produttive, iniziative informative dirette a diffondere capillarmente tra il pubblico la conoscenza degli organismi di conciliazione e dei servizi offerti dai medesimi.
Capo III – CONCILIAZIONE OBBLIGATORIA
Art. 10 (Casi di conciliazione obbligatoria)
   1. Sono sottoposte al tentativo obbligatorio di conciliazione, a pena di improcedibilità della domanda giudiziale:
   a) le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, quando il valore non superi i 50 milioni di lire;
   b) le cause tra professionisti, nonché tra professionisti e consumatori, di valore non superiore a 50 milioni di lire.
   2. L’esperimento del procedimento di conciliazione, cui si applicano le disposizioni del capo I, non può avere durata complessiva superiore a tre mesi.
   3. All’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione provvedono le camere di conciliazione di cui all’articolo 1, quanto alle cause di cui al comma 1, lettera a), del presente articolo, e le camere di conciliazione istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura quanto alle cause di cui al medesimo comma 1, lettera b).
   4. La condizione di procedibilità è comunque soddisfatta quando le parti, in accordo tra loro, adiscono uno degli organismi di cui alla presente legge.
   5. Quando il giudice, nell’udienza di cui all’articolo 180 del codice di procedura civile, rileva l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, sospende il giudizio e fissa un termine perentorio non superiore ad un mese per la presentazione dell’istanza. In caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, il processo deve essere riassunto entro sei mesi, che decorrono dalla scadenza del termine di cui al comma 2.
   6. Nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo e nei giudizi di merito successivi alla pronuncia di un provvedimento cautelare, il tentativo obbligatorio di conciliazione è esperito dal giudice nell’udienza di cui all’articolo 180 del codice di procedura civile.

Capo IV – CONCILIAZIONE E ARBITRATO DELEGATI DAL GIUDICE
Art. 11 (Conciliazione e arbitrato delegati dal giudice)

   1. Il giudice, esaurite le attività previste dall’articolo 183 del codice di procedura civile, può, se la causa ha ad oggetto diritti disponibili, rimettere le parti dinanzi ad un conciliatore. In tale caso sospende il giudizio e fissa un termine non superiore a tre mesi per l’esaurimento del procedimento di conciliazione.
   2. In presenza delle condizioni di cui al comma 1, il giudice può, se lo ritiene opportuno, rimettere le parti davanti ad un arbitro o collegio arbitrale per la decisione della causa. Egualmente il giudice può provvedere, anche d’ufficio, dopo aver pronunciato sentenza di condanna generica ai sensi dell’articolo 278 del codice di procedura civile.
   3. Il giudice, quando rimette le parti dinanzi al conciliatore, può anche disporre che, se la conciliazione non riesce, le parti stesse debbano comparire dinanzi ad un arbitro o collegio arbitrale per la decisione della causa. In tale caso le parti possono chiedere al conciliatore di decidere la causa in qualità di arbitro.
 
Art. 12 (Procedimento dinanzi al conciliatore)
    1. Quando il giudice dispone il tentativo di conciliazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, le parti possono, in accordo tra loro, scegliere la persona del conciliatore tra gli iscritti nell’elenco di cui all’articolo 2, ovvero l’organo di conciliazione tra gli iscritti nel registro di cui all’articolo 8, comma 1. In mancanza, il conciliatore o l’organo di conciliazione è indicato dal giudice.
   2. Al procedimento di conciliazione si applicano le disposizioni di cui al capo I.
   3. Il processo verbale di conciliazione, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore, è depositato nella cancelleria del giudice dinanzi al quale pende la causa. Il giudice ne verifica la regolarità formale e lo dichiara esecutivo con decreto. Il verbale è titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
 
Art. 13 (Procedimento dinanzi all’arbitro o collegio arbitrale)
   1. Quando il giudice provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 2, le parti designano, in accordo tra loro, l’arbitro o il collegio arbitrale per la decisione della causa. In mancanza, il giudice provvede alla nomina dell’arbitro o del collegio arbitrale. Le parti possono, in accordo tra loro, rimettersi ad un’istituzione che svolge funzioni arbitrali; in tale caso la scelta degli arbitri avviene secondo il regolamento di tale istituzione. Si applicano, in ogni caso, gli articoli da 812 a 815 del codice di procedura civile.
   2. Il procedimento arbitrale regolato dagli articoli da 816 a 819-ter del codice di procedura civile deve concludersi entro il termine di tre mesi. Se l’arbitrato è amministrato da un’istituzione arbitrale, si applicano anche i regolamenti arbitrali di tale istituzione.
   3. Ognuna delle parti, entro dieci giorni dalla comunicazione del lodo, può dichiarare, con atto depositato nella cancelleria del giudice dinanzi al quale pende la causa, di non accettare la decisione arbitrale. In tale caso il giudice fissa l’udienza per la prosecuzione del processo.
   4. Se nessuna delle parti dichiara di non accettare il lodo, il giudice ne verifica la regolarità formale e lo dichiara esecutivo con decreto. Si applica l’articolo 825, commi terzo, quarto e quinto, del codice di procedura civile. Il lodo non è impugnabile per i motivi di cui all’articolo 829 del medesimo codice.
   5. Se, con la sentenza che chiude il processo, la parte che non ha accettato il lodo ottiene un risultato identico o inferiore a quello che aveva ottenuto con la decisione arbitrale, il giudice la condanna al pagamento delle spese del processo ed a quelle del procedimento arbitrale, in deroga al criterio della soccombenza. Se risulta che la parte che ha rifiutato il lodo si è comportata con mala fede o colpa grave il giudice, in deroga al criterio della soccombenza, la condanna anche al risarcimento dei danni, che liquida d’ufficio nella sentenza.
   6. Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è definita la tabella degli onorari degli arbitri. La tabella, sentiti i competenti ordini e collegi professionali, può derogare alle tariffe approvate quando l’arbitro esercita una professione che le contempla.
 
