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Giurisprudenza |
CORTE COSTITUZIONALE, ordinanza 7 maggio 2002, n. 168 Presidente Vari Relatore Bile
Sono manifestamente infondatate le questioni di legittimità costituzionale dellart. 146 della legge fallimentare (nella parte in cui prevede la competenza del giudice delegato che autorizzi lazione di responsabilità a norma degli articoli 2393 e 2394 del codice civile nei confronti di amministratori ed ex amministratori della società fallita ad adottare le opportune misure cautelari, in luogo della normale competenza ante causam del giudice) e dellart. 51, primo comma, n. 4, del codice di procedura civile (nella parte in cui non prevede lincompatibilità del giudice delegato che abbia dato quella autorizzazione ad adottare le misure cautelari)
(Omissis) RITENUTO
che, con ordinanza in data 2 aprile 2001, il Giudice delegato del Tribunale di Messina ha sollevato, in riferimento allart. 111 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dellart. 146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dellamministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), e dellart. 51, primo comma, n. 4, del codice di procedura civile, con riguardo alla garanzia dellimparzialità del giudice;
che lordinanza è stata resa nel corso di una procedura fallimentare a carico di una società a responsabilità limitata, nella quale il rimettente aveva ai sensi dellart. 146 del regio decreto n. 267 del 1942 autorizzato la proposizione da parte del curatore dellazione di responsabilità ex articoli 2393 e 2394 del codice civile contro amministratori ed ex amministratori della società fallita, nonché disposto, inaudita altera parte, un sequestro conservativo nei riguardi di alcuni di essi;
che il rimettente richiama il prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale, secondo cui la competenza funzionale del giudice delegato a disporre le misure cautelari ai sensi del citato art. 146 non è venuta meno a seguito dellintroduzione della disciplina del procedimento cautelare uniforme (artt. 669-bis e ss. cod. proc. civ.), e in questo quadro il giudice delegato, adottati inaudita altera parte i provvedimenti cautelari citati, deve, ai sensi dellart. 669-sexies cod. proc. civ., fissare per la loro conferma, modifica o revoca unudienza di comparizione avanti a sé, e in essa provvedere con ordinanza, reclamabile al collegio ai sensi dellart. 669-terdecies cod. proc. civ.;
che il rimettente si sofferma poi ad illustrare i riflessi del principio di terzietà, ora espressamente prevista dallart. 111 della Costituzione, in materia fallimentare, con particolare riferimento al ruolo del giudice delegato;
che per quanto riguarda il potere cautelare il rimettente ritiene la disciplina impugnata non conforme a Costituzione, in quanto il giudice delegato che abbia autorizzato con decreto il curatore allazione di responsabilità «sarebbe vincolato dalla forza della prevenzione di tale valutazione nel successivo provvedimento cautelare»;
che, sulla base di tali rilievi, il rimettente ritiene rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento alla regola dellimparzialità di cui allart. 111 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dellart. 146 della legge fallimentare (nella parte in cui prevede che, prima dellinizio della causa di merito, le misure cautelari contro gli amministratori e i sindaci della società fallita, nei cui confronti sia stata autorizzata dal giudice delegato lazione di responsabilità, possano essere disposte da questo stesso giudice anziché secondo le norme ordinarie), e dellart. 51, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (nella parte in cui non prevede una corrispondente fattispecie di incompatibilità fra giudice delegato e giudice della cautela);
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite lAvvocatura generale dello Stato, depositando memoria nella quale ha sostenuto linfondatezza della questione.CONSIDERATO
che il rimettente ha prospettato congiuntamente due questioni di legittimità costituzionale, delle quali luna concerne larticolo 146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dellamministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui prevede la competenza del giudice delegato (che autorizzi lazione di responsabilità a norma degli articoli 2393 e 2394 del codice civile nei confronti di amministratori ed ex amministratori della società fallita) ad adottare le opportune misure cautelari, in luogo della normale competenza ante causam del giudice competente sul merito dellazione, e laltra concerne invece lart. 51, numero 4, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede lincompatibilità del giudice delegato (che abbia dato quella autorizzazione) ad adottare le misure cautelari;
che il rimettente ritiene violato lart. 111 della Costituzione, con riguardo al principio di imparzialità del giudice, in quanto le due norme denunciate non assicurerebbero la sua osservanza e in particolare non garantirebbero lesclusione della forza della prevenzione a carico del giudice delegato;
che, secondo il rimettente, la prevenzione del giudice delegato in tema di adozione delle ricordate misure cautelari discenderebbe dallassunzione del provvedimento di autorizzazione del curatore allesercizio dellazione di responsabilità;
che la questione è manifestamente infondata;
che di recente questa Corte (cfr. ordinanza n. 176 del 2001) con riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, evocati in quanto, prima della novellazione dellart. 111 della Costituzione, assicuravano il giusto processo, particolarmente sotto il profilo dellimparzialità del giudice ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dellart. 51 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede lincompatibilità del giudice delegato, che abbia autorizzato lazione di responsabilità ed accolto listanza di misure cautelari, a partecipare al successivo giudizio di merito su tale azione, in particolare sottolineando che lautorizzazione allesercizio dellazione di responsabilità non è un provvedimento giurisdizionale di contenuto decisorio in ordine alla lite da promuoversi dal curatore e non comporta quindi alcuna valutazione sul suo oggetto, ma costituisce soltanto esplicazione da parte del giudice delegato delle sue funzioni di gestione, controllo e direzione della procedura fallimentare, quale forma di esecuzione concorsuale (cfr. sentenza n. 351 del 1997);
che questa Corte ha anche rilevato (cfr. da ultimo lordinanza n. 75 del 2002) che il riconoscimento espresso del principio di imparzialità nellart. 111, secondo comma, della Costituzione nulla aggiunge alla consistenza che il principio già aveva, né comporta ricadute sul modo di intendere quel particolare aspetto dellimparzialità correlato allesigenza che il giudice non subisca la «forza della prevenzione» derivante da precedenti valutazioni relative alla stessa res iudicanda;
che nella medesima prospettiva per cui si ritiene che, autorizzando lazione di responsabilità, il giudice delegato non esprime alcuna valutazione sulloggetto di essa (cfr. la citata ordinanza n. 176 del 2001) ad analoga conclusione deve pervenirsi relativamente allazione, strumentalmente collegata a quella di merito, avente ad oggetto le misure cautelari, con riferimento sia al momento delladozione inaudita altera parte, sia a quello della loro conferma, modifica o revoca in contraddittorio.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi la Corte Costituzionale
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dellarticolo 146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dellamministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) e dellart. 51, primo comma, n. 4, del codice di procedura civile, sollevate, in riferimento allart. 111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Messina, con lordinanza in epigrafe. (Omissis)