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giugno 2002

Giurisprudenza

TRIBUNALE ENNA, 23 novembre 2001 – Giud. unico. Solombrino – Vasques e Gibilisco c. Banco di Sicilia s.p.a.
     È lecita la clausola, prevista nei contratti bancari, con la quale il tasso di interesse va determinato con riferimento alle “condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza”.
     Non viola l’art. 1283 cod. civ. la capitalizzazione trimestrale degli interessi nel contratto di conto corrente bancario, al quale si applicano le norme previste, per il conto corrente ordinario, dagli artt. 1823, 1825 e 1831 cod. civ., che costituiscono una eccezione alle norme in tema di divieto di anatocismo. D’altra parte, la stessa legge n. 154/1992 ha fatto riferimento alla capitalizzazione trimestrale degli interessi.
     La mancata tempestiva contestazione degli estratti conto rende incontestabili le singole poste, ivi comprese quelle relative all’addebito degli interessi.

 

     SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con atto di citazione notificato in data 23 ottobre 1995, Vasques Gaetano e Gibilisco Salvatrice proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 34/1995, con il quale il Pretore di Enna aveva loro ingiunto di pagare al Banco di Sicilia S.p.A., sede di Enna, la somma di L. 30.869.002, oltre interessi convenzionali dall’1.7.1995, con capitalizzazione trimestrale al tasso del 21,75%, quale saldo debitore del c/c n. 112341700033296, intrattenuto presso la Filiale di Enna della banca menzionata dal Vasques, per il quale l’altro soggetto ingiunto aveva prestato fideiussione. Gli opponenti allegavano che la banca ingiungente, in fase monitoria, si era limitata a produrre documentazione attestante un mero saldo contabile del rapporto di conto corrente, privo di riferimenti ai movimenti attivi e passivi che lo avevano determinato e, pertanto, probatoriamente insufficiente ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo di cui è causa; evidenziavano, altresì, che il debito esistente alla data di chiusura del conto era per un ammontare inferiore a quello ingiunto ed eccepivano l’erroneità dei calcoli degli interessi addebitati e la nullità della fideiussione sottoscritta dalla Gibilisco. Tanto premesso, chiedevano la revoca o la dichiarazione di nullità del provvedimento opposto, in quanto illegittimo e viziato per carenza di prova.
     La società opposta si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto dell’opposizione, la conferma del provvedimento monitorio e la condanna degli opponenti al pagamento delle spese processuali. Autorizzata la provvisoria esecuzione del decreto opposto ed esaurita la trattazione, all’udienza del 23 novembre 2000, venivano precisate le conclusioni riportate in epigrafe e il Giudice assegnava i termini di legge per lo scambio di conclusionali e repliche

     MOTIVI DELLA DECISIONE – (Omissis) 3. Relativamente alla contestazione degli interessi – premesso che il contratto de quo è stato stipulato il 15 maggio 1986 e che, in considerazione del principio generale dell’irretroattività della legge, non è operante la sanzione di nullità ex artt. 4 L. 154/92 e 117 D.Lgs. 385/93, si osserva che la giurisprudenza anteriore alla normativa sulla “trasparenza” ha riconosciuto la validità della clausola – quale quella sottoscritta, nella fattispecie, dal correntista – determinativa degli interessi in misura variabile, con riguardo alle «condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza» con capitalizzazione trimestrale, ritenendola idonea a soddisfare il precetto di pattuizione scritta degli interessi ultralegali ex art. 1284 cod. civ. e della loro determinabilità per relationem, attraverso il richiamo a criteri prestabili od elementi estrinseci non influenzabili dal singolo istituto bancario (cfr. Cass. 18.11.1994 n. 9791; Cass. 7.3.1992 n. 2765).
     Vero è come osservato da parte opponente in sede di precisazione delle conclusioni, in relazione alla legittimità delle clausole contrattuali contenenti la previsione di una capitalizzazione trimestrale degli interessi, la Suprema Corte ha in tempi recenti cambiato repentinamente indirizzo, escludendo l’esistenza di un uso normativo in deroga al divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 cod. civ. ed affermando che «la previsione contrattuale della capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basata su un suo negoziale, ma non su una vera e propria norma consuetudinaria è nulla, in quanto anteriore alla scadenza degli interessi» (cfr. Cass. 16 marzo 1999, n. 2374; Cass. 30 marzo 1999 n. 3096; Cass. 11 novembre 1999 n. 12507).
     Peraltro, questo Giudice non ritiene di condividere l’orientamento dianzi richiamato, per le considerazioni che seguono.
     In primo luogo, a parere del decidente, la legittimità della capitalizzazione trimestrale trova il suo fondamento direttamente nelle disposizioni che regolano il conto corrente ordinario; invero, dalla sistematica interpretazione delle disposizioni di cui agli artt 1831 cod. civ. – che prevede il potere delle parti di stabilire le scadenze di chiusura e liquidazione del saldo – 1825 cod. civ. – che considera il saldo, ove non richiesto, come prima rimessa di un nuovo conto – e 1825 cod.civ. – che prevede come sulle rimesse decorrono gli interessi stabiliti, non soltanto in ipotesi di “rinnovazione” del contratto scaduto, ma anche in caso di semplice “continuazione” – è possibile individuare una vera e propria eccezione al principio di cui all’art. 1283 cod. civ., con la conseguente legittimità della previsione, relativa alla chiusura dei conti debitori ricorrente nelle Norme Bancarie Uniformi (cfr. Tribunale Roma, 14 aprile 1999; Trib. Roma, 17 dicembre 1999).
     A tali considerazioni va aggiunto che la stessa legge n. 154/92, sulla trasparenza bancaria, ha fatto riferimento alla capitalizzazione trimestrale degli interessi, legittimandone in tal modo l’adozione e che l’allegata ingiusta differenziazione fra la posizione della banca e quella correntista – avente diritto ad una capitalizzazione soltanto annuale sui conti creditori – trova la sua giustificazione nel rischio che l’istituto bancario assume per l’esposizione conseguente all’utilizzo del fido.
     Tutto quanto premesso, ritiene il decidente, che – una volta accertata l’esistenza di un atto scritto idoneo a giustificare l’addebito di interessi ultralegali – la mancata tempestiva contestazione degli estratti conto rende incontrovertibili le singole partite iscritte, ivi compresi gli addebiti “per competenze”, la cui contestazione – non riguardando il titolo negoziale, ma una questione di fatto – andava eccepita nei confronti dei singoli estratti; mentre – relativamente agli interessi “successivi” – è sicuramente legittima la pretesa della banca, accolta in decreto, alla corresponsione degli interessi nella misura pari al prime rate ABI (tasso di interesse applicato alla migliore clientela), costituendo questo il limite al di sotto del quale non è dato rinvenire un tasso di interesse ultralegale.
     Per le considerazioni che precedono, e non avendo le parti opponenti adempiuto all’onere di provare i fatti estintivi, modificativi o impeditivi della domanda, l’opposizione deve essere rigettata. (Omissis)

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