Art. 14 (Conciliazione delegata al consulente tecnico)
   1. Dopo l’articolo 194 del codice di procedura civile è inserito il seguente:
   «Art. 194-bis. (Conciliazione delegata al consulente tecnico) – Se la natura della causa lo consente il giudice, sentite le parti, può affidare al consulente tecnico il compito di tentare la conciliazione della controversia. Si applica l’articolo 199».
 
Capo V – DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art. 15 (Tentativo di conciliazione)

   1. L’articolo 185 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
   «Art. 185 (Tentativo di conciliazione) – Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell’istruzione.
   Il giudice ha sempre facoltà di sentire le parti separatamente al fine di tentarne la conciliazione.
  Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
   Quando la conciliazione non riesce, ciascuna parte deve indicare le condizioni alle quali sarebbe disposta a conciliare. Le posizioni espresse dalle parti sono valutate in sede di decisione sulle spese processuali».
 
Art. 16 (Conciliazione dinanzi al giudice di pace)
   1. All’articolo 322 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il secondo comma è sostituito dal seguente:
   «Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale»;
   b) il terzo comma è abrogato.
 
Art. 17 (Istanza di conciliazione. Esenzione fiscale)
   1. All’articolo 68 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, approvate con regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
   «Il procedimento di conciliazione in sede non contenziosa è esente, senza limite di valore, da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura».
 
Art. 18 (Deroghe alla competenza nei contratti dei consumatori)
   1. All’articolo 1469-bis, terzo comma, numero 18), del codice civile, dopo le parole: «deroghe alla competenza» sono inserite le seguenti: «per territorio» e dopo le parole: «dell’autorità giudiziaria,», sono inserite le seguenti: «fatto salvo il disposto dell’articolo 5 della legge 18 dicembre 1984, n. 975,».
 
Art. 19 (Disposizioni transitorie)
   1. Fino alla formazione dell’elenco di cui all’articolo 2, gli esperti conciliatori sono nominati tra gli iscritti nell’albo degli avvocati del consiglio dell’ordine costituito presso il tribunale, nell’albo dei consulenti tecnici di ufficio e nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
   2. Fino all’adozione del regolamento di cui all’articolo 3, comma 2, e del regolamento di cui all’articolo 13, comma 6, agli esperti conciliatori ed agli arbitri è corrisposta un’indennità forfettaria di lire 100 mila per ogni affare trattato e di lire 50 mila per ogni verbale di conciliazione o lodo arbitrale.
 
  Capo IV – DISPOSIZIONI FINALI
Art. 19 (Commissione nazionale per la promozione della risoluzione consensuale delle controversie)

   1. È istituita, con sede in Roma, la Commissione nazionale per la promozione della risoluzione consensuale delle controversie, di seguito denominata “Commissione”, presieduta, anche a mezzo di un delegato, dal Ministro della giustizia.
   2. Il Ministro della giustizia nomina tre componenti della Commissione, di cui uno scelto tra le persone che si siano particolarmente distinte nella promozione della conciliazione stragiudiziale. Gli altri componenti sono nominati con decreto del Ministro della giustizia previa designazione:
   a) uno del Ministro delle attività produttive;
   b) uno del Consiglio superiore della magistratura;
   c) uno del Consiglio nazionale forense;
   d) uno delle camere di conciliazione istituite presso i tribunali;
   e) uno dell’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
   3. Alla Commissione sono attribuiti i seguenti compiti:
   a) vigilare sull’effettivo perseguimento delle finalità ispiratrici di cui all’articolo 1;
   b) realizzare studi e presentare proposte sulle materie che formano oggetto della presente legge, anche al fine di promuovere progetti pilota per l’ulteriore sperimentazione della conciliazione stragiudiziale professionale presso gli organi giurisdizionali;
   c) promuovere, d’intesa con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, l’insegnamento universitario delle tecniche e del quadro giuridico della conciliazione nonché la conoscenza delle opportunità professionali offerte dall’esercizio della conciliazione nelle forme previste dalla presente legge.
   4. Il Ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione della presente legge e sull’attività della Commissione.
   5. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite le indennità per i componenti della Commissione.
   6. Il Ministro della giustizia provvede al funzionamento della Commissione con strumenti di revisione organizzativa e rimodulazione funzionale degli uffici, che assicurino l’invarianza della spesa quanto a strutture e personale.
  Art. 20 (Attuazione)
   1. Le disposizioni di attuazione della presente legge sono adottate, con uno o più decreti del Ministro della giustizia, entro sei mesi dalla data della sua entrata in vigore, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Art. 20 (Norma di copertura)
   1. All’onere complessivo derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in lire 20 miliardi per l’anno 2001 ed in lire 30 miliardi a decorrere dall’anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
   2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 21 (Norma di copertura)
   1. All’onere complessivo derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in 2.582.284 euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
   2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

  Art. 22 (Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

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